Interpretazione della volontà testamentaria

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    §§§


    IL TESTAMENTO “RIPRODUTTIVO” E GLI EFFETTI DELLA SUA REVOCA SUL TESTAMENTO “RIPRODOTTO”



    di Eugenio Fazio, in Famiglia e diritto, 12/2013, p. 1107 ss., commento a:

    Cassazione Civile, sez. II, 10 ottobre 2012, n. 17267 - Pres. Felicetti - Est. Bursese - Z.N. c. V.M. (... che si pronuncia, fra le altre cose notevoli, anche sui canoni interpretativi della volontà testamentaria)

    Abstract

    Testamento - Riproduzione del testamento - Revoca espressa del testamento riproduttivo - Estensione della revoca al testamento riprodotto - Ricerca della volontà del testatore - Regole di interpretazione del contratto - Applicabilità al testamento

    Ove ad un testamento olografo faccia seguito un testamento pubblico recante la medesima attribuzione patrimoniale in favore dello stesso erede, la successiva revoca, per atto notarile, del testamento pubblico, senza alcuna menzione del precedente olografo, estende i propri effetti al testamento olografo precedente ove quello pubblico sia meramente riproduttivo, sicché ai fini della revoca espressa del testamento occorre guardare non tanto alla scheda testamentaria in sé, quanto piuttosto alle attribuzioni patrimoniali che essa reca.

    §§§



    La Suprema Corte con la sentenza in commento si occupa della revoca testamentaria, ed in particolare della revoca espressa di un testamento riproduttivo di altro anteriore, cui estende gli effetti revocatori in virtù delle regole ermeneutiche ex art. 1362 c.c. applicabili in materia testamentaria. (Eugenio Fazio)

    §§§




    ***Il testo per esteso di:

    Cass. Civ., Sez. II, Sent., 10-10-2012, n. 17267


    "L'interpretazione disposizioni testamentarie è caratterizzata, rispetto a quella del contratto, da una più penetrante ricerca, al di là della mera dichiarazione, della volontà del testatore, la quale, alla stregua delle regole ermeneutiche di cui all'art. 1362 c.c. (applicabili, con gli opportuni adattamenti, anche in materia testamentaria), va individuata sulla base dell'esame globale della scheda, con riferimento, essenzialmente nei casi dubbi, anche ad elementi estrinseci, come la cultura, la mentalità e l'ambiente di vita del testatore" (Cass. Sez. 2, n. 24637 del 03/12/2010).

    "Ove ad un testamento olografo faccia seguito un testamento pubblico recante la medesima attribuzione patrimoniale in favore dello stesso erede, la successiva revoca, per atto notarile, del testamento pubblico, senza alcuna menzione del precedente olografo estende i propri affetti al testamento olografo precedente ove quello pubblico sia meramente riproduttivo, sicché ai fini della revoca espressa del testamento occorre guardare non tanto alla scheda testamentaria in se, quanto piuttosto alle attribuzioni patrimoniali che essa reca".



    REPUBBLICA ITALIANA

    IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

    LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

    SEZIONE SECONDA CIVILE



    Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

    Dott. FELICETTI Francesco - Presidente -

    Dott. PICCIALLI Luigi - Consigliere -

    Dott. BURSESE Gaetano Antonio - rel. Consigliere -

    Dott. MATERA Lina - Consigliere -

    Dott. GIUSTI Alberto - Consigliere -

    ha pronunciato la seguente:

    sentenza



    sul ricorso 5136-2010 proposto da:

    Z.N. (OMISSIS), Z.D. (OMISSIS), Z.A.A.M. (OMISSIS), Z.M. (OMISSIS), elettivamente domiciliati in ROMA, VIA FESTO AVIENO 92, presso lo studio dell'avvocato CICIANI GIANCARLO, che li rappresenta e difende;

