atto di appello

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  1. Spartaco5
     
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    Ciao a tutti voi del forum.
    Sono in procinto di svolgere l'esame di avvocatura e dovrei fare l'atto penale. Un minimo di esperienza ce l'ho quindi sotto il profilo delle formule e della scrittura mi ritengo, con le dovute precauzione del caso, ok.
    Tuttavia, nonostante abbia visionato, abbozzato, studiato un certo numero di atti di appello, grazie alla serietà degli avvocati con cui ho svolto la pratica non sono mai riuscito a farlo totalmente da me, dall'inizio alla fine, avendo una conferma piena della mia validità ad intraprendere una causa di appello.
    Per questo vi chiedo la gentilezza, se c'è qualche penalista che legge, di dare uno sguardo al seguente atto che ho redatto.

    Non pretendo una correzione specifica sulle questioni giuridiche prospettabili, o altri approfondimenti sostanziali (salvo che vogliate farli e saranno ben accetti sicuramente), chiederei più che altro se leggendo si possono rinvenire degli errori grossolani da evitare o degli strafalcioni da bocciatura. Insomma qualcosa che il mio occhi o non riesce a vedere.

    Cioè io mi sento abbastanza sicuro ma non ho la conferma piena che avrebbe un avvocato che si rapporta direttamente con i giudici.

    Mi aiutate? :)

    Ecco la traccia presa a caso dal sito Giuffré:
    Traccia
    Ascanio, senza alcun reddito fisso, a causa della situazione economica non certo positiva, si vede costretto ad andare ad abitare a casa di una sua zia anziana, Calpurnia.
    L’appartamento si trova nella periferia del comune di Palmi e risulta essere stato assegnato all’anziana donna dal locale IACP.
    In data 15.04.2008 Calpurnia, da tempo già malata, muore ed Ascanio decide di rimanere a vivere nell’alloggio popolare, continuando a versare regolarmente il canone di locazione previsto.
    Nel 2009, perviene alla Procura della Repubblica presso il locale Tribunale un esposto, a firma di alcune persone residenti nella zona, nel quale si fa presente l’occupazione di Ascanio dell’appartamento in cui viveva la zia, lamentando così una situazione non molto accettata da chi è in attesa di alloggi popolari e vive con la propria famiglia in stato di difficoltà economiche.
    A seguito del citato scritto, le Autorità competenti avviano degli accertamenti per il tramite della Polizia Locale del comune di Palmi ed Ascanio viene denunciato all’A. G. per il delitto di invasione di terreni o edifici, perseguibile nel caso di specie ex art. 639 bis c. p.
    Ad Ascanio viene notificata la citazione diretta a comparire dinanzi il Tribunale monocratico di Palmi e, all’esito del giudizio conseguente, lo stesso viene condannato a mesi 9 di reclusione e ad euro 250,00 di multa, per l’ipotesi delittuosa di cui sopra.
    Il candidato, assunte le vesti del legale di Ascanio, rediga il relativo atto di appello avverso la sentenza di condanna.


    Ecco l'attuccio da me svolto:



    Corte di Appello di Palmi
    Atto di Appello

    Il sottoscritto Avv. …, del foro di …, domiciliato in …, C.f. …, indirizzo di PEC …, difensore di fiducia, giusta nomina in calce al presente atto, di Ascanio, nato a …, il …, e residente in …, domiciliato come da delega presso lo studio del predetto difensore, visto che il Sig. Ascanio è stato dapprima imputato nel procedimento penale n. … RGNR, per il reato di cui all'art. 633 c.p. perseguito ai sensi dell'art. 639 bis c.p., e successivamente condannato con sentenza n. … rg sentenze, emessa dal Tribunale di Palmi in data …., alla pena di mesi 9 di reclusione ed euro 250,00 di multa,
    dichiara di proporre

    Appello

    Avverso la predetta sentenza, per i seguenti motivi:

