§ Negozio di accertamento §

« Older   Newer »
 
  Share  
.
  1. max112
     
    .

    User deleted


    Negozio di accertamento (Il). (FRUTTO DEL MIO STUDIO)

    Riferimenti bibliografici:

    DIENER, Il contratto in generale, collana: Manuale e applicazioni pratiche dalle lezioni di Guido Capozzi, Milano, Giuffrè - che reputo insuperabile. Un testo che insegna a scrivere in modo linerare ed efficace in materia giuridica);

    CHINE'-ZOPPINI, Manuale di diritto civile, neldiritto.it (ottimo testo, ma sul negozio di accertamento lo trovo troppo farraginoso e teorico).

    §


    Premessa.
    Nell'ordinamento giuridico italiano non è rinvenibile una nozione di negozio o contratto di accertamento e ciò a differenza di quanto accade negli ordinamenti di altri paesi, come ad esempio la Germania, dove, il BGB par.779, dà una definizione del negozio di accertamento distinguendolo dalla transazione. Proprio una tale lacuna legis ha fatto sì che la giurisprudenza e la dottrina nazionali provvedessero ad elaborarne una definizione e ciò per valutarne l'ammissibilità ed eventualmente carpirne il distinguo con la transazione (anche se non sono mancate altre questioni di peculiare rilevanza pratica con riguardo all'oggetto, alla causa, agli effetti, al regime giuridico e quant'altro rilevi in riferimento ad un contratto atipico).

    Definizione. In particolare, il negozio de quo è definito come l'atto con il quale le parti sanciscono l'esistenza o l'inesistenza di una situazione giuridica soggettiva o di un rapporto giuridico, delimitandone con esattezza il contenuto, i limiti e le caratteristiche, eliminandone lo stato d'incertezza sulla sua effettiva sussistenza e consistenza e fissandone definitivamente l'ambito e gli effetti.

    1^ QUESTIONE:L'ammissibilità.

    In ordine all'ammissibilità di tale fattispecie negoziale in dottrina ed in giurisprudenza si sono registrate posizioni contrapposte.

    TESI NEGATRICE. Una prima impostazione, quella tradizionale, ha negato che il negozio di accertamento avesse cittadinanza giuridica nel nostro ordinamento.

    ARGOMENTI PRO:

    1) i privati non hanno un potere di accertare, ma solo di disporre delle situazioni e dei diritti, perché il 1321 cc adotta l'espressione "creare, regolare, estinguere", ovvero tutte azioni che incidono sul patrimonio giuridico, ed, inoltre, il potere di accertamento appartiene al giudice in via esclusiva, essendo eccezionali le ipotesi di giurisdizione (e dunque di accertamento del diritto) privata.
    2) Con il negozio di accertamento, qualora fosse ammesso, le parti sostituirebbero una situazione certa ad una incerta, ma, così operando, non farebbero altro che disporre dei diritti, poiché i loro rapporti sarebbero regolati alla luce della nuova situazione creata aniziché da quella sostituita ed estinta, analogamente a quanto avviene per la novazione.
    3)La legge quando consente accertamenti dei privati prevede meri atti e non negozi giuridici (es riconoscimento di enfiteusi, del figlio naturale, del debito, confessione giudiziale e stragiudiziale ecc);

    TESI AMMISSIVA.

    Una seconda tesi, ormai prevalente, ritiene che il negozio de quo sia ammissibile.

    In senso contrario alla tesi precedente si osserva:
    a-b) Si valorizzano il 1321 ed il 1322cc. Riguardo al primo, il termine "regolare" deve essere letto estensivamente, tale da ricomprendere anche la funzione di accertamento. In sostanza con il negozio le parti elaborerebbero delle norme, autoregolando così i loro interessi, tali da fornire certezza giurdica ad una situzione giuridica od ad un rapporto giurico. Riguardo al secondo, è da evidenziare che la parti possono stipulare negozi e contratti atipici che perseguano interessi meritevoli di tutela ed è indubbio che tale meritevolezza vada riscontrata nella certezza perseguita.
    c)Il negzio di accertamento sarebbe un'ipotesi di autotutela privata lecita e preventiva (ma su questo argomento non tutti concordano), a cui i privati ricorrerebbero per eliminare un'incertezza fonte di eventuali liti.
    ci)il negozio di accertamento è molto diverso da quello novativo, poiché non produce l'effetto estintivo costitutivo della situazione giuridica e dunque non incide sull'an, quanto piuttosto sui caratteri della stessa e cioè sul quomodo.

    Conclusione: il negozio di accertamento è ammissibile.

    A questo punto occorre esaminarne i REQUISITI.

    2^ QUESTIONE: Cos'è e come va intesa l'incertezza della situazione o del rapporto? Quali sono le modalità di accertamento dell'incertezza?

    E' il presupposto del negozio -> una situazione di incertezza (res dubia) relativa ad un rapporto giuridico preesistente. Si ritiene che tale incertezza debba essere oggettiva e non meramente soggettiva. A mio giudizio però può trattarsi anche di un'incertezza soggettiva, ma "oggettivata" perché comune alle parti.
    Quanto alle modalità di accertamento, queste possono articolarsi nel modo più vario: congiunto (di ambo le parti); unilaterale (se rimesso ad una parte); rimesso ad un terzo (ma in questo caso i confini con l'arbitraggio si assottigliano).