    - ricorrenti -

    contro

    V.M. PARTE COSTITUITASI CON C/RIC (OMISSIS), + ALTRI OMESSI elettivamente domiciliati in ROMA, VIA LEA PADOVANI 69, presso lo studio dell'avvocato PIACENTI MAURILIO, che li rappresenta e difende;

    - controricorrenti -

    e contro

    V.R.N.G. DECEDUTO (OMISSIS), + ALTRI OMESSI ;

    - intimati -

    avverso la sentenza n. 4521/2009 della CORTE D'APPELLO di ROMA, depositata il 17/11/2009;

    udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 25/05/2012 dal Consigliere Dott. GAETANO ANTONIO BURSESE;

    udito l'Avvocato CICIANI Giancarlo, difensore dei ricorrenti che ha chiesto l'accoglimento del ricorso;

    udito l'Avvocato PIACENTI Maurizio, difensore dei resistenti che ha chiesto il rigetto del ricorso;

    udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. GOLIA Aurelio che ha concluso per il rigetto del ricorso.

    Svolgimento del processo

    Con atto notificato il 3.7.1997 Z.A.A.M., Z.D., Z.M. e Z.N., deducevano che il (OMISSIS) era deceduto in (OMISSIS) il loro congiunto Z.N., vedovo di D.F.T. e senza figli, lasciando quali unici eredi legittimi, la sorella A. ed i nipoti D., N. e M., figli del premorto fratello M.; precisavano che il compendio ereditario era costituito da alcuni immobili siti in (OMISSIS), oltre che da depositi bancari e postali;

    aggiungevano che D.F.C., cognata del de cuius, occupava uno di tali immobili (quello sito in (OMISSIS)) ritenendosi erede dello stesso Z.; chiedevano pertanto, che l'adito tribunale di Roma accertasse e dichiarasse che essi attori erano gli eredi dei defunto Z.N., con la condanna della convenuta a rilasciare l'appartamento in questione. D.F. C. si costituiva chiedendo il rigetto della domanda avversaria, deducendo che il de cuius con un testamento olografo datato 1.2.1976 l'aveva costituita erede universale, lasciandole la maggior consistenza del suo patrimonio, mentre con altro precedente testamento olografo del 19.5.1973 le disposizioni testamentarie erano dirette non solo a favore di essa convenuta ma anche degli altri cognati del de cuius, D.F.A.A., D.F. L., D.F.G., istituiti legatari. Chiedeva pertanto che il tribunale adito la dichiarasse erede o legataria dei beni mobili ed immobili di cui trattasi, con la condanna della nipote Z.M. al rilascio dell'appartamento del de cuius da cui l'aveva estromessa ed al risarcimento dei danni. All'udienza del 6.05.1998 la causa veniva riunita ad altra che gli stessi attori avevano promosso contro i D.F. al fine di essere dichiarati, in quanto unici eredi legittimi di Z.N., proprietari di due appartamenti siti in (OMISSIS), con conseguente condanna dei convenuti al rilascio degli stessi. Il Tribunale di Roma, con sentenza n. 23460/2001, ritenuta la validità dei testamenti olografi in parola, rigettava entrambe le domande formulate dagli attori e dichiarava che la successione di Z.N. era regolata dai menzionati testamenti olografi in data 19.5.73 ed i 1.2.1976 contenenti, i primo, legato congiunto in favore di tutti i germani D.F. ed il secondo, l'istituzione della sola D.F. C. unica ed esclusiva erede di Z.N. in ordine ai beni immobili e mobili descritti in tale ultimo testamento. La sentenza veniva appellata dai sig.ri Z., i quali, in riforma dell'impugnata decisione, insistevano per la declaratoria di essi appellanti quali unici eredi del de cuis, i cui due testamenti olografi non essendo a lui riconducibili, dovevano ritenersi inefficaci ed invalidi, anche perchè revocati ed oggetto di rinuncia da parte di D.F.C..

