sovrindebitamento del consumatore

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    Sommaria esposizione della normativa sul sovrindebitamento che eventualmente verrà rielaborata e pubblicata nel sito.
    La legge 3-2012 attribuisce un ruolo attivo al debitore, eventualmente anche imprenditore, ma non assoggettabile a fallimento o ad altre procedure concorsuali, per una soluzione essenzialmente stragiudiziale, ancorché “filtrata” dall'Autorità giudiziaria per un controllo precipuamente di legittimità, in rapporto all'ipotesi in cui si consolidi un'esposizione debitoria non risolvibile prontamente. Si procede all'elaborazione, tramite appositi organismi di gestione della situazione patologica da sovraindebitamento, di una proposta da sottoporre ai creditori.
    Il comma 2 dell’art. 7, l. 3/2012 prevede che la proposta non è ammissibile quando il debitore, anche consumatore: a) è soggetto a procedure concorsuali diverse da quelle regolate dalla legge in oggetto; b) ha fatto ricorso, nei precedenti cinque anni, ai procedimenti di composizione della crisi; c) ha subito, per cause a lui imputabili, provvedimenti di risoluzione, revoca o cessazione dell’omologazione dell’accordo o del piano; d) ha fornito documentazione che non consente di ricostruire compiutamente la sua situazione economica e patrimoniale. E' previsto un contenuto necessario dell'accordo (rectius: proposta di accordo), il quale deve contemplare il regolare pagamento dei titolari di crediti impignorabili ai sensi dell'art. 545 c.p.c. . (crediti alimentari; crediti aventi per oggetto sussidi di grazia o di sostentamento a persone comprese nell'elenco dei poveri, oppure sussidi dovuti per maternità, malattie o funerali da casse di assicurazione, da enti di assistenza o da istituti di beneficenza; somme dovute dai privati a titolo di stipendio, di salario o di altre indennità relative al rapporto di lavoro o di impiego) e delle altre disposizioni contenute in leggi speciali; - la previsione di scadenze e modalità di pagamento dei creditori, anche se suddivisi in classi; - l’indicazione di eventuali garanzie rilasciate per l'adempimento dei debiti; - l’indicazione delle modalità per l'eventuale liquidazione dei beni; - la previsione di un eventuale affidamento del patrimonio del debitore ad un gestore per la liquidazione, la custodia e la distribuzione del ricavato ai creditori, da individuarsi in un professionista in possesso dei requisiti per la nomina a curatore fallimentare, il quale sarà poi nominato dal giudice; - la ricostruzione della posizione fiscale del debitore e l'indicazione di eventuali contenziosi pendenti.
    Riguardo alla natura giuridica della proposta in questione e dell'eventuale accordo, può ragionarsi sulla riconducibilità del medesimo nella matrice contrattualistica (ma non della transazione). La legge prevede che si ammetta il pagamento dilazionato o parziale dei creditori privilegiati, la cui tutela risulta così attenuata, in funzione di una maggior possibilità di ricorso alla procedura in questione. La proposta, elaborata dal gestore designato dall'organismo cui il debitore si è rivolto, deve essere depositata presso il Tribunale e presentata all'agente della riscossione e agli uffici fiscali, anche presso gli enti locali, competenti sulla base dell'ultimo domicilio fiscale del proponente. Alla proposta segue il decreto di fissazione di udienza e, ove il piano preveda la cessione o l'affidamento a terzi di beni immobili o di beni mobili registrati, il giudice ordina la trascrizione del decreto, a cura dell'organismo di composizione della crisi, presso gli uffici competenti. Si è ritenuto che, quando nel patrimonio del debitore siano presenti beni mobili registrati o immobili, sia opportuno in ogni caso procedere a trascrizione (e cfr . www.notariato.it/sites/default/files/99-13-i.pdf ).
    E' possibile che l'accordo per gestire il sovraindebitamento non si raggiunga. La normativa in esame prevede la possibilità di elaborazione di un piano del consumatore, di cui possono avvalersi i soggetti che hanno contratto debiti al di fuori di un'attività imprenditoriale. Il consumatore è ancora una volta tutelato più intensamente, in ragione della sua intrinseca debolezza economica, in quanto dispone di un'opzione in più rispetto all'imprenditore non assoggettabile al fallimento, come desumibile dal comma 1-bis dell’articolo 7 della legge del 2012, il quale dispone che, fermo restando il diritto di proporre ai propri creditori un accordo, il consumatore in stato di sovraindebitamento possa proporre, con l’ausilio dell’organismo di composizione della crisi, un piano contenente le previsioni di cui all’articolo 7 primo comma.