    1) Assoluzione per mancanza dell'elemento oggettivo del reato
    La fattispecie di reato per cui Ascanio è stato condannato dal Tribunale di Palmi è quella p. e p. dall'art. 633 c.p., ossia invasione di terreni o edifici.
    Questa norma punisce chiunque invade arbitrariamente terreni o edifici altrui, pubblici o privati, al fine di occuparli o di trarne altrimenti profitto.
    Nel caso di specie la condotta di invasione arbitraria è stata rinvenuta nel fatto che Ascanio avesse continuato ad abitare la casa della zia, successivamente deceduta, continuando a pagare l'affitto mensilmente. Va precisato che inizialmente la zia era pienamente consapevole ed aveva autorizzato la convivenza col nipote, al fine di fornirgli un aiuto, visto il suo versare in situazione di crisi economica.
    Successivamente ad un esposto, dopo la morte della zia, si è avviato il procedimento penale che ha condotto alla condanna dell'odierno appellante.
    Ebbene sulla base di questi fatti occorre chiedersi se il comportamento di Ascanio sia effettivamente idoneo ad integrare la condotta tipica del reato richiamato, ossia quella di invasione arbitraria di un edificio.
    La condotta in esame rappresenta il fulcro del reato, trattandosi di reato di mera condotta che offende il patrimonio pubblico o privato e, dunque, venendo meno la stessa non potrebbe che giungersi ad una sentenza di assoluzione perché il fatto non sussiste.
    Già ad una prima lettura della norma emerge con sufficiente chiarezza che è necessario che la condotta sia caratterizzata da arbitrarietà, che può intendersi come il comportamento di colui che agisce con totale indifferenza verso il proprietario del bene, prendendo così unilateralmente decisioni dannose per quest'ultimo.
    Inoltre si richiede un'azione che consiste nell'invasione, che può intendersi come una condotta, se non violenta, per lo meno caratterizzata dall'ingresso all'interno dell'immobile contro la volontà di chi ha il diritto di escluderlo, non potendosi altrimenti parlare di invasione ma di mera ospitalità o, per l'appunto, di convivenza.
    Nel senso sopra prospettato è orientata anche la giurisprudenza della Corte di Cassazione che conferma la predetta interpretazione sia del concetto di invasione che di arbitrarietà della stessa (cfr. Cass. …; Cass. ...)
    Dunque, analizzata in questi termini la condotta della fattispecie astratta, appare con sufficiente chiarezza come il comportamento di Ascanio sia diverso da tale condotta.
    Difatti, in primo luogo la sua azione non può dirsi arbitraria, poiché è avvenuta col consenso della zia, con la quale si è altresì instaurata una pacifica convivenza per un apprezzabile periodo di tempo prima della sua morte, e senza che la zia avesse minimamente manifestato la volontà che egli andasse via o recasse a lei disturbo né, tantomeno, danno di alcun tipo.
    Neppure, a parere di questa difesa, può parlarsi di “invasione”, visto che Ascanio ha avuto accesso all'abitazione col pieno consenso della proprietaria con la quale, come detto, ha protratto a lungo la convivenza.
    Nello specifico, la condotta di Ascanio non è stato affatto violenta né pregiudizievole per la zia e quindi non si vede nemmeno il motivo per cui la stessa avrebbe dovuto volerlo allontanare dall'abitazione. Questo è confermato dai fatti, non risultando mai alcun tipo di precedente o litigio che facesse ipotizzare che Ascanio stesse perpetrando una condotta invasiva dell'abitazione, contro la volontà della zia.
    Pertanto non può che concludersi affermando che il fatto contestato ad Ascanio non sussiste poiché non vi è la condotta necessaria per integrarlo.
    Non si comprende dove il Giudice di primo grado abbia nei fatti di Ascanio rinvenuto la condotta di colui che invade arbitrariamente un edificio.
    Si chiede dunque l'assoluzione per insussistenza del fatto.

    2) Assoluzione perché il fatto non costituisce reato.

    Nella denegata ipotesi in cui l'odierno giudicante, nonostante la trasparenza dei fatti, non voglia accogliere il primo motivo di gravame si intende far valere la necessità abitativa in cui versava Ascanio nel momento in cui si trovava all'interno dell'abitazione.
    Risulta dai fatti che lo stesso si è trasferito nell'abitazione della zia perché non era in grado di sostenere le spese di un autonomo alloggio.
    Versava dunque in una situazione di necessità economica.
    Lo stato di necessità è previsto alla stregua di scriminante dall'art. 54 c.p. e per essere riscontrato abbisogna della sussistenza degli elementi della inevitabilità della condotta del reato, ossia della assoluta impossibilità di evitare la condotta criminosa per mezzo di altra lecita. Solo quando ciò non è possibile allora si può giustificare l'offesa dei diritti altrui.
    La scriminante richiede altresì il pericolo attuale di un danno grave alla persona, ossia la lesione di uno dei diritti che attengono alla sfera individuale.
    Ebbene, per ciò che attiene al pericolo di danno può osservarsi come fra i diritti della persona vi sia anche il diritto all'abitazione, ossia il diritto ad avere un'abitazione propria in cui esplicare la propria personalità e vita di relazione.
    Va evidenziato altresì come l'attuale situazione di crisi economica generale acuisca il problemi legati alla necessità abitativa rendendolo un problema di massima gravità.
    Considerando anche che tale situazione di crisi economica, quale fatto notorio, non risulta facilmente evitabile al punto di riuscire a garantirsi un alloggio adeguato alle esigenze di vita del singolo, può ritenersi che vi siano i presupposti per ritenere lo stato di necessità in cui versava Ascanio per il periodo in cui ha abitato l'abitazione e quindi, la sua condotta non poteva ritenersi finalizzata semplicisticamente ad occupare l'abitazione o a trarne profitto, ma necessariamente dettata dallo stato di necessità in cui il medesimo versava.
    Nel senso di riconoscere la sussistenza della scriminante dello stato di necessità in relazione alla necessità abitativa, conseguente ad una situazione di crisi economica si è pronunciata la Corte di Cassazione nelle seguenti pronunce: Cass. …; Cass. … .
    Si chiede quindi che Ascanio venga assolto perché il fatto da lui commesso non costituisce reato, ritenendosi giustificato dallo stato di necessità, o che comunque non costituisca reato per assenza del dolo specifico richiesto dalla norma, non avendo agito Ascanio al fine di occupare l'immobile o di trarne profitto ma al solo fine di far fronte ad un periodo di crisi economica.