    Si costituivano gli appellati che insistevano per il rigetto del gravame. Essendo deceduta D.F.C., il processo veniva riassunto nei confronti degli eredi della medesima, V. F., V.N. e V.R..

    L'adita Corte d'Appello di Roma, con sentenza n. 4521/09, rigettava l'appello, compensando le spese del grado. La Corte capitolina, confermava la validità dei suddetti testamenti e riteneva - per quanto interessa ancora in questa sede - che il testamento olografo del 19.5.73 (di cui erano beneficiari tutti i germani D.F.) non era stato revocato dal successivo testamento pubblico del 22 maggio 1973, di contenuto identico in quanto contemplava le stesse disposizioni patrimoniali, nè dal successivo atto pubblico dello stesso notaio in data 27.12.1984 con il quale il de cuis aveva revocato i precedenti testamenti, tranne (oltre al testamento olografo del 1.2.76) il ricordato testamento del 19.5.73, che quindi era destinato ad operare in via esclusiva a seguito della revoca delle successive conforme disposizioni testamentarie, nonchè quello del 1.2.1976, in base a cui doveva ritenersi che a D.F. C. fosse attribuita la qualifica di erede non più revocabile in quanto si trovava nel possesso dei beni ereditari.

    Avverso la predetta sentenza Z.A.A.M., Z.D., Z.M. e Z.N., ricorrono in cassazione formulando una sola articolata censura (che riguarda soltanto la dedotta revoca anche del testamento del 19.5.73);

    resistono con controricorso D.F.A.A., D.F. L., nonchè D.B.M., M. e V.G., nella qualità di eredi di V.R.N.: si disponeva quindi l'integrazione del contraddicono nei confronti degli eredi di V.R., deceduto; le parti hanno depositato memorie e documenti.

    Motivi della decisione

    Occorre affrontare in primis la questione pregiudiziale posta dai controricorrenti e concernente il difetto d'interesse dei ricorrenti, essendo passata in giudicato per mancata impugnazione la pronuncia della sentenza che accerta la qualità di erede universale di D. F.C. e per essa, ormai defunta, dei suoi eredi. Si sarebbe dunque al riguardo formato un giudicato interno, rilevabile d'ufficio, ciò che non consentirebbe l'apertura, sia pure parziale, della successione legittima. Ne discenderebbe - sempre secondo i controricorrenti - il mancato interesse degli odierni ricorrenti ad impugnare le disposizioni testamentarie del 19.5.73 perchè in caso d'accoglimento della loro domanda, i beni oggetto di tale testamento andrebbero ad accrescere a massa ereditaria nella disponibilità dell'unico erede testamentario, D.F.C. (art. 674 c.c.), per cui ai ricorrenti Z. non ne deriverebbe beneficio o vantaggio alcuno. L'eccezione non appare fondata. Essa muove infatti da un presupposto chiaramente errato, che nella fattispecie possa operare il diritto d'accrescimento tra coeredi di cui all'art. 674 c.c. e ss.. Invero, l'istituto dell'accrescimento può aversi soltanto nel caso di chiamata congiuntiva "quando più eredi sono istituiti con uno stesso testamento nell'universalità dei beni, senza determinazione di parte o in parti uguali, anche se determinate, qualora uno di essi non possa e non voglia accettare".

    Nella fattispecie non sussistono tali condizioni, mancando la vocazione o chiamata congiuntiva, che sussiste quando gli eredi siano chiamati con uno stesso testamento (coniunctio verbis) e il testatore non abbia fatto determinate parti, ovvero pur determinando le parti, abbia chiamato i coeredi in parti uguali (coniunctio re); pertanto per l'accrescimento delle quote ereditarie è necessaria la coniunctio re et verbis. Nel caso in esame mancano i requisiti della coniunctio re et verbis, atteso che D.F.C. è stata istituita unica erede con il testamento olografo del 1.2.76 per cui non vi è alcuna chiamata congiuntiva con gli altri D.F., nominati legatari, ma con altro testamento olografo del 19.5.73.