    Unico destinatario del piano redatto dai gestori della crisi è il Giudice, in quanto non è richiesta la adesione dei creditori e, pertanto, il piano stesso si struttura come atto unilaterale,, la cui efficacia è subordinata all'omologazione dell'Autorità giudiziaria, la quale pondera la realizzabilità del piano, l’assenza di frode ai creditori e la meritevolezza del soggetto consumatore, ferma restando la possibilità per i creditori di intervenire in una fase successiva attraverso contestazioni. L'art. 9 legge 2012 prevede, proprio per non annichilire la garanzia del creditore, che l'organismo di gestione della crisi produca insieme con il piano del debitore una relazione contenente: l’indicazione delle cause dell’indebitamento e della diligenza impiegata dal consumatore nell’assumere volontariamente le obbligazioni; l’esposizione delle ragioni dell’incapacità del debitore di adempiere le obbligazioni assunte; il resoconto sulla solvibilità del consumatore negli ultimi cinque anni; l’indicazione dell’eventuale esistenza di atti del debitore impugnati dai creditori. L'omologazione del Tribunale è indispensabile ai fini della prosecuzione della procedura, ferma restando la possibilità per il debitore di accedere alla procedura di liquidazione del patrimonio (v. infra). Vi sono notevoli elementi di affinità di disciplina fra il piano del debitore e l'accordo di composizione della crisi da sovraindebitamento,la proposta deve contenere l’assicurazione del regolare pagamento, secondo i termini e le modalità previste dalla legge, dei crediti impignorabili; garantire il pagamento integrale, ancorché dilazionato, dei tributi costituenti risorse proprie dell’Unione Europea, dell’I.V.A. e delle ritenute operate e non versate; il soddisfacimento, anche parziale, dei creditori muniti di privilegio, pegno o ipoteca, purché previsto in misura non inferiore a quella realizzabile in caso di liquidazione. Il piano deve altresì indicare la previsione delle scadenze e delle modalità di pagamento dei creditori, con l’eventuale indicazione delle garanzie rilasciate per l’adempimento dei debiti e delle modalità per l’eventuale liquidazione dei beni. Il piano con la relativa documentazione deve essere depositato presso il tribunale competente e presso l’agente della riscossione e gli uffici fiscali ad opera dell’organismo di composizione della crisi. Il piano del consumatore può prevedere l’eventuale affidamento del patrimonio ad un gestore per la custodia, liquidazione e distribuzione delle somme ricavate.
    L’art. 12-bis, introdotto dal d.l. 179/2012, è disposizione dedicata esclusivamente alla procedura del piano del consumatore. L’espressa e separata regolamentazione del procedimento di omologazione di piano del consumatore e accordo fra debitore e gruppo dei creditori aderenti. rafforza e sottolinea il fatto che questa procedura è dedicata solo a una parte di soggetti rispetto a quelli che possono accedere alle altre procedure. Il Giudice è il soggetto chiamato ad emettere il provvedimento di apertura della procedura, previa verifica che la proposta soddisfi quanto previsto dagli articoli 7, 8 e 9,, vale a dire i requisiti soggettivi e oggettivi di accesso, il contenuto e la completezza documentale del piano. Qualora non li ritenga soddisfatti può concedere un termine perentorio non superiore a quindici giorni per apportare integrazioni alla proposta. Riguardo all’ammissibilità il giudice deve controllare che il consumatore si trovi in una situazione di sovraindebitamento; non sia assoggettato a procedure concorsuali diverse da quelle regolate dalla presente legge; non abbia fatto ricorso, nei cinque anni precedenti, ad una delle procedure disciplinate dalla stessa legge 3/2012 e non abbia subito, per cause a lui imputabili, provvedimenti di revoca, impugnazione o risoluzione dell’accordo. Riguardo, invece, il contenuto e la completezza documentale del piano, il giudice, oltre a verificare che la proposta contenga determinati elementi, comuni anche all’accordo di composizione della crisi, deve controllare che il debitore abbia prodotto una documentazione idonea a ricostruire compiutamente la sua situazione economica e patrimoniale e che sia residente nel circondario del tribunale presso cui ha depositato la domanda. Il giudice verifica inoltre l’assenza di atti in frode ai creditori, di cui può averne notizia, in questa fase, solo attraverso la relazione particolareggiata dell’organismo di composizione della crisi
    Il piano è redatto dai “gestori della crisi”, con una previsione puntuale delle modalità di pagamento dei creditori, con indicazione di eventuali garanzie per l'adempimento e le modalità di liquidazione dei beni. I crediti con pegno, privilegio o ipoteca possono essere soddisfatti non integralmente, purché il pagamento avvenga in misura non inferiore a quanto possa realizzarsi in ragione della preferenza accordata ai creditori non chirografari in sede di distribuzione del ricavato, dopo la liquidazione. Il decreto di omologazione del piano di liquidazione è equiparato all'atto di pignoramento, con il divieto dell'esperimento di azioni esecutive individuali per i creditori.