    3^ QUESTIONE: Chi sono i soggetti legittimati al negozio? E' ammesso l'accertamento unilaterale?
    E'evidente in primo luogo che debbano essere tutti i soggetti muniti della capacità d'agire ed in particolare della capacità negoziale ed in secondo luogo deve trattarsi dei soggetti coinvolti nell'incertezza che connota la situazione o il rapporto preesistente (non solo le parti, ma anche eredi ed aventi causa). E' discussa l'ammissibilità del negozio di accertamento unilaterale (è preliminare il problema della definizione di unilateralità-soggettiva o oggettiva-codice 1865 e artt.1324 e 1333cc):

    a) Orientamento negativo -> se l’accertamento fosse posto unilateralmente si ricadrebbe nella confessione stragiudiziale (se relativa ad un fatto), o alla ricognizione di debito (se relativa ad un rapporto).
    b) Orientamento (preferibile) positivo -> è possibile, e non contrario ad alcun principio esistente, che un soggetto decida di vincolarsi, unilateralmente, ad “interpretare” in uno specifico e determinato modo una situazione di incertezza. Al riguardo si richiama il combinato disposto degli artt.1322; 1324; 1333 cc. E' da chiedersi se possa configurarsi il rifiuto dell'oblato (analogamente al meccanismo del 1333). La risposta è negativa per coloro che sostengono la tesi del mero accertamento (v.dopo) ed è invece positiva per quelli che sostengono la tesi dell'accetamento costitutivo (v.dopo)

    4^ QUESTIONE: è un negozio astratto o causale? Qual'è la causa? Quali gli effetti?

    a) Tesi del negozio astratto -> il negozio di accertamento avrebbe, esclusivamente, valore di prova legale, essendo produttivo di effetti anche ove si dimostrasse che la situazione pregressa fosse inesistente.
    b) Tesi (preferibile) del negozio causale -> Fa leva sul principio di necessaria causalità e si critica la precedente tesi laddove configura un'astrazione sostanziale (mentre, nel nostro ordinamento è ammessa solo l'astrazione processuale). Si dice che il negozio ha funzione di accertamento (causa atipica, ma meritevole di tutela ex art. 1322.2 c.c.). Nullo, quindi, per mancanza di causa il negozio che accerti una situazione preesistente fittizia. Si dice altresì che il negozio ha anche un funzione di autotutela preventiva, poiché le parti evitano di andare dal giudice per ottenere l'annullamento (tuttavia, a mio giudizio manca la finalità di prevenire la lite).
    Nell'ambito di questa seconda teoria si registrano due diverse posizioni in relazione all'efficacia del negozio di accertamento.
    a) Tesi accertamento costitutivo(preferibile):oltre ad accertare un rapporto preesistente, le parti si vincolano all'interpretazione che hanno dato. Questa tesi giustifica negozio di accertamento unilaterale in relazione al 1333 cc.
    b) tesi mero accertamento:si dice che l'effetto obbligatorio è indiretto, perché viene in rilievo solo nel caso di sua violazione.

    5^QUESTIONE: qual'è l'oggetto? Quali i limiti? E' ammesso l'accertamento negativo?

    In dottrina si afferma che il negozio di accertamento è nullo se riguarda diritti non disponibili. Nonostante parte della dottrina limiti l’accertamento negoziale ai soli rapporti giuridici, si ritiene preferibile l’orientamento che ritiene che la fattispecie in esame può vertere anche su fatti (stante la difficoltà pratica di demarcare nettamente rapporto e fatto).
    Ex art.1321 e 1322 ed in analogia alle ipotesi di sentenze di accertamento negativo è ammissibile il negozio di accertamnto negativo.

    6^QUESTIONE: è ammesso l'accertamento dei diritti reali? E la trascrivibilità?

    Atto di riconoscimento dei diritti reali -> È da premettere che, in materia di diritti reali, sono previste specifiche ipotesi ( es. enfiteusi -> art. 969.1 c.c.), a differenza delle obbligazioni, in cui l’art. 1988 c.c. (ricognizione di debito) è norma di carattere generale. Si tratta, tuttavia, di norme che presuppongono l’esistenza di un valido titolo costitutivo, a differenza di quanto è, invece, prescritto dall’art. 1988 c.c. (la ricognizione del debito fa presumere l’esistenza del rapporto obbligatorio, anche in mancanza di titolo). Nonostante un orientamento (minoritario) ammetta l’atto di riconoscimento di diritti reali (argomentando dal fatto che non vi sarebbero ostacoli ad una interpretazione analogica dell’art. 1988 c.c.), è assolutamente predominante l’orientamento negativo. Tale orientamento argomenta, e dalla mancanza di un supporto normativo, e dal fatto che, altrimenti, si finirebbe con l’ammettere l’esistenza di un titolo astratto produttivo di effetti reali (cosa non possibile vigendo il principio della causalità necessaria).

    Trascrizione -> l’orientamento predominante (e preferibile) ritiene il negozio di accertamento non sia suscettibile di trascrizione trattandosi di negozio dichiarativo e non costitutivo o modificativo. In particolare si richiama il 2644 cc e il 2643 n.13 (argumentum a contrario: il testo letterale dell'articolo non prevede sentenze dichiarative). Tuttavia, vi è una tesi che sostiene la trascrivibilità, facendo leva su di una interpretazione sistematica (art.2672 cc, che richiama leggi speciali e quindi art.18 lett.b) TU tasse ipotecarie, che prevedeva obbligo del notaio di trascrivere atti dichiarativi). Altri (Gazzoni) fanno leva sul 2655 cc, laddove si riferisce alle convenzioni.

    7^QUESTIONE: Qual è la forma?

    Il negozio di accertamento interviene su di un quid preesistente ed è per questo che autorevole dottrina (Betti), lo ha definito negozio di secondo grado, anche se per la verità mi sembra che l'espressione non sia propriamente tecnica. In effetti, è noto che si ha negozio di secondo grado solo se questo interviene sun un negozio od un rapporto preesistente (es revoca o recesso), ma non nel caso in cui incide su di una situazione preesistente, poiché in tal caso tutti i negozi sarebbero di secondo grado.

    Nel caso in cui il negozio di accertamento possa essere qualificato come negozio di 2° in senso tecnico occorre stabilire se esso rimanga assoggettato alla regola della libertà delle forme, potendo così la dichairazione avere qualsiasi veste giuridica, o se non debba rispettare piuttosto quella della simmetria delle forme, dovendo in tal modo determinare la forma per relationem dal negozio originario. La questione ripercorre il dibattito sui negozi di secondo grado, ma a mio avviso è innegabile che l'efficacia preclusiva del negozio di accertamento implichi anche la necessità di una forma ad probationem. In sostanza si tratta di applicare la teoria della forma minima sufficiente, secondo cui il negzio debba avere quel minimo di forma utile a che il negozio possa realizzare la sua causa e dunque produrre i propri effetti.