    D'altra parte è pacifico che il de cuis con l'indicato testamento in favore di D.F.C., non avesse disposto di tutti i suoi beni, ciò che rende possibile la coesistenza della successione legittima con quella testamentaria (Cass. n. 2968 de 7.4.97; Cass. N. 6697 del 10.5.02). Appare dunque infondata l'eccezione concernente l'eccepito difetto d'interesse in capo ai ricorrenti Z., eredi legittimi.

    Passando all'analisi del ricorso, con l'unico motivo i ricorrenti denunziano la violazione e falsa applicazione degli artt. 1362, 587, 679, 680 e 682 c.c. in relazione alla dedotta revoca anche del testamento 19.5.1973.

    La censura riguarda la questione se il testamento olografo del 19.5.73 sia stato revocato o meno a seguito della revoca espressa del successivo testamento pubblico del 22.5.1973 avvenuta per atto pubblico del de cuius in data 27.12.84, atteso che i due testamenti contenevano disposizioni di identico tenore. La corte capitolina, ha ritenuto che per effetto di tale atto pubblico - che richiamava espressamente il testamento pubblico del 22 maggio 1973, ma non quello olografo del 19 maggio73 - era stato revocato solo il primo, per cui continuava ad operare l'olografo in via esclusiva. Precisava la corte territoriale che i due testamenti, proprio perchè contenevano "disposizioni d'identico tenore", non erano affatto inconciliabili, per effetto dell'art. 682 c.c. secondo cui il testamento posteriore quando non revoca in modo espresso il precedente, annulla in questo solo le disposizioni incompatibili.

    Tale norma "presuppone la possibilità logica e giuridica della concorrenza delle disposizioni testamentarie non contemporanee e fissa, in linea di principio, la regola della loro paritaria coesistenza, cioè della conservazione delle disposizioni più antiche, sicchè di massima, queste sopravvivono e convivono con il testamento novello, restandone travolte soltanto quelle incompatibili con le successive". Concludeva la Corte che " accertata la mancata caducazione del primo testamento, a nulla rilevava la successiva revoca del de cuius con il ricordato l'atto pubblico del 27.12.1984 che riguardava solo il testamento pubblico (ancorchè identico) del 22.5.1973".

    Gli esponenti censurano questo punto della sentenza sotto svariati profili. A loro avviso tale ragionamento è viziato da violazione delle norme di legge richiamate, in quanto non è stata correttamente ed adeguatamente indagata la volontà del de cuius alla luce delle norme che regolano le disposizioni testamentarie. Con riferimento in specie al menzionato atto di revoca notarile, il giudice di merito ha limitato la sua indagine al solo contenuto letterale dello stesso, in cui si menzionava solo il testamento pubblico, ma non quello olografo. Invece nell'atto di revoca del de cuius "... l'espressione "il testamento del 1973" doveva essere interpretata, alla luce del complesso dei vari atti, tenendo primario conto delle volontà sostanziali nello stesso atto contenute alla luce delle finalità che con la sottoscrizione della revoca il detto de cuius intendeva raggiungere seguendo il medesimo canone ermeneutico del contenuto e dello scopo già osservato al momento della prima valutazione dei soli due testamenti tra di loro, che aveva portato la corte a rilevarne l'identità di contenuti". Erano invero chiare - per i ricorrenti - la volontà e l'intenzione del testatore nella revoca dei precedenti testamenti, nel senso che egli non intendeva più beneficiare i propri cognati con il lascito dei due appartamenti. La corte capitolina dunque applicando correttamente i canoni interpretativi giurisprudenziali, avrebbe dovuto dichiarare revocato anche il primo testamento olografo, "attesa l'evidente incompatibilità tra le volontà sostanziali manifestate con il primo testamento e le opposte incompatibili volontà sostanziali manifestate con l'atto ultimo di revoca, evitando con ciò di volere concludere con una finale affermazione (revoca delle successive e conformi disposizioni testamentarie) che oltre ad essere contraddittorìa in se...contrasta con la volontà del de cuius". La doglianza è fondata.