    INTEGRAZIONE DA SITO dell'ADUC “Verificata la fattibilità e idoneità del piano, il giudice, quando esclude che il consumatore ha assunto obbligazioni senza la ragionevole prospettiva di poterle adempiere ovvero che ha colposamente determinato il sovraindebitamento, anche per mezzo di un ricorso al credito non proporzionato alle proprie capacita' patrimoniali, omologa il piano, disponendo per il relativo provvedimento una forma idonea di pubblicità. L'omologazione (o il rigetto dell'omologazione) deve intervenire entro sei mesi dal deposito del piano del consumatore.
    Il decreto di omologazione è equiparato all'atto di pignoramento.
    Quando il piano prevede la cessione o l'affidamento a terzi di beni immobili o di beni mobili registrati, il decreto deve essere trascritto, a cura del professionista.
    Se invece il giudice rigetta il piano, con l'ordinanza di diniego revoca il provvedimento di sospensione delle azioni esecutive contenute nel decreto d'urgenza.
    Di grande importanza il fatto che il giudice possa omologare il piano del consumatore anche quando i creditori non sono d'accordo. Infatti, è previsto che il giudice possa comunque omologare il piano se ritiene che il credito possa essere soddisfatto dall'esecuzione del piano in misura non inferiore a quella che si otterrebbe con la procedura della liquidazione dei beni (vedi sotto).
    Dalla data di omologazione è vietato ai creditori anteriori di iniziare o proseguire azioni esecutive individuali, né iniziare o proseguire azioni cautelari o acquistare titoli di prelazione sul patrimonio del consumatore. Ai creditori posteriori è vietato procedere con azioni esecutive sui beni oggetto del piano del consumatore.
    Tuttavia, la sospensione viene meno in caso di mancato pagamento di crediti impignorabili, oppure quando il credito riguarda risorse proprie della UE, l'Iva e alle ritenute operate e non versate.

    Esecuzione dell’accordo
    Nel caso in cui per soddisfare i creditori vengano utilizzati beni già pignorati o se previsto dall'accordo, il giudice -su proposta del professionista- nomina un liquidatore che dispone in via esclusiva degli stessi e delle somme incassate.
    E' il professionista che deve risolve le eventuali difficoltà insorte nell'esecuzione del piano e vigila sull'esatto adempimento dello stesso, comunicando ai creditori ogni eventuale irregolarità. E' invece il giudice ad esprimersi sulle contestazioni che hanno ad oggetto la violazione di diritti soggettivi e sulla sostituzione del liquidatore per giustificati motivi.
    E’ sempre il giudice che, sentito il liquidatore e verificata la conformità dell'atto dispositivo all'accordo e al piano, autorizza lo svincolo delle somme e ordina la cancellazione della trascrizione del pignoramento, delle iscrizioni relative ai diritti di prelazione, nonché di ogni altro vincolo.
    A garanzia del rispetto dell’accordo, i pagamenti e gli atti dispositivi dei beni posti in essere in violazione dell'accordo e del piano sono inefficaci.
    Se l'esecuzione del piano diviene impossibili per ragioni non imputabili al consumatore, questi insieme al professionista può chiedere al giudice una modifica della proposta.

    Revoca e cessazione degli effetti dell'omologazione
    Le cause di revoca revoca del piano e cessazione degli effetti dell'omologazione sono i seguenti:
    1) revoca di diritto se il debitore non esegue integralmente, entro novanta giorni dalle
    scadenze previste, i pagamenti dovuti secondo il piano alle amministrazioni pubbliche e agli enti gestori di forme di previdenza e assistenza obbligatorie. L'accordo e' altresì revocato se risultano compiuti durante la procedura atti diretti a frodare le ragioni dei creditori.