    8^ QUESTIONE: figure affini.

    a) Transazione -> è negozio profondamente differente. Presupposto della transazione è una lite potenziale o insorta, mentre presupposto del negozio di accertamento è una situazione di incertezza (res dubia e res litigiosa, come dice qualcuno la prima può essere fonte della seconda). La transazione si contraddistingue per le reciproche concessioni (è quindi negozio dispositivo di scambio e non dichairativo), assolutamente incompatibili con il negozio di accertamento. Mentre si ammette un negozio di accertamento unilaterale, la transazione non può che essere bi o plurilaterale. La transazione ha effetti costitutivi, il negozio di accertamento di reolazione del rapporto (secondo alcuni anche costitutivi).Si ritiene, tuttavia, che una transazione nulla possa convertirsi in un negozio di accertamento ove ne ricorrano i presupposti (v.art. 1424cc).
    b) Confessione giudiziale/stragiudiziale -> si ritiene la confessione sia figura non negoziale (come pure qualcuno ha sostenuto), cioè dichiarazione di scienza enunciativa di verità (gli effetti sono, infatti, nella confessione giudiziale determinati dalla legge; la confessione stragiudiziale non è vincolante se fatta in testamento essendo liberamente apprezzabile dal giudice). È, quindi, evidente la diversità dal negozio di accertamento che è figura negoziale. Tra l'altro sarebbe diverso pure l'oggetto, cioè fatti e non situazioni o rapporti.
    c) Riconoscimento del figlio naturale -> non è negozio di accertamento potendo, quest’ultimo, operare solo in merito a rapporti patrimoniali disponibili. Tra l'altro anche la struttura è diversa in quanto il primo è mero atto (dal riconoscimento deriva ipso iure l'acquisto della status di figlio naturale e della correlativa potestà genitoriale).
    d) Divisione -> non è negozio di accertamento, non essendo basata su alcuna situazione di incertezza (i condividenti conoscono bene quali sono le quote).
    e) Arbitrato rituale/irrituale -> entrambi non sono negozi di accertamento. Nel primo gli arbitri, designati dalle parti, svolgono una funzione processuale attinta dalla legge; nel secondo emettono una decisione che assume valore contrattuale. Entrambi perseguono scopo vicini alla transazione.
    f) Riconoscimento del debito -> mentre il riconoscimento del debito non ha efficacia preclusiva e dà vita solo ad inversione dell'onere della prova (cd astrazione processuale), il negozio di accertamento rende immutabile una situazione precedentemente incerta e non comporta, di regola, astrazione processuale.
    g) Rettifica -> la rettifica dell’errore di calcolo (art. 1430 c.c.) e la rettifica del contratto viziato da errore motivo (art. 1432 c.c.), comportano una modifica della situazione precedente. La rettifica degli atti notarili, pur lasciando immutata la situazione pregressa, è atto giuridico in senso stretto. In definitiva, in nessun caso sono ravvisabili gli elementi che contraddistinguono il negozio di accertamento.
    h) Qual'è la differenza con la sentenza? Natura del provvedimento (privata- pubblica); efficacia preclusiva della sentenza e del giudicato, organo terzo imparziale.

    i) Quale la differenza con la perizia contrattuale? Qui si rimette ad un terzo una valutazione tecnica. Non c'è incertezza, ma ignoranza nell'applicazione delle norme tecniche, che le parti possono decidere anche di non seguire. Inoltre, sarebbe dichiarazione di scienza.

    l) Quale la differenza con l'arbitraggio? L'ipotesi è quella del 1349 cc, in cui il compito del terzo è quello di delineare il contenuto del regolamento e dell'oggetto del contratto sulla base delle indicazioni delle parti. Il terzo potrebbe determinare il contenuto, procedendo ad un'attività di accertamento.

    m) Quale la differenza con la ripetizione,la ricognizione e la rinnovazione negoziale?

    Nelle tre ipotesi manca incertezza della situzione o del rapporto, dovendo procedere a formare solo una mera prova documentale. L'ultima ipotesi è analoga a novazione solo che riguarda il negozio.

    n) Quale la differenza con l'interpretazione autentica delle clausole contrattuali?

    Qui l'affinità effetivamente c'è e la qualificazione è dubbia.

    9^ QUESTIONE: CASISTICA.

    Ricognizione di servitù- ricondotta al 2720 cc e non al negozio di accertamento (c'è Cass. dal 1969!!!)

    Le tabelle millesimali sono state qualificate dalla giurisprudenza come aventi natura contrattuale e specificamente quella di negozio di accertamento (Cass. n. 1307 del 20 maggio 1966 e n. 1057 del 9 febbraio 1985). In quanto negozio di accertamento, pertanto, le tabelle medesime hanno natura esclusivamente dichiarativa e si limitano, di conseguenza, a rappresentare una situazione che è preesistente (cioè il rapporto di valore tra la singola proprietà e l'intero). Le tabelle millesimali, in pratica, sarebbero costituite dall'incontro delle dichiarazioni dei condomini aventi a oggetto il riconoscimento di una situazione di fatto preesistente alle dichiarazioni stesse (costituita, cioè, dal rapporto tra le proprietà esclusive e l'intero edificio, rapporto che viene a esistenza con la nascita stessa del condominio) e rappresentata dall'elenco dei rapporti di valore. La dottrina, in verità, ha posto alcune obiezioni alla sopra descritta ricostruzione della fattispecie operata dalla giurisprudenza, ma, in questa sede, può essere sufficiente dar conto di come dette critiche, seppur fondate, non siano state in grado di determinare effetti di rilievo riguardo alla disciplina applicabile al fenomeno;
    “L'incertezza sul confine tra due fondi può essere eliminata anche mediante un negozio di accertamento "per facta concludentia", come nel caso in cui i proprietari dei fondi limitrofi erigano, d'accordo tra loro, una rete metallica per delimitarli”.
    Cassazione civile , sez. II, 21 febbraio 2008, n. 4437 Confalonieri e altro c. Brivio e altro Giust. civ. Mass. 2008, 2

    Detto negozio è a forma libera.
    “Il regolamento amichevole della linea di confine tra due fondi realizza un negozio d'accertamento libero da forme ed indiscutibile e non richiede la forma scritta "ad substantiam". (Nella specie l'amichevole regolamento è stato desunto dal posizionamento del muro divisorio comune)”;
    Cassazione civile , sez. II, 03 maggio 2001, n. 6189 Primo e altro c. Bosoni e altro Giust. civ. Mass. 2001, 917;

    Corte di cassazione, sezione seconda civile, n. 7640 del 30 marzo 2009, si pronuncia a seguito di una controversia avente ad oggetto la determinazione dei confini tra due fondi e l’individuazione del contenuto del diritto di servitù di transito posto a favore di uno dei due, la suprema corte nega che possa essere definito negozio di accertamento l’accordo con cui la parti decidono di addivenire alla ricostruzione del muro così come si trovava prima. Tuttavia, nella fattispecie concreta secondo la Corte di Cassazione non vi sono gli estremi per ritenere esistente un negozio di accertamento, perché le parti non hanno ricostruito il muro al fine di risolvere il contrasto sui confini tra due fondi, ma soltanto per sostituire il muro che era stato distrutto: manca, quindi, la volontà di dare certezza ad un situazione pregressa.