    Non v'è dubbio che la corte di merito non ha correttamente seguito i canoni interpretativi prescritti ai fini dell'accertamento della volontà del de cuius nelle disposizioni testamentarie in parola, in considerazione, tra l'altro, della peculiarità della vicenda in esame, nella quale il testamento olografo del 19.05.73 - che recava determinate attribuzioni patrimoniali - era stato seguito soltanto 3 giorni dopo (in data 22.5.73) da un testamento pubblico che riproduceva le stesse attribuzioni patrimoniali e perciò era stato ritenuto dal giudice del merito contenente una disposizione mortis causa sovrapponibile e non incompatibile agli effetti dell'art. 682 c.p.c.; cosicché il testamento pubblico potrebbe atteggiarsi a negozio riproduttivo, assolvendo ad una funzione meramente duplicativa del precedente olografo, redatto solo 3 giorni prima.

    Ne deriva che va stabilito - sulla base di un più accurato esame delle emergenze istruttorie acquisite - se, con la revoca delle disposizioni testamentarie in esame, il de cuius avesse inteso o meno non più beneficiare i propri cognati D.F., eliminando entrambe le disposizioni testamentarie.

    Nel caso di specie infatti si ritiene che la Corte di merito nella scelta e valutazione degli elementi di giudizio più idonei a ricostruire la volontà del de cuius, non si sia attenuta alle regole ermeneutiche di cui all'art. 1362 c.c., (v. Cass. Sez. 2, n. 7422 del 11/04/2005), nè ha tenuto conto che questa S.C. ha precisato in materia, che l'interpretazione disposizioni testamentarie è caratterizzata, rispetto a quella del contratto, da una più penetrante ricerca, al di là della mera dichiarazione, della volontà del testatore, la quale, alla stregua delle regole ermeneutiche di cui all'art. 1362 c.c. (applicabili, con gli opportuni adattamenti, anche in materia testamentaria), va individuata sulla base dell'esame globale della scheda, con riferimento, essenzialmente nei casi dubbi, anche ad elementi estrinseci, come la cultura, la mentalità e l'ambiente di vita del testatore" (Cass. Sez. 2, n. 24637 del 03/12/2010). In relazione alla particolare fattispecie in esame, può enunciarsi il seguente principio: "Ove ad un testamento olografo faccia seguito un testamento pubblico recante la medesima attribuzione patrimoniale in favore dello stesso erede, la successiva revoca, per atto notarile, del testamento pubblico, senza alcuna menzione del precedente olografo estende i propri affetti al testamento olografo precedente ove quello pubblico sia meramente riproduttivo, sicchè ai fini della revoca espressa del testamento occorre guardare non tanto alla scheda testamentaria in sè, quanto piuttosto alle attribuzioni patrimoniali che essa reca".

    Conclusivamente il ricorso dev'essere accolto; la sentenza dev'essere cassata e la causa rinviata anche per le spese di questo giudizio ad altra sezione della Corte d'Appello di Roma, la quella deciderà sulla base del principio di diritto sopra enunciato.

    P.Q.M.



    la Corte accoglie il ricorso cassa la sentenza impugnata e rinvia la causa anche per le spese, ad altra sezione della Corte d'Appello di Roma.

    Così deciso in Roma, il 25 maggio 2012.