    Il giudice provvede d'ufficio con decreto reclamabile.
    2) Il tribunale, su istanza di ogni creditore da farsi entro sei mesi dalla scoperta, e in contraddittorio con il debitore, dichiara cessati gli effetti dell'omologazione del piano:
    a) Quando e' stato dolosamente o con colpa grave aumentato o diminuito il passivo, ovvero sottratta o dissimulata una parte rilevante dell'attivo ovvero dolosamente simulate attività inesistenti. In ogni caso, l'istanza deve essere presentata non oltre due anni dalla scadenza del termine fissato per l'ultimo adempimento previsto dal piano.
    b) Se il proponente non adempie agli obblighi derivanti dal piano, se le garanzie promesse non vengono costituite o se l'esecuzione del piano diviene impossibile anche per ragioni non imputabili al debitore. In ogni caso, entro un anno dalla scadenza del termine fissato per l'ultimo adempimento previsto dal piano.
    Deposito della domanda di liquidazione
    La domanda deve essere presentata presso il tribunale del luogo di residenza del consumatore. Se tra i creditori vi sono anche Pubbliche Amministrazioni (Agenzia delle Entrate, Comuni, etc.) o agenti per la riscossione (es, Equitalia), entro tre giorni dal deposito del piano in tribunale, il professionista dovrà presentare la domanda anche a questi creditori.
    Unitamente alla domanda, il consumatore deve presentare anche la documentazione che consenta di ricostruire compiutamente la situazione economica e patrimoniale del debitore, ovvero:
    1) l'elenco di tutti i creditori, con l'indicazione delle somme dovute, dei beni e degli eventuali atti di disposizione compiuti negli ultimi cinque anni, corredati delle dichiarazioni dei redditi degli ultimi tre anni, nonché l'elenco delle spese correnti necessarie al sostentamento suo e della sua famiglia, previa indicazione della composizione del nucleo familiare corredata del certificato dello stato di famiglia;
    2) l'inventario di tutti i beni del consumatore, recante specifiche indicazioni sul possesso di ciascuno degli immobili e delle cose mobili;
    3) una relazione particolareggiata del professionista che deve contenere:
    - l'indicazione delle cause dell'indebitamento e della diligenza impiegata dal consumatore nell'assumere volontariamente le obbligazioni;
    - l'esposizione delle ragioni dell'incapacità del debitore di adempiere le obbligazioni assunte;
    - il resoconto sulla solvibilità del consumatore negli ultimi cinque anni;
    - l'indicazione della eventuale esistenza di atti del debitore impugnati dai creditori;
    - il giudizio sulla completezza e attendibilità della documentazione depositata dal consumatore a corredo della domanda.
    Non sono compresi nella liquidazione i seguenti beni, che rimangono quindi al consumatore:
    a) i crediti impignorabili ai sensi dell'articolo 545 del codice di procedura civile;
    b) i crediti aventi carattere alimentare e di mantenimento, gli stipendi, pensioni, salari e ciò che il debitore guadagna con la sua attività, nei limiti di quanto occorra al mantenimento suo e della sua famiglia indicati dal giudice;
    c) i frutti derivanti dall'usufrutto legale sui beni dei figli, i beni costituiti in fondo patrimoniale e i frutti di essi, salvo quanto disposto dall'articolo 170 del codice civile;
    d) le cose che non possono essere pignorate per disposizione di legge.

    Decreto di apertura della liquidazione
    Se la domanda e la documentazione sono complete, e verificata l'assenza di atti in frode ai creditori negli ultimi cinque anni, il giudice apre la procedura di liquidazione. Nel decreto nomina un liquidatore, dispone la sospensione di tutte le azioni cautelari ed esecutive dei creditori anteriori, ordina la consegna dei beni e del patrimonio del consumatore (per gravi motivi, può consentire che il consumatore possa continuare ad utilizzare alcuni di essi). Anche i creditori posteriori non possono procedere esecutivamente sui beni oggetto di liquidazione.
    Nel caso di beni immobili e beni mobili registrati, il liquidatore provvedere alla trascrizione del decreto nei relativi registri al pari di un pignoramento.
    La procedura di liquidazione rimane aperta fino a quando non è completato il programma di liquidazione. In ogni caso, ogni bene che il consumatore acquista nei quattro anni successivi, entra a far parte del procedimento di liquidazione, ed il consumatore deve darne conto aggiornando l'inventario di beni.