    §§§



    Edited by Salatiele - 24/2/2014, 20:04
     
    .
  2.  
    .
    Avatar

    Amministratore

    Group
    Administrator
    Posts
    1,397
    Location
    Saranno Giuristi

    Status
    Anonymous

    §§§

    Cassazione civile, sez. II, 20 ottobre 2014, n. 22183



    "Nel negozio di accertamento*, il quale persegue la funzione di eliminare l'incertezza di una situazione giuridica preesistente, la nullità per mancanza di causa è ipotizzabile solo quando le parti, per errore o volutamente, abbiano accertato una situazione inesistente, oppure quando la situazione esisteva, ma era certa”.

    “Con riguardo ad una scrittura privata avente ad oggetto il riconoscimento di una determinata intestazione di proprietà immobiliare, la mancanza di effetti traslativi, e la circostanza che il documento non contenga un'espressa indicazione dei rapporti che l'hanno preceduta, non sono ragioni di per sè sufficienti per affermare la nullità ed inoperatività della scrittura medesima, per difetto di causa, rendendosi necessaria un'indagine sui possibili suoi collegamenti con negozi precedenti intercorsi fra le stesse parti, al fine di stabilire se ricorra l'indicata funzione, e se, quindi, sia configurabile un negozio di accertamento rivolto a rendere definitiva e vincolante una precedente situazione incerta”.


    (§ Sal. §)

    §

    Cassazione civile, sez. II, 20 ottobre 2014, n. 22183


    LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
    SEZIONE SECONDA CIVILE



    Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

    Dott. TRIOLA Roberto Michele - Presidente -
    Dott. NUZZO Laurenza - Consigliere -
    Dott. PETITTI Stefano - Consigliere -
    Dott. MANNA Felice - Consigliere -
    Dott. PICARONI Elisa - rel. Consigliere -

    ha pronunciato la seguente:

    sentenza



    (...omissis...)



    Ritenuto in fatto



    1. - E' impugnata la sentenza della Corte d'appello di Brescia, depositata il 27 febbraio 2007, che, in riforma della sentenza del Tribunale di Brescia, ha dichiarato che Av.Gi. è proprietaria esclusiva dell'immobile sito nel Comune di (OMISSIS), contraddistinto al NCEU partita n. 444. Fg. 36, mapp. 981, ed ha condannato A.E., A.G. e C.A. al rilascio in favore di Av.Gi. il suddetto immobile, nonchè al risarcimento del danno da liquidarsi in separato giudizio, e al pagamento delle spese di lite.

    1.1- - Nel 1992 Av.Gi. aveva agito nei confronti di A.E. e G. e di C.A., assumendo che i convenuti occupavano senza titolo l'immobile identificato come sopra, costituito da un ripostiglio con giardinetto pertinenziale, e ne aveva chiesto il rilascio.

    L'attrice aveva dedotto che in data 28 maggio 1977 insieme al fratello E. aveva chiesto la pubblicazione del testamento olografo della madre, Z.G., deceduta il 3 luglio 1969; che nella disposizione testamentaria, priva di data e di sottoscrizione, era previsto il lascito "del campo di sopra con casa più grande" al figlio, e di "quella più piccola e campo sotto" alla figlia; che dopo la lettura del testamento i fratelli A. avevano dichiarato di fare acquiescenza alle deposizioni testamentarie, le avevano confermato ai sensi dell'art. 590 cod. civ., ed avevano identificato catastalmente la "casa più piccola" nell'unità immobiliare censita alla partita n. 444 del NCEU, fg. 36, mapp. 981.

    1.2. - A.E. aveva contestato la domanda, deducendo che in realtà "il campo di sopra con casa più grande", indicato dalla de cuius, comprendeva anche il mappale n. 981, ed aveva eccepito di avere in ogni caso acquistato la proprietà dell'immobile per usucapione.

    A.G. aveva eccepito di essere carente di legittimazione passiva, non essendo proprietario di alcunché

    C.A. era rimasta contumace.

    1-3. - Il Tribunale aveva respinto la domanda dell'attrice, e dichiarato che l'immobile era di proprietà esclusiva di A. E., essendogli pervenuto iure successionis, ed aveva compensato le spese di lite.

    Proponeva appello Av.Gi., resistevano A. E. e G. e C.A..

    2. - La Corte d'appello accoglieva il gravame, osservando quanto segue: a) il titolo traslativo della proprietà in capo ai fratelli A. era costituito dal testamento olografo della madre, che essi avevano confermato ai sensi dell'art. 590 cod. civ.; b) i fratelli A. avevano anche proceduto ad individuare i beni corrispondenti alle espressioni utilizzate dalla de cuius, ponendo in essere un negozio di accertamento, che aveva eliminato le incertezze sulla situazione giuridica derivante dal testamento; c) la domanda di accertamento dell'usucapione dell'immobile, reiterata in appello da A.E. era infondata in quanto erano decorsi venti anni dalla data del negozio di accertamento - che aveva riconosciuto la proprietà del mappale 981 in capo a Av.Gi. - a quella della notifica dell'atto di citazione; d) il gravame doveva essere accolto anche nei confronti di A.G. e C.A. i quali non avevano contestato di aver occupato l'immobile e non avevano addotto giustificazioni di tale comportamento.

    3. - Per la cassazione della sentenza d'appello hanno proposto ricorso A.E., A.G. e C.A., sulla base di tre motivi.