    Depositato in Cancelleria il 10 ottobre 2012



    §§§

     
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    § Scheda di aggiornamento giurisprudenziale §




    Tribunale Bologna, sez. I, 14/08/2015



    "Ai fini di un'interpretazione del testamento, che tenga conto della effettiva volontà della testatrice, non può prescindersi dalle precisazioni che la de cuius ha espressamente indicato nel testamento dalla stessa redatto, le quali fanno ritenere che la stessa, nonostante abbia impropriamente utilizzato la formula "erede universale" riferita a colui che sarebbe diventato a breve suo marito, non abbia inteso provvedere ad una devoluzione totale del patrimonio ereditario a suo favore, ma abbia voluto soltanto lasciargli l'usufrutto dei beni immobili dalla medesima ivi specificamente indicati"

    (... omissis ...)



    Fatto e Diritto



    Non si redige lo svolgimento del processo ai sensi del novellato disposto dell'art. 132 c.p.c., applicabile ai giudizi pendenti o instaurati successivamente alla data di entrata in vigore della Legge 18 giugno 2009 n. 69 (art. 58, comma 2, Legge n. 69/2009).

    Le domande spiegate da parte attrice in via principale risultano infondate e non possono pertanto trovare accoglimento per le motivazioni di seguito illustrate.

    Dall'esame delle due schede testamentarie redatte dalla de cuius R. F., nata a (omissis...) (Ravenna) il (omissis...) (omissis...) 1923 e deceduta a (omissis...) (Bologna) il (omissis...) (omissis...) 2011, e rappresentate più precisamente dal testamento olografo redatto in data (omissis...) (omissis...) 2007 e pubblicato in data 10 ottobre 2011 a ministero Notaio dott. P. T., Repertorio n. (omissis...), Raccolta n. (omissis...), e dal successivo testamento olografo redatto in data (omissis...) (omissis...) 2010 e pubblicato in data 11 ottobre 2011 a ministero Notaio dott. F. T., Repertorio n. (omissis...), Raccolta n. (omissis...), emerge infatti inconfutabilmente la volontà della testatrice R. F. di revocare, con la redazione del secondo testamento, tutti i suoi testamenti precedenti.

    Tale inequivocabile volontà è facilmente desumibile dallo stesso tenore letterale della seconda scheda testamentaria, laddove la testatrice, lungi dall'utilizzare una "mera formula di stile" come affermato da parte attrice, revoca espressamente e chiaramente ogni suo precedente testamento ("Revoco ogni mio precedente testamento.").

    A tale proposito merita richiamare l'ormai consolidato orientamento della giurisprudenza di legittimità, condiviso da questo giudicante, secondo cui:

    << la revocazione espressa del testamento può farsi, ai sensi dell'art. 680 cod. civ., oltre che con un atto ricevuto da notaio in presenza di due testimoni, con un nuovo testamento, mediante una dichiarazione di volontà unilaterale e non recettizia, diretta a togliere, in tutto o in parte, efficacia giuridica a precedenti disposizioni testamentarie dello stesso revocante; ne consegue che, a tale fine, non può essere considerata come una formula di stile l'espressione "revoco ogni mia precedente disposizione testamentaria" contenuta nel testamento posteriore>> (Cass., 9 ottobre 2013, n. 22983; precedente conforme Cass., 20 marzo 1986, n. 1964).

    Considerata la revoca espressa ed univoca di ogni suo precedente testamento da parte della de cuius, non si ritiene pertanto applicabile alla fattispecie al nostro esame il generale principio di conservazione delle disposizioni di ultima volontà di cui all'art. 682 c.c., utilizzabile nel solo caso in cui il testamento redatto successivamente non revochi in modo espresso il precedente (<< Nell'ipotesi di più testamenti successivi, il posteriore, quando non revoca in modo espresso il precedente annulla in questo solo le disposizioni incompatibili, in applicazione del generale principio di conservazione delle disposizioni di ultima volontà, così da circoscriverne la caducazione al riscontro, caso per caso, della sicura incompatibilità con le successive, potendosi, inoltre, ravvisare una revoca implicita dell'intero testamento precedente solo qualora non sia configurabile la sua sopravvivenza a seguito delle mutilazioni derivanti dalla suddetta incompatibilità>>, Cass., 22 marzo 2012, n. 4617; precedente conforme Cass., 20 agosto 2002, n. 12285).