    3) Non punibilità per particolare tenuità del fatto, art. 131bis c.p.

    Si può riscontrare la recente introduzione nel Codice Penale dell'art. 131bis c.p. con chiari fini di deflazione dei procedimenti penali.
    Questa norma rappresenta una causa di non punibilità in grado di incidere non sulla sussistenza del fatto ma sulla mera punibilità per via della particolare tenuità del fatto posto in essere.
    Quindi, preme a questa difesa anzitutto dimostrare la totale assenza di responsabilità dell'imputato (come prospettato nei primi due motivi di gravame) ma, qualora il giudice non ritenga di voler assolvere con formula piena, far valere la tenuità del fatto dal medesimo posto in essere ai fini del riconoscimento della presente causa di non punibilità.
    Può osservarsi che i criteri finalizzati a valutare la tenuità del fatto sono forniti dalla stessa norma in esame e si rinvengono:
    nella pena non superiore nel massimo a cinque anni;
    nella particolare tenuità della offesa valutata ai sensi del primo comma dell'art. 133 c.p., con particolare riferimento alla modalità della condotta e all'esiguità del danno o del pericolo;
    il comportamento non risulta abituale.
    Nei commi successivi la norma fornisce delle ulteriori indicazioni riguardanti ipotesi specifiche in cui la punibilità non può comunque essere esclusa, come l'aver agito per motivi abietti o futili, con crudeltà ovvero ha causato come conseguenze non volute la morte o la lesione gravissima di una persona (comma secondo).
    Il terzo comma prevede l'ipotesi in cui il soggetto abbia posto in essere condotte plurime, abituali o reiterate, al fine di escludere l'applicazione della causa di non punibilità, ma queste sono ipotesi che non rientrano nell'ipotesi in esame poiché il reato contestato ad Ascanio è un reato istantaneo che punisce l'arbitraria invasione di edifici che si perfeziona e si consuma al momento dell'invasione. Neppure allo stesso viene imputata qualche forma di reiterazione della condotta di invasione.
    Il quarto e quinto comma risultano irrilevanti ai fini del caso di specie poiché si riferiscono alle circostanze attenuanti o aggravanti ai fini del calcolo della pena edittale.
    Dunque, da un punto di vista formale, nella fattispecie contesta ad Ascanio ricorrono tutti i presupposti per riconoscere la non punibilità per particolare tenuità del fatto, non avendo il medesimo posto in essere condotte abituali, essendo la pena inferiore alla soglia prevista, non risultando aggravanti legate alla futilità dei motivi o alla crudeltà della condotta, né aggravanti ad effetto speciale.
    Dal punto di vista sostanziale, altresì, risulta la tenuità del fatto sia dalla modalità della condotta che dall'esiguità del danno, visto che anzitutto Ascanio è entrato nell'abitazione col consenso della zia e, inoltre, ha continuate a pagare l'affitto mensilmente dovuto all'ente pubblico che gestisce le case popolari. Questi sono sicuramente indici di una modalità di condotta non grave e della volontà di non causare danni di natura patrimoniale.
    Alla luce di quanto finora esaminato emerge con sufficiente chiarezza come siano sussistenti tutti i requisiti, sia formali che sostanziali, al fine di riconoscere la sussistenza della causa di non punibilità dell'art. 131Bis c.p. , vista la tenuità del fatto posto in essere da Ascanio, e quindi eliminare integralmente la pena inflitta al medesimo.
    Si chiede quindi di pronunciare sentenza di assoluzione nei confronti di Ascanio perché non è punibile.

    4) Erroneità nell'inflizione della pena e applicazione della sola pena pecuniaria.

