prestito finalizzato

ahiaiaiaiai

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  1. uskebasi44
     
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    E' l'istituto in base al quale un finanziatore, spesso una banca, finanzia un consumatore. Il prestito rientra nella categoria dei contratti di credito infatti la c.d. "finanziaria" anticipa, o presta soldi, al consumatore per un fine specifico. A differenza del mutuo di scopo però i soldi non entrano minimamente nelle saccocce del consumatore ma la banca, finanziaria, li dà direttamente al venditore indicato dal consumatore. La banca quindi versa i soldi direttamente al venditore del prodotto o del servizio, in nome e per conto del consumatore il quale dovrà ovviamente pagare non più il venditore ma la banca. Il vantaggio è che poi alla banca si potrà pagare a rate o con qualche sgravio.
    Il punto è: che succede se il contratto con il venditore si risolve per una delle tre cause di risoluzione previste dal codice? Si dovrà continuare a pagare la banca? si dovranno riavere i soldi dal venditore e poi rimborsare la banca? Si risolverà anche il rapporto con la banca?

    Ecco un approccio di soluzione che ho provato a dare:

    1) separiamo astrattamente la finalizzazione del prestito. Infatti la finalizzazione si concretizza nel fatto che la banca non dà i soldi a me consumatore ma li versa direttamente al venditore. Questa operazione si inquadra nella fattispecie del mandato 1703 ss c.c.

    2) rimane il prestito. il prestito è una fattispecie che non è collegata all'uso che faccio del denaro prestatomi. Cioè, se anche con quei soldi stipulo un contratto radicalmente nullo in ogni caso il prestito è da ripagare alla banca.

    3) il denaro versato dalla banca al venditore è come se lo avessi versato io direttamente (infatti vige fra me e la banca finanziaria un contratto di mandato)

    Ergo - indipendentemente da specifiche pattuizioni con la banca in caso di eventuali fenomeni patologici col venditore - io avrei diritto a riavere i miei soldi dal venditore e poi rimborsare la banca (ipotesi forse più plausibile visto che è venuta meno la finalizzazione del prestito) oppure tenermi i soldi e farci quello che voglio e rimborsare il mutuo alla banca tramite le rate prestabilite (in questo caso il prestito finalizzato si trasformerebbe in prestito normale).

    Il problema che sorge è la definizione stessa di "finalizzazione" del prestito che crea, o potrebbe creare, una sorta di vincolo di quella somma di denaro che è entrata nella disponibilità del venditore e non potrebbe mai uscirne a causa della finalizzazione, si creerebbe uno stallo svantaggioso solo per il consumatore.
    Tuttavia il contratto stesso fra la banca finanziaria e il consumatore richiama espressamente il mandato e le relative norme del codice civile.
    A questo punto, per il principio in base al quale l'atto negoziale posto in essere prescinde dal nomen iuris che ne danno le parti e si identifica con la fattispecie effettivamente utilizzata dalle parti, la finalizzazione non rileverebbe e non dovrebbe essere di ostacolo a una ripetizione di quanto senza causa si sia arricchito il venditore.

    Ragionando a contrario e dando rilievo alla finalizzazione del prestito come ad una sorta di vincolo generale alle somme prestate, si creerebbe una fattispecie truffa che, sotto la bella apparenza di agevolare la spesa dei consumatori rischierebbe, in caso di patologie, di strozzarli.

    Vi chiedo innanzitutto che ne pensate di questa analisi dell'istituto fatta così un po' di fretta, e soprattutto se avete qualche esperienza, di condividerla e darmi qualche spiegazione su quali sono le mosse a disposizione del consumatore, in caso di risoluzione del contratto di base (non solo risoluzione per inadempimento ma anche in caso di qualsiasi altra patologia riconducibile al codice civile).
    Grazie
    ciao
     
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  2. uskebasi44
     
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    un chiarimento vorrei fare prima che qualcuno si addentri nella normativa del TUB. Questo testo unico (che non ho letto), come ne danno atto i frequenti contratti di credito stipulati dalla banche, prevede espressamente la risoluzione automatica del contratto di credito in caso di inadempimento del venditore/fornitore, ma solo in questo caso, ossia il caso più eclatante in cui il consumatore rischierebbe di trovarsi pregiudicato. Ovviamente una cosa del genere si doveva prevedere perché altrimenti la disciplina si prestava a facili abusi, e illeciti (il venditore/fornitore potrebbe prendere finanziamenti senza adempiere le sue obbligazioni). Ma invece, tutti i casi che invece il codice civile ha previsto a tutela delle parti come ad esempio la risoluzione per eccessiva onerosità sopravvenuta, la rescissione in caso di approfittamento dello stato di bisogno ecc che fine fanno? che fine fa il contratto di prestito finalizzato in questi casi?
    Su questa premessa si basa il post precedente.
     
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  3. uskebasi44
     
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    :-(
     
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  4. uskebasi44
     
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    Una sentenza del Tribunale di Pisa 20.10.2010 riguarda un caso analogo a quello prospettato. Purtroppo non sono in grado di rintracciare la fonte della rivista. Ho il file pdf ma non so se è legale linkarlo.
    Questa è la massima: "Nell'ipotesi di collegamento negoziale, la nullità del contratto preliminare di acquisto di una quota del diritto di usufrutto si di un bene comporta anche la nullità del contratto di finanziamento, mutuo di scopo, ad esso collegato, con il conseguente obbligo, per il venditore, di restituire all'acquirente la somma data in acconto insieme agli interessi maturati dal giorno della sua erogazione, e per il mutuante, di restituzione delle rate già corrisposte".

    il dispositivo della sentenza:

    P.Q.M.
    ...
    a) dichiara la nullità del contratto preliminare di acquisto stipulato (Omissis) per indeterminatezza dell'oggetto.
    b) dichiara, per l'effetto, la nullità del contratto collegato di concessione del mutuo.
    c) condanna la società (Omissis), mandataria-venditrice del diritto di usufrutto, alla restituzione dell'acconto pari a (Omissis) oltre agli interessi dalla ricezione della somma.



    Eccone un'altra: Cass. Civ., III sezione, 16 frbbraio 2010, n. 3589

    massima:

    "Nell'ipotesi di contratto di mutuo in cui sia previsto lo scopo del reimpiego della somma mutuata per l'acquisto di un determinato bene, il collegamento negoziale tra gli anzidetti contratti, per cui il mutuatario è obbligato all'utilizzazione della somma mutuata per la prevista acquisizione, comporta che della somma concessa in mutuo benefici il venditore del bene, con la conseguenza che la risoluzione della compravendita del bene, che importa il venire meno dello stesso scopo del contratto di mutuo, legittima il mutuante a richiedere la restituzione della stessa somma mutuata non al mandatario, ma direttamente ed esclusivamente al venditore ( S.U. 474/1994)"
     
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