    Deve dunque escludersi nel caso di specie l'efficacia del testamento redatto dalla de cuius in data 2 dicembre 2007, in quanto dalla medesima espressamente revocato con la redazione del testamento del 3 aprile 2010.

    Parimenti infondate appaiono le domande spiegate da parte attrice in via di primo subordine, mentre risultano fondate le domande spiegate dalla stessa parte attrice in via di secondo subordine per le motivazioni che seguono.

    Premesso infatti che, per le ragioni di cui sopra, si ritiene valido ed efficace il solo testamento redatto dalla defunta R. F. in data (omissis...) (omissis...) 2010, deve dunque interpretarsi la volontà testamentaria della de cuius siccome emergente dall'analisi globale della suddetta scheda testamentaria, ben potendosi attribuire alle parole utilizzate dal testatore un significato diverso da quello tecnico e letterale, laddove sia evidente, dalla valutazione complessiva dell'atto, che esse siano state utilizzate in senso diverso e si prestino ad esprimere, in modo più adeguato e coerente, la reale intenzione del de cuius (<< L'interpretazione del testamento è caratterizzata, rispetto a quella del contratto, da una più penetrante ricerca, al di là della mera dichiarazione, della volontà del testatore, la quale, alla stregua delle regole ermeneutiche di cui all'art. 1362 cod. civ. (applicabili, con gli opportuni adattamenti, anche in materia testamentaria), va individuata sulla base dell'esame globale della scheda testamentaria, con riferimento, essenzialmente nei casi dubbi, anche ad elementi estrinseci alla scheda, come la cultura, la mentalità e l'ambiente di vita del testatore. Ne deriva che il giudice di merito può attribuire alle parole usate dal testatore un significato diverso da quello tecnico e letterale, quando si manifesti evidente, nella valutazione complessiva dell'atto, che esse siano state adoperate in senso diverso, purché non contrastante ed antitetico, e si prestino ad esprimere, in modo più adeguato e coerente, la reale intenzione del "de cuius" >>, ex multis Cass., 3 dicembre 2010, n. 24637).

    Ebbene, contrariamente a quanto asserito dalla difesa del convenuto C. V., non pare possa attribuirsi nel caso di specie il valore tecnico e letterale all'espressione "erede universale" per come utilizzata dalla defunta R. F., atteso che è la stessa de cuius che, quasi a voler fornire un'interpretazione autentica di che cosa ella intendesse per erede universale, specifica espressamente di volere devolvere al marito C. V. l'usufrutto sui beni immobili siti a Bo., in via (omissis...) n. 11, e sui beni immobili siti a (omissis...) (Cagliari).

    Nella seconda e nella terza parte della scheda testamentaria de qua, infatti, la signora R. F. specifica espressamente le proprie intenzioni, aggiungendo, alla precedente nomina del marito quale erede universale, di volergli lasciare in particolare gli immobili di Bologna e di (omissis...) (Cagliari), e precisando altresì di intendere con ciò che il marito medesimo abbia l'usufrutto dei suddetti immobili (testualmente: "Io sottoscritta R. F. nomino erede universale mio marito V. C._In particolare a lui lascio gli immobili di Bologna in Via (omissis...) n. 11: e di (omissis...) [ recte: località precedentemente menzionata sita in provincia di Cagliari; NdR ] e via (omissis...) e i (omissis...) e (omissis...). Intendo che mio marito abbia l'usufrutto dei suddetti immobili, vita natural durante").