    Resiste con controricorso Av.Gi..


    Considerato in diritto



    1. - Il ricorso è infondato.

    1.1. - Con il primo motivo è dedotto vizio di motivazione nonché falsa applicazione dell'art. 1326 cod. civ..

    1.2. Si contesta l'affermazione secondo cui i fratelli A. avevano posto in essere un negozio di accertamento al fine di identificare i beni in successione e attribuire a ciascuno della proprietà esclusiva di quanto la de cuius aveva indicato.

    In realtà, non vi era alcuna situazione di incertezza in ordine alla identificazione dei beni, in quanto le parti avevano stipulato l'atto "per dare efficacia ad un testamento nullo per aderirvi", e la motivazione della sentenza non indicava gli elementi dai quali aveva tratto il contrario convincimento, posto che l'atto del 28 maggio 1977 non specificava le ragioni della identificazione catastale. In realtà, l'attribuzione del mappale n. 981 a Av.Gi. era frutto di errore, come dimostravano gli accertamenti compiuti dal CTU sulla base delle planimetrie catastali originarie, risalenti al 1940.

    In ossequio al disposto di cui all'art. 366-bis cod. proc. civ., applicabile ratione temporis, sono formulati i seguenti quesiti: "se la Corte bresciana abbia omesso, insufficientemente o contraddittoriamente motivato circa la sussistenza o meno di un'incertezza nelle disposizioni testamentarie in ordine alla individuazione degli immobili oggetto dei legati" e "se la Corte bresciana abbia o meno applicato correttamente l'art. 1326 cod. civ. nell'indagare la comune volontà delle parti contenuta nel negozio del 28 maggio 1977, ed in particolare se gli eredi abbiano voluto in esso limitarsi alla descrizione catastale vigente dei beni oggetto del testamento o, come asserito dalla Corte d'appello abbiano stipulato un negozio mirante a rimuovere dubbi e incertezze in merito alla identificazione degli immobili".

    2. - Con il secondo motivo è dedotto vizio di motivazione, nonché falsa applicazione degli artt. 1321 e 1322 cod. civ., in relazione agli artt. 2643, 2659 e 2660 cod. civ..

    Si contesta ulteriormente la valenza di negozio di accertamento attribuita dalla Corte d'appello all'atto del 28 maggio 1977, sul rilievo che l'identificazione catastale dei beni era stata effettuata per la trascrizione del titolo, a fini di pubblicità, e ciò non rendeva incontestabile l'attribuzione dei beni stessi, dovendosi ammettere la correzione di eventuali errori senza la necessità di esperire i rimedi tipici previsti per l'annullamento del negozio.
    A corredo del motivo, è formulato il seguente quesito di diritto:

    "... se la mera identificazione catastale dei legati di cui all'atto del 28 maggio 1977 possa costituire ai sensi dell'art. 1322 cod. civ. un negozio sostanziale come tale producente effetti giuridici o se invece trattasi di una mera dichiarazione di scienza e/o attività materiale come prevista dagli artt. 2643, 2659 e 2660 cod. civ., che non ha efficacia sostanziale se non nei limiti di rendere pubblica la disposizione testamentaria e come tale improduttiva di effetti giuridici.... se, riguardo alla individuazione degli immobili oggetto dei legati sia necessario pertanto riferirsi unicamente al contenuto delle disposizioni testamentarie e non a quanto catastalmente indicato nell'atto 28 maggio 1977".

    3. - Con il terzo motivo è dedotto vizio di motivazione, omesso rilievo della nullità del negozio di accertamento e falsa e/o omessa applicazione degli artt. 1418 e 1419 cod. civ..

    Si assume che il negozio di accertamento sarebbe nullo per mancanza di causa, come avviene quando le parti, per errore o volutamente, abbiano accertato una situazione inesistente oppure quando la situazione esisteva, ma era certa (è richiamata Cass., sez. 2A, sentenza n. 7274 del 1983).
    Nel caso di specie, si tratterebbe di nullità parziale, limitata cioè alla parte del negozio che contiene la identificazione catastale dei beni indicati nel testamento, posto che l'atto 28 maggio 1977 sarebbe stato stipulato a prescindere dall'individuazione catastale dei beni, risiedendo la sua causa nella volontà di dare esecuzione alla disposizione testamentaria.
    A corredo del motivo sono formulati i seguenti quesiti:

    "se la causa dell'atto 28 maggio 1977 sia quella di accertare una situazione giuridica incerta, o quella prevista dall'art. 590 cod. civ. di dare esecuzione a disposizioni testamentarie mille per difetto di sottoscrizione del testatore, e... se le disposizioni di cui al punto n. 3 dell'atto medesimo concernente l'attribuzione della descrizione catastale dei beni immobili oggetto dei legati sia nulla per difetto di causa": inoltre, "se tale nullità debba estendersi, ex art. 1419 cod. civ., soltanto alla parte in cui viene data errata identificazione dei beni oggetto di legato, rilevandosi che le parti avrebbero comunque stipulato l'atto di esecuzione del testamento ex art. 590 cod. civ.".

    4. - Le doglianze, che possono essere esaminate congiuntamente giacché riguardano sotto profili diversi la stessa questione, sono infondate.

    4.1. - La questione verte sulla interpretazione e qualificazione dell'atto notaio Ricca del 28 maggio 1977, concluso dai fratelli A..

    La Corte d'appello, con motivazione adeguata e immune da vizi logici, ha ritenuto che con tale atto le parti avessero proceduto non solo alla pubblicazione del testamento olografo della de cuius Z. G. e alla conferma del testamento medesimo, ai sensi dell'art. 590 cod. civ., ma anche alla identificazione dei beni oggetto della disposizione testamentaria, il cui contenuto era obiettivamente incerto.
    I fratelli A. avevano dunque posto in essere un negozio di accertamento, allo scopo di superare le incertezze derivanti dalla formulazione delle disposizioni testamentarie e assegnarsi reciprocamente la proprietà esclusiva dei beni lasciati dalla de cuius. L'accertamento così compiuto aveva consentito di dare attuazione al testamento, che costituiva il titolo di acquisto della proprietà.

