Cessione di ramo di azienda

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  1. seppietta
     
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    Cessione di ramo di azienda
    Irrilevante la volontà del lavoratore “ceduto” La Cassazione conferma il proprio orientamento che offre una lettura rigorosa dell'art. 2112 c.c. interpretato alla luce della lettera e della ratio della direttiva in materia, nonché della giurisprudenza della Corte di giustizia. L’argomento in parola riguarda la fattispecie del trasferimento d'azienda in ordine al quale sia il Legislatore nazionale che comunitario si sono da sempre preoccupati di garantire ai lavoratori - assicurando la continuità dell'inerenza del rapporto di lavoro all'azienda, o alla parte di essa, trasferita ed esistente al momento del trasferimento - la conservazione dei diritti in caso di mutamento dell'imprenditore.

    Ne consegue che per 'ramo d'azienda', come tale suscettibile di autonomo trasferimento riconducibile alla disciplina dettata per la cessione di azienda, deve intendersi ogni entità economica organizzata in maniera stabile la quale, in occasione del trasferimento, conservi la sua identità e consenta l'esercizio di una attività economica finalizzata al perseguimento di uno specifico obbiettivo, il cui accertamento presuppone la valutazione complessiva di una pluralità di elementi, tra loro in rapporto di interdipendenza in relazione al tipo di impresa. Detti elementi consistono nell'eventuale trasferimento di elementi materiali o immateriali e del loro valore, nell'avvenuta riassunzione in fatto della maggior parte del personale da parte della nuova impresa, dell'eventuale trasferimento della clientela, nonché del grado di analogia tra le attività esercitate prima o dopo la cessione, in ciò differenziandosi dalla cessione del contratto ex art. 1406 cod. civ. che attiene alla vicenda circolatoria del solo contratto, comportando la sola sostituzione di uno dei soggetti contraenti e necessitando, per la sua efficacia, del consenso del lavoratore ceduto.

    A cura della Redazione

    (Sentenza Cassazione civile 14/11/2011, n. 23808)
     
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  2. matusalemme
     
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    Poichè son saputello ( e rompianime ) , aggiungerei le seguenti due notazioni :

    1. che la normativa in materia ( art. 2112 cod. civ. ) si applica in qualsiasi ipotesi di trasferimento da un soggetto ad un altro , ivi compreso , ad es. , l'affitto di ramo d'azienda , l'usufrutto , l'uso , il comodato , etc., e ciò sia in andata che in ritorno ; e

    2. che , nella variegata realtà di tutti i giorni , non è sempre agevole distinguere la fattispecie della cessione del ramo d'azienda dalla cessione di singoli beni ( cui ricorrono , ad es. , gli avvocati e i consulenti furbi per evitare il disposto imperativo dell'art. 2112 cod. civ. ) , oppure quando - al contrario ed in relazione ad opposte esigenze - i medesimi "creano" in maniera fittizia il ramo d'azienda per imporre ai lavoratori comunque il trasferimento ex art. 2112 cod. civ. senza passare attraverso l'obbligatorio consenso di questi ultimi ex art. 1406 cod. civ.

    Edited by matusalemme - 30/1/2012, 05:32
     
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  3. seppietta
     
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    Cessione del ramo d’azienda: necessari i requisiti di preesistenza e autonomia
    Tribunale Ravenna, sentenza 22.01.2013 (Giuseppina Mattiello)



    La sentenza 22 gennaio 2013 del Tribunale di Ravenna, che si caratterizza per la linearità argomentativa, riguarda l’illegittimità della cessione del ramo azienda avvenuta fra una nota società petrolifera ed una c.d. new.co. costituita ad hoc.

    In particolare, i ricorrenti, ex dipendenti della società cedente, sostenevano che il ramo ceduto mancasse dei requisiti di preesistenza e di autonomia richiesti dall’art. 2112 c.c.

    Innanzitutto, occorre premettere sull’interesse ad agire che, con la cessione, i ricorrenti sono passati da una società multinazionale, a partecipazione pubblica, con circa trentamila dipendenti, ad una impresa di circa 40 dipendenti; il che influisce concretamente sulle prospettive di stabilità occupazionale e le opportunità relative alla flessibilità ed alla crescita professionale dei lavoratori.