    Ritiene questo giudice che ai fini di un'interpretazione del testamento che, anche alla luce del sopra richiamato orientamento giurisprudenziale, tenga conto della effettiva volontà della testatrice, non si possa prescindere, come invece prospettato dalla difesa del convenuto C. V., dalle precisazioni che la de cuius ha espressamente indicato nel testamento dalla stessa redatto, le quali fanno ritenere che la stessa, nonostante abbia impropriamente utilizzato la formula "erede universale" riferita a colui che sarebbe diventato a breve suo marito, non abbia inteso provvedere ad una devoluzione totale del patrimonio ereditario a suo favore, ma abbia voluto soltanto lasciargli l'usufrutto dei beni immobili dalla medesima ivi specificamente indicati.

    Tutto ciò premesso, al convenuto C. V. andrà dunque assegnato l'intero usufrutto dei beni immobili siti a Bo. e dei beni immobili siti a (omissis...) (Cgliari) facenti parte dell'asse ereditario de quo, mentre, ai sensi e per gli effetti di cui all'art. 582 c.c., la nuda proprietà dei medesimi beni immobili andrà assegnata per la quota di 2/3 allo stesso C. V., marito della de cuius R. F., e per la restante quota di 1/3 ai signori A. M., R. P., R. Ri., R. Ro. e R. D., nella loro qualità di nipoti ex sororibus della de cuius ovvero figli delle di lei premorte sorelle.

    Per i medesimi motivi ed ai sensi e per gli effetti di cui all'art. 582 c.c., andranno assegnate a C. V. la quota di 2/3 ed ai signori A. M., R. P., R. Ri., R. Ro. e R. D. la restante quota di 1/3 della piena proprietà dei beni immobili (appartamento e terreni) siti a (omissis...) (Bologna) e dei beni mobili - conto corrente e dossier titoli - facenti parte dell'asse ereditario de quo.

    Infine, viste le domande di scioglimento della comunione ereditaria e di divisione dei cespiti mobiliari ed immobiliari facenti parte dell'asse ereditario, formulate da tutte le parti in causa, il procedimento deve essere rimesso in istruttoria per la stima dei beni immobili e la predisposizione di un progetto divisionale.

    Spese al definitivo.


    P.Q.M.



    Il Tribunale di Bologna, non definitivamente pronunciando nella causa iscritta al n. 6849 del Ruolo Generale dell'anno 2012, ogni diversa eccezione, domanda ed istanza disattesa:

    - accerta e dichiara la validità ed efficacia del testamento olografo redatto in data (omissis...) (omissis...) 2010 da R. F., nata a (omissis...) (Ravenna) il (omissis...) (omissis...) 1923 e deceduta a (omissis...) (Bologna) il (omissis...) (omissis...) 2011, e pubblicato in data 11 ottobre 2011 a ministero Notaio dott. F. T., Repertorio n. (omissis...), Raccolta n. (omissis...);
    - assegna al convenuto C. V. l'intero usufrutto dei beni immobili siti a Bo. e dei beni immobili siti a (omissis...) (Cagliari) facenti parte dell'asse ereditario de quo;
    - assegna al convenuto C. V. la quota di 2/3 ed ai signori A. M., R. P., R. Ri., R. Ro. e R. D. la restante quota di 1/3 della nuda proprietà dei beni immobili siti a Bo. e dei beni immobili siti a (omissis...) (Cagliari) facenti parte dell'asse ereditario de quo;
    - assegna al convenuto C. V. la quota di 2/3 ed ai signori A. M., R. P., R. Ri., R. Ro. e R. D. la restante quota di 1/3 della piena proprietà dei beni immobili (appartamento e terreni) siti a (omissis...) (Bologna) e dei beni mobili - conto corrente e dossier titoli - facenti parte dell'asse ereditario de quo;
    - dispone con separata ordinanza la rimessione del procedimento in istruttoria per la stima dei beni immobili e la predisposizione di un progetto divisionale.

    Così deciso in Bologna in data 24 luglio 2015

    Pubblicazione del 14 AGOSTO 2015


    Lautoritratto-di-Lucian-Freud-480x532

    (Autoritratto, di Lucian Freud)

    §§§




     
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