    4.2. - I ricorrenti contestano che non vi fosse incertezza sulla individuazione dei beni oggetto dei due legati, assumendo che l'identificazione catastale effettuata con l'atto 28 maggio 1977 era finalizzata alla trascrizione del titolo.

    L'argomento non è risolutivo nel senso prospettato dai ricorrenti.

    Ai fini della trascrizione del testamento che abbia ad oggetto immobili e non contenga le relative indicazioni catastali, è sempre necessaria la specificazione, che può avvenire e di regola avviene con la nota di trascrizione, la quale costituisce una rappresentazione per riassunto dell'atto da trascrivere.

    Diversamente, l'atto con il quale gli eredi individuano i beni immobili oggetto delle disposizioni testamentarie, specificando i relativi dati catastali, pur rimanendo strumentale alla trascrizione non esaurisce in detta strumentalità la sua causa, in quanto definisce il contenuto delle disposizioni testamentarie secondo la funzione tipica del negozio di accertamento. La necessità dell'atto del 28 maggio 1977 ai fini della trascrizione, prospettata dagli stessi ricorrenti, dimostra che le parti con tale atto hanno precisato una situazione oggettivamente incerta, per la genericità delle disposizioni testamentarie.

    4.3. - Come affermato dalla giurisprudenza di questa Corte, anche di recente, "nel negozio di accertamento, il quale persegue la funzione di eliminare l'incertezza di una situazione giuridica preesistente, la nullità per mancanza di causa è ipotizzabile solo quando le parti, per errore o volutamente, abbiano accertato una situazione inesistente, oppure quando la situazione esisteva, ma era certa.
    Pertanto, con riguardo ad una scrittura privata avente ad oggetto il riconoscimento di una determinata intestazione di proprietà immobiliare, la mancanza di effetti traslativi, e la circostanza che il documento non contenga un'espressa indicazione dei rapporti che l'hanno preceduta, non sono ragioni di per sè sufficienti per affermare la nullità ed inoperatività della scrittura medesima, per difetto di causa, rendendosi necessaria un'indagine sui possibili suoi collegamenti con negozi precedenti intercorsi fra le stesse parti, al fine di stabilire se ricorra l'indicata funzione, e se, quindi, sia configurabile un negozio di accertamento rivolto a rendere definitiva e vincolante una precedente situazione incerta" (Cass. Civ., sez. 2A, sentenza n. 14618 del 2012).

    4.4. - La funzione ricognitiva, svolta dal negozio di accertamento, del contenuto del precedente negozio dispositivo, nella specie del testamento olografo, ha determinato l'effetto della attribuzione a ciascuno dei soggetti nominati nel testamento di beni specificamente individuati.
    Eventuali errori che avessero segnato tale ricognizione, come prospettato dai ricorrenti, avrebbero dovuto essere fatti valere attraverso il rimedio dell'azione generale di annullamento.

    5. - Al rigetto del ricorso segue la condanna dei ricorrenti al pagamento delle spese del giudizio di cassazione.

    P.Q.M.



    La Corte rigetta il ricorso e condanna i ricorrenti al pagamento delle spese del presente giudizio, che liquida in complessivi Euro 2.200,00, di cui Euro 200,00 per esborsi, oltre spese forfetarie e accessori di legge.

    Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della 2^ Sezione civile della Corte suprema di Cassazione, il 25 settembre 2014.

    Depositato in Cancelleria il 20 ottobre 2014

    §§§



    * Sempre utile, in materia, il contributo a cura del notaio G. Manzini, Il negozio di accertamento: inquadramento sistematico e profili di rilevanza notarile, in Riv. del notariato,1996, pag. 1427 ss.
     
    .
  3.  
    .
    Avatar

    Amministratore

    Group
    Administrator
    Posts
    1,397
    Location
    Saranno Giuristi

    Status
    Anonymous

    §§§

    Aggiornamento bibliografico



    Minervini, E., Il negozio di accertamento e la trascrizione, in Riv. del notariato, n. 2/2016, pp. 241 ss. (Sommario: 1. La natura dispositiva e gli effetti. — 2. La trascrizione. — 3. La trascrizione e l'accordo conciliativo. — 4. La trascrizione, l'accordo conciliativo e l'art. 2643 n. 12 bis) c.c. ).




    §§§

     
    .
  4. seppietta
     
    .

    User deleted


    Anche io ho scritto qualcosa in merito... umilmente... http://www.studiocataldi.it/news_giuridich...idica_18128.asp
     
    .
  5.  
    .
    Avatar

    Amministratore

    Group
    Administrator
    Posts
    1,397
    Location
    Saranno Giuristi

    Status
    Anonymous

    §§§



    Cassazione civile, sez. II, 9 dicembre 2015, , n. 24848



    "Il negozio di accertamento, che può avere anche struttura semplicemente unilaterale, attesa la possibilità per un soggetto di vincolarsi con una dichiarazione unilaterale a considerare per il futuro in un determinato modo una situazione precedentemente incerta, è caratterizzato, quanto alla causa, dallo scopo di imprimere certezza giuridica ad un preesistente rapporto o di precisarne definitivamente il contenuto e l'essenza quanto agli effetti; esso non determina ex se il trasferimento di beni e di diritti da un soggetto all'altro, né costituisce fonte autonoma degli effetti giuridici da esso previsti, in quanto rende soltanto definitiva la situazione connessa con il rapporto preesistente, la quale sia, di per se, idonea al conseguimento degli effetti definitivamente fissati dal negozio accertativo. La funzione di accertamento propria del negozio cosi qualificato, e la sua efficacia retroattiva, sono incompatibili con l'effetto traslativo della proprietà."

    (§ Sal §)

    (... Omissis ...)



    SVOLGIMENTO DEL PROCESSO



    Con contratto in data 27.9.1985 H.G. e H. costituivano la società in nome collettivo Haser Horst e Co. OHG s.n.c., in cui quest'ultimo conferiva la propria azienda di carpenteria. Con contratto di cessione di quote del 20.12.1996, H.H., al fine della trascrizione tavolare e catastale della nuova denominazione della società, aveva dichiarato che la porzione mat. 1 della p.ed. 1828 in p.t. 2934/11 CC Lana era di proprietà della società stessa.

    L'esecuzione tavolare di entrambi i predetti contratti non aveva avuto luogo, per la non corrispondenza dell'immobile descritto nell'atto del 1985 con la p.t. 2934/11.