    La liquidazione
    Il liquidatore nominato dal giudice provvederà ad eseguire i controlli sulla documentazione e a fare l'inventario e comunica ai creditori i termini e modalità per poter partecipare alla liquidazione. Una volta ricevute le domande dei creditori, predispone un progetto di stato passivo che poi comunica ai creditori. In caso di osservazioni dei creditori, il liquidatore può modificare il progetto oppure rimettere la questione al giudice.
    Entro 30 giorni dalla formazione dell'inventario, il liquidatore elabora quindi un progetto di liquidazione e lo comunica ai debitori e ai creditori. Dopodiché, in qualità di amministratore dei beni oggetto della liquidazione, effettua le operazioni di liquidazione (cessione crediti, vendita tramite procedure competitive, etc.). Informa poi il consumatore, i creditori ed il giudice sugli esiti della liquidazione.
    Il giudice, se il liquidatore ha operato conformemente al programma di liquidazione, autorizza lo svincolo delle somme ricavate e ordina la cancellazione delle trascrizioni eventualmente effettuate sui beni oggetto della liquidazione.
    Una volta completato l'iter, e comunque non prima di quattro anni dal deposito della domanda, il giudice dispone con decreto la chiusura della procedura. Infatti, anche i beni che il consumatore acquisisce nel corso dei quattro anni successivi al deposito della domanda di liquidazione devono essere inseriti nell'inventario dal consumatore.
    http://sosonline.aduc.it/…/sovraindebitamento+nuovo+procedi…

    Pertanto, per ovviare al fenomeno dell'esposizione debitoria di soggetti non assoggettabili alle procedure concorsuali, un iter legislativo, in cui si sono riscontrati ripensamenti e rielaborazioni, ha portato alla creazione di un istituto a struttura composita, in cui è, in ogni modo, riscontrabile l'adesione, anche a seguito di sollecitazioni provenienti dal diritto internazionale, a princìpi di matrice comune, per la risoluzione di situazione di impossibilità di adempiere alle proprie obbligazioni, locuzione con cui di regola si definisce l'insolvenza, indipendentemente dalle caratteristiche soggettive dei debitori, con l'entrata in campo del “consumatore”, in una cornice in cui questa figura è protetta sempre più intensamente, almeno nei presupposti teorici, in quanto espressione di soggetti economicamente più deboli nella contrattazione.
    Emerge un favore per la continuità delle attività economiche e un'auspicabile contestuale riduzione del contenzioso pertinente, nonostante che l'Autorità giudiziaria partecipi alla procedura, attraverso un controllo ai fini dell'omologazione dell'eventuale accordo fra debitore e creditori o del piano del consumatore.
    I benefici di questa procedura sono maggiori rispetto al ricorso alla procedura esecutiva
    Il Legislatore ha ritenuto opportuno attuare un tentativo di argine alle controversie che coinvolgano consumatori in sovraindebitamento, attraverso l'introduzione di una procedura a carattere volontario, su istanza del medesimo debitore, il quale intenda evitare una pluralità di azioni esecutive individuali e cautelari, da parte dei creditori, allea quale si sovrappone l'instaurazione di una procedura concorsuale, attraverso cui, nell'ipotesi fisiologica, si perviene al pagamento da parte del debitore di una percentuale del totale di quanto dovuto e in certi casi all'esdebitazione, con conseguente estinzione dei crediti non soddisfatti nel corso della procedura concorsuale. A priori può ritenersi che l'istituto possa trovare un significativo ambito di applicazione concreta, nelle ipotesi in cui si possa procedere, eventualmente tramite l'interposizione di un terzo, al versamento di una somma equivalente a quella ricavabile dall'ordinaria procedura di esecuzione forzata o quando si riscontri una temporanea situazione di mancanza di liquidità del debitore, pur nel quadro di una attività lavorativo-professionale non compromessa. Un meccanismo virtuoso può consentire di intercettare una convergenza fra debitore e creditori, al fine di garantire una prosecuzione dell'attività economica del primo.
    L'ordinamento, in rapporto alla congiuntura economica, introduce la possibilità di una gestione del sovraindebitamento da parte di organismi che soddisfino determinati requisiti, con riferimento a quei soggetti che non possono accedere alle procedure concorsuali. Si tratta di una realtà economico-giuridica che si concentra sui consumatori e sulle piccole imprese. Pertanto si tratta di soggetti che non possono adempiere puntualmente alle proprie obbligazioni, e quindi sono insolventi, ma non sono assoggettabili al fallimento per mancanza di requisito soggettivo.