    Ascanio è stato condannato in primo grado alla pena di mesi nove di reclusione ed € 250 di multa.
    Eppure la norma in esame (art. 633 c.p.) è chiara in riferimento al trattamento punitivo nel sancire che il colpevole venga punito con la pena della reclusione fino a due anni o con la multa da 103 € a 1032 €.
    La congiunzione disgiuntiva “o” sta a significare che possono essere inflitte alternativamente o la pena della reclusione o quella pecuniaria della multa, e non che esse possono essere inflitte congiuntamente.
    Ciò è confermato anche dal secondo comma della medesima norma che stabilisce che le pene si applicano congiuntamente solo allorché i soggetti agenti siano più di cinque, armati, ovvero più di dieci.
    Dunque, al di fuori di tale ipotesi la pena detentiva e quella pecuniaria non possono essere applicate congiuntamente.
    Questo è invece avvenuto ad opera del Giudice del primo grado che ha condannato Ascanio ad entrambe le pene.
    Pertanto si chiede all'Illustrissima Corte di Appello, considerando anche il quarto motivo di gravame attinente alla tenuità della condotta ai fini del trattamento sanzionatorio, di applicare la sola pena pecuniaria che appare più adeguata alla fattispecie concreta posta in essere da Ascanio.

    5) In subordine, riduzione pena, attenuanti generiche, sospensione condizionale.

    Nella denegata ipotesi in cui la Corte d'Appello non voglia né assolvere né applicare la sola pena pecuniaria ad Ascanio, questa difesa chiede che si tenga conto di tutte le circostanze che rendono il fatto posto in essere dallo stesso meritevole di una pena ridotta.
    Ai sensi dell'art. 133 c.p. è nella discrezionalità del giudice ridurre la pena fra un minimo e un massimo edittale avendo riguardo alla gravità del reato ed alla capacità a delinquere del colpevole, sulla base dei parametri elencati dalla norma.
    Nel caso di specie il reato appare non grave visto anzitutto che la condotta si è verificata con il consenso della zia; che Ascanio ha continuato a versare regolarmente il canone di affitto; considerato inoltre il fatto che Ascanio versava in condizioni di precarietà economica.
    Tutti questi dati possono far ritenere che il soggetto ritenuto colpevole abbia agito con modalità di azione e con una volontà che non connotano il reato di particolare gravità ed inoltre, versando regolarmente l'affitto ha altresì contribuito ad affievolire l'entità del danno causato.
    A ciò si aggiunge che le condizioni di vita del reo, nonché i suoi motivi a delinquere legati alla precarietà della situazione economica, denotano altresì una scarsa capacità a delinquere.
    Si chiede pertanto che la Corte di Appello voglia ridurre la pena applicata dal giudice di primo grado riconoscendo la sussistenza delle attenuanti generiche di cui all'art. 62 bis c.p. e comunque, ridurla al minimo edittale.
    In ogni caso, ai sensi dell'art. 163 c.p., visto che la pena inflitta non supera i due anni di reclusione e che sulla base dei richiamati parametri di cui all'art 133 c.p. appare verosimile che il soggetto si asterrà dal commettere ulteriori reati, non emergendo a carico del Sig. Ascanio precedenti condanne, si chiede che la Corte di Appello voglia sospendere la pena inflitta.
    Si chiede ogni altro beneficio di legge applicabile a favore di Ascanio sussistendone i presupposti.


    Sulla base di quanto sopra esposto, in conclusione, questa difesa

    Chiede

    Voglia l'Illustrissima Corte di Appello di Palmi
    In accoglimento del primo motivo, assolvere il Sig. Ascanio perché il fatto non sussiste.
    In accoglimento del secondo motivo, assolvere il Sig. Ascanio perché il fatto non costituisce reato.
    In accoglimento del terzo motivo assolvere il Sig. Ascanio perché non punibile.
    In accoglimento del quarto motivo applicare al Sig. Ascanio la sola pena pecuniaria.
    In accoglimento del quinto motivo ridurre la pena inflitta e sospenderne l'applicazione, riconoscere ulteriori benefici di legge applicabili, fra i quali la non menzione della condanna nel certificato del casellario giudiziale.


    Luogo
    Data

    Avv. …



    Nomina del difensore di fiducia

    Io sottoscritto Ascanio …, condannato alla pena di mesi nove di reclusione ed euro 250,00 di multa, nel procedimento penale n. … RGNR, con sentenza n. … RG sentenze, emessa in data …, dal Tribunale di Palmi, per il reato p. e p. dall'art. 633, 639bis c.p.,
    dichiara
    di nominare suo difensore di fiducia nel procedimento sopra indicato, l'avv. …, del foro di …, con studio in … via …, c.f. …, indirizzo PEC …, conferendo allo stesso ogni più ampia facoltà e potere, con apposito mandato anche ai fini delle impugnazioni che ritenga necessario proporre avverso i provvedimenti giudiziari.
    Do il consenso al trattamento dei dati ai fini del presente procedimento.

    Luogo
    Data

    Ascanio,

    la firma è autentica
    Avv.









    VI RINGRAZIO
    UN SALUTO A TUTTI
     
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