    Sorta questione tra i due soci circa il conferimento di tale immobile, la predetta società con citazione notificata il 9.12.2004 conveniva in giudizio innanzi al Tribunale di Bolzano, sez. distaccata di Merano, H.H. per il relativo accertamento positivo.

    Nel resistere in giudizio, il convenuto contestava di aver conferito la proprietà degli immobili aziendali, sostenendo di essersi limitato a metterne il solo uso a disposizione della società.

    Il Tribunale accoglieva la domanda, disponeva la voltura dell'intestazione dell'immobile e compensava le spese per la metà, ponendo la restante frazione a carico del convenuto.

    L'appello principale proposto da H.H. e quello incidentale della Haser Horst e co. s.n.c. erano entrambi respinti dalla Corte distrettuale di Trento, sez. distaccata di Bolzano.

    Per quanto ancora rileva in questa sede di legittimità, la Corte altoatesina osservava che il contratto di società conteneva sufficienti elementi per desumere la volontà delle parti di conferire in società non soltanto l'uso, ma anche la proprietà degli immobili aziendali costituiti dal piano terra del fabbricato costruito sulla p.f. 1777/1, part. Tav. 1146/11, CC Lana. Infatti, le parti, se avessero inteso limitare il conferimento al solo diritto d'uso, ai fini della registrazione dell'atto avrebbero indicato oltre al valore dell'immobile anche e soprattutto il relativo valore d'uso.

    La circostanza che il valore dell'immobile conferito (L. 150.000.000, come indicato nell'atto) superasse notevolmente quello della quota attribuita al conferente, trovava spiegazione nel fatto che nel calcolo doveva tenersi conto delle passività gravanti sull'azienda.

    Pertanto, la dichiarazione di rinuncia all'ipoteca legale e di esonero del conservatore tavolare da ogni responsabilità, che seguiva immediatamente l'indicazione del valore ai fini della registrazione - non era affatto una clausola di stile, ma una coerente continuazione e conclusione del conferimento della proprietà. Inoltre, il commercialista delle parti ( H.W.), sentito come teste, aveva riferito che la costituzione della società derivava da ragioni di carattere fiscale, sicchè non avrebbe avuto senso alcuno non includere in essa il trasferimento della proprietà dell'immobile aziendale, per le connesse agevolazioni fiscali.

    Quanto alla dedotta mancanza di un titolo per il trasferimento della proprietà della p.m. 1 della p.ed. 1828 in P.T. 2934/11 CC Lana, la Corte territoriale rilevava che sebbene l'attuale p.m. 1 della p.ed. 1828 comprendesse più del piano terra dell'edificio eretto sulla p.f. 1777/1 conferito in società, il trasferimento della proprietà della porzione immobiliare ingrandita appariva coperta dai titoli.

    Infatti, il contratto di costituzione della società era integrato dall'atto di cessione delle quote del 20.12.1996, che (come aveva già ritenuto il Tribunale) conteneva sia una dichiarazione di scienza che una dichiarazione di volontà, riferendosi univocamente alla p.m. 1 della p.ed. 1828, e che tale negozio, avente natura di accertamento, era senz'altro valido agli effetti delle modifiche, di fatto e tavolari, della consistenza dell'immobile conferito, nel senso che le porzioni immobiliari non specificate nell'atto del 27.9.1985 erano da intendersi come semplici pertinenze, ai sensi e per gli effetti degli artt. 817 e 818 c.c.. Di talché doveva supporsi l'esistenza di un titolo di trasferimento della proprietà sulla p.m. 1 della p.ed. 1828.

    Per la cassazione di tale sentenza H.H. propone ricorso, affidato a due motivi.

    Resiste con controricorso la Haser Gunter & Co. OHG s.n.c..


    MOTIVI DELLA DECISIONE



    1. - Col primo motivo di ricorso è dedotta la violazione dell'art. 1362 c.c., in connessione col vizio d'omessa o insufficiente motivazione, in relazione, rispettivamente, all'art. 360 c.p.c., nn. 3 e 5. La Corte distrettuale, sostiene parte ricorrente, nell'interpretare il contratto costitutivo della società non ha considerato che le parti, nel considerare le singole quote, il rispettivo valore e i beni da conferire non hanno mai fatto riferimento alla proprietà dell'immobile aziendale, ma solo all'azienda. Tra il valore attribuito alla quota di H.H. (L. 33.921.588) e quello dell'immobile (indicato dalle stesse parti in L. 150.000.000 ai fini della registrazione del contratto) vi è una differenza tale da escludere che nel bene conferito rientrasse la proprietà dell'immobile. Inoltre, la sentenza impugnata ha tratto argomento, per la propria conclusione, dalla testimonianza del commercialista delle parti, in violazione della regola di forma scritta ad substantiam del contratto e dell'art. 1362 c.c., che impone d'interpretare il contratto attingendo esclusivamente alle manifestazioni di volontà contenute nel testo scritto.

    1.1. - Il motivo è infondato, in ciascuna delle censure in cui si articola.

    1.1. - Omessa o insufficiente, secondo l'art. 360 c.p.c., n. 5 nel testo applicabile ratione temporis, è solo la motivazione mancante o difettosa, non anche quella che, nello sviluppare il proprio iter argomentativo, non considera ovvero valuta diversamente elementi del fatto che, secondo la parte ricorrente, inclinerebbero verso una soluzione opposta. Mentre nel caso di specie la Corte territoriale ha fornito un'idonea spiegazione delle ragioni in base alle quali deve ritenersi conferita la proprietà e non l'uso dell'immobile in questione, sicchè il dedotto vizio motivazionale - insussistente - mal cela null'altro che una pura censura di merito, inammissibile in questa sede di legittimità.