    Ad avviso del giudice, il primo essenziale connotato del ramo d’azienda sta nella sua autonomia organizzativa e funzionale. Inoltre, nonostante la nuova formulazione dell’art. 2112 c.c. non contempli l’elemento della preesistenza del ramo d’azienda, non si può escludere lo stesso requisito dal corpo della fattispecie, anche alla luce della normativa europea in materia. Pertanto, presupposto della cessione del ramo d’azienda è una preesistente realtà produttiva autonoma e funzionalmente esistente.

    Secondo il Tribunale di Ravenna “la presenza dei requisiti previsti dalla norma mira a scongiurare un pericolo anche solo potenziale di elusione della ratio legis; la legge vuole infatti evitare che possano configurarsi progetti di esternalizzazione (astrattamente anche solidi, dal punto di vista imprenditoriale) senza il concreto concorso dei due requisiti; la cui carenza determina di per sé l’illiceità dell’operazione, senza che possa contare né se il cessionario sia più solido del cedente; né se l’attività sia continuata (e per quanto tempo sia continuata): anche perché, sotto questo ultimo aspetto, non conta soltanto se sia continuata la stessa precedente attività; ma conta anche (e soprattutto) come sia continuata”.

    Nel caso in esame, il ramo ceduto è stato costituito a ridosso della cessione e non esisteva prima come tale, ma è stato individuato solo in vista della cessione: in effetti, prima esistevano effettivamente ed oggettivamente i singoli beni ed (in parte) i lavoratori e le attività ad essi inerenti; ma la scelta di estrapolare ed aggregare alcune entità produttive all’interno di una nuova minore unità – asseritamente autonoma - è avvenuta, incontestabilmente, solo poco prima ed in vista della cessione.

    Per quanto riguarda il requisito dell’autonomia, il giudice di prime cure precisa che essa significa autonomia nel funzionamento e nell’organizzazione: il ramo ceduto non può, pertanto, dipendere per la funzione e per l’organizzazione dal cedente; mentre può dipendere da terzi nei limiti del rispetto dell’identità precedente (in quanto cioè lo fosse anche presso il cedente).

    Nel caso in esame risulta invece che il ramo ceduto non avesse le potenzialità autonome per effettuare, addirittura, due delle tre attività (esplorazione, sviluppo e produzione/coltivazione) di cui si componeva la sua mission. Rispetto ad esse, infatti, il ramo dipende totalmente dalla cedente ovvero da un contratto di servizio, “necessario per dare continuità all’attività aziendale”.

    I servizi oggetto del contratto, in effetti, costituivano due delle tre essenziali attività esercitate da un’impresa petrolifera.

    Si può, pertanto, concludere che la cedente, antecedentemente alla cessione, svolgesse le stesse attività in prima persona anche per le strutture produttive ( pozzi, stabilimenti ecc.) oggetto del ramo ceduto; e dopo la cessione ha continuato a svolgerle in forza di un contratto di servizi.

    Ad avviso del giudice “Va quindi concluso in termini più generali che l’art. 2112 c.c. non consente di cedere mere attività che debbano essere continuate dal cessionario esclusivamente col ricorso ai servizi del cedente; neppure nell’ipotesi in cui i medesimi servizi siano resi da terzi attivabili dal cedente attraverso subappalto; perché in entrambi i casi manca l’autonomia funzionale e organizzativa del cessionario. Diverso sarebbe nell’ipotesi in cui (nel caso di servizi resi da terzi) si trasferisca al cessionario il potere e la capacità tecnica di attivare da sé il medesimo servizio reso da un terzo”.

    Infine, osserva il giudice, la cessionaria, anche per incombenze attinenti all’amministrazione del personale quali autorizzazioni alle ferie, agli straordinari, alle trasferte, ha dovuto fare ricorso al direttore del personale di Eni.

    In conclusione, non ricorrendo gli estremi costitutivi della cessione di ramo d’azienda ex art. 2112 c.c., il giudice ha dichiarato l’illegittimità del passaggio dei ricorrenti alle dipendenze del ramo ceduto e la persistente attualità del contratto di lavoro nei confronti della cedente, condannata ad assegnare ai ricorrenti le precedenti mansioni svolte oppure altre mansioni equivalenti, ai sensi dell’art. 2103 c.c.

    (Altalex, 4 marzo 2013. Nota di Giuseppina Mattiello)
     
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2 replies since 29/1/2012, 19:53   350 views
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