Arbitrato societario

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    Arbitrato societario
    Arbitri designati dalle parti, e' legittima la clausola compromissoria in un patto parasociale?di Ivan Libero Nocera Valida la clausola che non demandi la nomina di tutti gli arbitri ad un soggetto estraneo, infatti l'art. 34, comma 2, D.Lgs. n. 5/2003 e' applicabile alle sole clausole compromissorie contenute negli statuti.

    È opportuno concentrare l’attenzione sull’art. 34 del D.Lgs. n. 5/2003, che regolamenta l’arbitrato societario derivante dall’inserimento di una clausola compromissoria negli atti costitutivi di società, e assolve alla funzione di risolvere le controversie che possono sorgere dall’atto costitutivo, e decidere alcune o tutte le liti che nascono tra i soci ovvero tutte le controversie tra i soci e la società aventi ad oggetto diritti disponibili relativi al rapporto sociale.

    Questa norma per le sole clausole compromissorie statutarie, prescrive che gli arbitri siano designati da un soggetto estraneo alla società.

    L’applicazione della suddetta norma deve essere estesa anche alle controversie che sorgono dallo statuto, visto che tale atto è in concreto compenetrato con l’atto costitutivo, essendone parte integrante secondo l’art. 2328, ultimo comma, c.c.. Benché infatti la norma individui “gli atti costitutivi” quale luogo dove apporre la clausola compromissoria, bisogna considerare ammissibile che la stessa si apponga negli statuti.

    Secondo il comma 6 dell’articolo 34, “le modifiche dell’atto costitutivo, introduttive o soppressive di clausole compromissorie, devono essere approvate dai soci che rappresentino almeno i due terzi del capitale sociale. I soci assenti o dissenzienti possono, entro i successivi novanta giorni, esercitare il diritto di recesso”.

    Restano dunque esclusi dal perimetro dell’art. 34 le società di cui all’articolo 2325-bis c.c., con azioni quotate in mercati regolamentati ovvero diffuse tra il pubblico in maniera rilevante. Inoltre sotto il profilo oggettivo, non si può ampliare l’applicazione dell’art. 34, D.Lgs. n. 5/2003 considerandola automaticamente comprendente le liti relative ai patti parasociali, vista la lettera della norma.

    Bisogna dunque chiedersi se l’eventuale clausola compromissoria inserita nello statuto relativa a tutte le liti che sorgono dal rapporto sociale, possa annoverare anche le controversie derivanti da un patto parasociale riguardante quella società e sprovvisto di clausola compromissoria.

    Solitamente i patti hanno ad oggetto diritti relativi al rapporto sociale coinvolti unicamente in via indiretta. Di conseguenza apparirebbe dissonante avvalersi della clausola compromissoria inclusa nello statuto al fine di risolvere le controversie che sorgono dai patti, anche perché è ben possibile che i contraenti del sindacato non appartengano alla compagine sociale. Del resto tutte le liti sorti per effetto dell’inadempimento ad un patto parasociale non concernono immediatamente il rapporto sociale ma il patto medesimo non potendosi dunque risolvere per mezzo della clausola compromissoria statutaria.

    Tuttavia, considerando l’ampia autonomia privata riconosciuta in ambito arbitrale, la convenzione arbitrale inserita in un patto parasociale può fare rinvio alle singole previsioni degli artt. 34 ss. D.Lgs. n. 5/2003, benché non possono essere estese le norme dove la società è parte del giudizio o quelle dove è previsto l’intervento coatto dei soci.

    Lo stesso art. 34 contempla al comma 2 che la clausola compromissoria debba stabilire il numero e le modalità di nomina degli arbitri, conferendo a pena di nullità il potere di nomina di tutti gli arbitri a soggetto terzo alla società.

    È opportuno infine ricordare come non sia ammessa l’utilizzazione dell’arbitrato di diritto comune, basti solo rilevare che questa soluzione deriva direttamente dal tenore dell’art. 34, comma 2, D.Lgs. n. 5/2003 secondo il quale è invalida la clausola compromissoria statutaria, che non devolve il potere di nomina di tutti gli arbitri ad un soggetto estraneo alla società.

    Infatti la previsione della suddetta clausola regolamentata dall’art. 34 d.lgs. n. 5/2003 entra in connessione con l’art. 28 della legge n. 89/1913 che vieta al notaio di ricevere o autenticare atti esplicitamente proibiti dalla legge o manifestamente contrari al buon costume o all’ordine pubblico.

    Si osserva come la legge miri chiaramente ad attribuire il potere di nominare gli arbitri solo ed esclusivamente a soggetti estranei alla compagine sociale, al palese scopo da salvaguardare il principio di ordine pubblico della imparzialità e dell’indipendenza della decisione per tramite dell’indipendenza e imparzialità di chi ha designato l’arbitro.

    Risulta dunque palese come solo le norme relative alla nomina dell’intero collegio arbitrale da parte di un estraneo alla società risultino inderogabili. In merito non è possibile evocare l’art. 35, D.Lgs. n. 5/2003 il quale prevede sì una disciplina inderogabile del procedimento che tuttavia trova applicazione ex lege indipendentemente dalla formale apposizione da parte dei contraenti.

     
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