    1.2. - E' ben vero che la regola ermeneutica stabilita dall'art. 1362 cpv. c.c., che consente di tenere conto, nella ricerca della comune intenzione dei contraenti, del comportamento di questi ultimi successivo alla conclusione del contratto, non opera per la determinazione dell'oggetto di un contratto solenne (cfr. Cass. nn. 5385/11, 18361/04 e 4474/92). Ma il punto è che, nella specie, la Corte territoriale (a dispetto dell'incipit contenuto a pag. 9 della sentenza, che fa riferimento ad elementi "contrattuali" ed "extracontrattuali": leggi, "testuali" ed "extratestuali") alla fine ha tratto dalla deposizione del teste H.W., commercialista di fiducia delle parti, unicamente un elemento di conforto dell'interpretazione testuale previamente operata a stregua della lettura e del coordinamento delle varie clausole contrattuali (in particolare, i punti 4 e 22). Detta deposizione (secondo cui la società fu costituita per ragioni di carattere fiscale, perchè le relative agevolazioni riguardavano appunto gli immobili) nell'economia della decisione vale, dunque, semplicemente a confermare la coerenza logica di un risultato ermeneutico già altrimenti conseguito a livello del testo contrattuale.

    2. - Il secondo mezzo denuncia l'omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione circa un fatto controverso e decisivo, ai sensi dell'art. 360 c.p.c., n. 5 sull'esistenza di un titolo idoneo traslativo. Ad avviso della Corte d'appello le dichiarazioni contenute nei due atti esaminati - quello costitutivo di società del 27.9.1985 e quello di accertamento del 20.12.1996 - sarebbero tra loro collegate e si integrerebbero completando il trasferimento dell'immobile conteso nella società, includendovi le porzioni di natura pertinenziale.

    Per contro, osserva parte ricorrente, la sentenza impugnata non considera che la precisazione contenuta nell'atto del 1996 riguarda la trascrizione della nuova denominazione della società effettuata a seguito dell'uscita di H.H. dalla compagine sociale dopo la cessione di tutte le quote di partecipazione. La dichiarazione, dunque, si riferisce alla trascrizione della denominazione della nuova società e non alla determinazione ed individuazione dei beni che eventualmente vi appartenevano. Assume fondamentale importanza in tale contesto, prosegue il motivo, il fatto che le parti già nel 1990 avrebbero potuto provvedere (ma non provvidero) alla ritenuta integrazione, allorchè H.H. cedette la maggior parte delle sue quote di partecipazione ai soci H.G. e H.R., trattenendo per sè solo l'un per cento.

    2.1. - Nei termini che seguono, il motivo è fondato.

    Com'è noto, i modi d'acquisto della proprietà, tanto a titolo derivativo quanto a titolo originario, sono tipici; e la loro affermazione concreta, pertanto, non può prescindere dall' identificare una modalità concreta che vi corrisponda con chiarezza.

    AI riguardo, la motivazione della sentenza impugnata non rende intelligibile l'affermato acquisto anche delle parti della p.m. 1 della p.ed. 1828 che eccedono la consistenza dell'edificio a suo tempo conferito nella società.

    2.1.1. - In primo luogo, non è chiaro il senso logico dell'affermazione per cui, ai fini in oggetto, il contratto di cessione delle quote della società stipulato nel 1996 integrerebbe e completerebbe, per l'accertamento ivi contenuto, l'originario atto di conferimento del 1985.

    Negozio d'accertamento e negozio dispositivo sono per loro natura inconciliabili. Infatti, come questa Corte ha avuto modo di affermare, il negozio di accertamento, che può avere anche struttura semplicemente unilaterale, attesa la possibilità per un soggetto di vincolarsi con una dichiarazione unilaterale a considerare per il futuro in un determinato modo una situazione precedentemente incerta, è caratterizzato, quanto alla causa, dallo scopo di imprimere certezza giuridica ad un preesistente rapporto o di precisarne definitivamente il contenuto e l'essenza quanto agli effetti; esso non determina ex se il trasferimento di beni e di diritti da un soggetto all'altro, nè costituisce fonte autonoma degli effetti giuridici da esso previsti, in quanto rende soltanto definitiva la situazione connessa con il rapporto preesistente, la quale sia, di per sè, idonea al conseguimento degli effetti definitivamente fissati dal negozio accertativo. La funzione di accertamento propria del negozio cosi qualificato, e la sua efficacia retroattiva, sono incompatibili con l'effetto traslativo della proprietà (Cass. nn. 3421/68, 969/67, 1024/62, 2164/58, 4172/57 e 1229/50).

    Né ovviamente sarebbe sostenibile (se tale fosse la ratio decidendi della sentenza impugnata) che il negozio d'accertamento della proprietà partecipi della natura dispositiva della cessione delle quote della società, per il solo fatto di essere contenuto nel medesimo documento scritto.

    2.1.2. - In secondo luogo, è del tutto inconsistente, sotto il profilo della logica giuridica, l'affermazione (contenuta a pag. 12 della sentenza impugnata) secondo cui l'atto del 20.12.1996 sarebbe "un negozio di accertamento in quanto tale valido riguardante gli effetti delle modifiche reali e tavolari subentrate nel frattempo sulla consistenza dell'immobile conferito con contratto del 27.9.1985 nella società in nome collettivo, in particolare nel senso che le componenti non ancora specificate in quel contratto sono da considerare semplice pertinenza ai sensi e per gli effetti degli artt. 817 e 818 c.c (accessorium sequitur principale). Si suppone dunque l'esistenza di un titolo per il trasferimento di proprietà sull'odierna p.m. 1 della p. ed. 1828".

    Se l'atto dispositivo ben può omettere di specificare le pertinenze cedute, non per questo il giudice di merito, il quale ritenga applicabile l'art. 818 c.c., può omettere di precisare quali sarebbero le cose secondarie a quella principale che siano qualificabili come pertinenze e che, in concreto, debbano intendersi trasferite in base alla suddetta norma.

    3. - Per le considerazioni svolte, la sentenza impugnata va cassata in relazione al solo motivo accolto, con rinvio ad altra sezione della Corte d'appello di Trento, che provvederà anche sulle spese di cassazione.


    P.Q.M.



    La Corte accoglie il secondo motivo, respinto il primo, e cassa la sentenza impugnata con rinvio ad altra sezione della Corte d'appello di Trento, che provvederà anche sulle spese di cassazione.

    Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della seconda sezione civile della Corte Suprema di Cassazione, il 6 ottobre 2015.

    Depositato in Cancelleria il 9 dicembre 2015

    §§§

     
    .
4 replies since 23/11/2009, 10:25   8381 views
  Share  
.
Top