    Ove l'Autorità giudiziaria disponga la liquidazione delle somme così come determinate nel piano di ristrutturazione, l'organismo attende all'esecuzione del medesimo. I requisiti per l'iscrizione nell'apposito registro-albo di tali organismi sono stati previsti nel Decreto del Ministero della Giustizia, del 24 settembre 2014, n. 202 (Regolamento recante i requisiti di iscrizione nel registro degli organismi di composizione della crisi da sovraindebitamento, ai sensi dell'articolo 15 della legge 27 gennaio 2012, n. 3, come modificata dal decreto-legge 18 ottobre 2012, n. 179, convertito, con modificazioni, dalla legge 17 dicembre 2012, n. 221) pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 21 del 27 gennaio 2015.
    Il registro è suddiviso in due sezioni: sezione A e sezione B e viene adoperato, almeno parzialmente un meccanismo presuntivo di sussistenza dell'idoneità alla gestione del sovraindebitamento per determinate strutture, in quanto si ritiene che le medesime dispongano dell'attitudine alla gestione del delicato compito e, pertanto sussiste l'iscrizione di diritto delle stesse. Si tratta degli organismi di conciliazione costituiti presso le camere di commercio, industria, artigianato e agricoltura ai sensi dell'articolo 2 della legge 29 dicembre 1993, n. 580, del segretariato sociale costituito ai sensi dell'articolo 22, comma 4, lettera a), della legge 8 novembre 2000, n. 328 e degli ordini professionali degli avvocati, dei commercialisti ed esperti contabili e dei notai. Tali soggetti sono iscritti di diritto, su semplice domanda, anche quando associati tra loro. I soggetti iscritti di diritto sono, pertanto, collocati nella sezione A dell'apposito registro
    Nella sezione B del registro sono iscritti a domanda e previa valutazione, in quanto in tal caso non si applica la presunzione di idoneità, gli organismi costituiti dai Comuni, dalle Provincie, dalle Città metropolitane, dalle Regioni e dalle istituzioni universitarie pubbliche.
    Il responsabile della tenuta del registro presso il Ministero della Giustizia verifica per entrambe gli organismi da iscriversi, sia alle Sezione A sia alla sezione B, che vi siano i seguenti requisiti: l'esistenza di un referente dell'organismo cui sia garantito un adeguato grado di indipendenza, in modo che la gestione del sovraindebtamento avvenga con una certa neutralità;
    -il rilascio di polizza assicurativa con massimale non inferiore a un milione di euro per le conseguenze patrimoniali comunque derivanti dallo svolgimento del servizio di gestione della crisi;
    - la conformità del regolamento dell'organismo alle disposizioni del presente decreto (quest'ultimo requisito appare pleonastico).
    In aggiunta, gli organismi di cui alla sezione B del registro (vale a dire, quelli non iscrivibili di diritto) devono soddisfare ulteriori requisiti, indicati dalla normativa:
    - che l'organismo sia costituito quale articolazione interna di uno degli enti pubblici di cui al comma 1 del menzionato decreto, vale ad dire (Comuni, Provincie, Città metropolitane, Regioni e istituzioni universitarie pubbliche);
    - il numero dei gestori della crisi, non inferiore a cinque, che abbiano dichiarato la disponibilità a svolgere le funzioni di gestione della crisi in via esclusiva per l'organismo;
    - la sede dell'organismo.
    Nell’ambito di ciascun Organismo devono esser presenti i cc.dd. gestori della crisi, ossia i professionisti che, individualmente o collegialmente, svolgono le prestazioni inerenti alla gestione dei procedimenti di composizione della crisi da sovraindebitamento e di liquidazione del patrimonio del debitore (cfr. art. 2 reg.). Occorre che tali soggetti siano in possesso dei requisiti di qualificazione professionale previsti dall’art. 4 del Regolamento, Emergono delle affinità con la disciplina dell'istituto della mediazione civile e commerciale, in rapporto alla designazione del gestore della crisi, che di fatto è un mediatore, in un contesto in cui deve esser evitato un qualsivoglia conflitto d'interessi del medesimo, rispetto ai soggetti contrapposti. In tal senso, l'impostazione della gestione dovrà anteporre una logica cooperativa a una meramente conflittuale.


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