§ Danno non patrimoniale §

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  1. max112
     
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    DANNO NON PATRIMONIALE.

    Quanto segue è frutto di una mia elaborazione.

    Testi di rife.: Studi diritto civile, giuffré; Lezioni e Sentenze, Caringella, Dike; Tracce di diritto Civile, Garofoli, neldiritto.


    Il danno non patrimoniale consiste nella lesione di interessi non suscettibili di valutazione economica né diretta né indiretta.
    A causa natura degli interessi lesi, tale tipologia di danno si connota per 3 ordini di difficoltà:
    1.Come distinguere gli interessi meritevoli di tutela da meri fastidi o disagi della vita quotidiana?
    2. Come provare pregiudizi che, per lo più, attengono alla sfera psichica interna del soggetto e che dunque sfuggono a parametri oggettivi?
    3.Come quantificare tale danno, considerato che, non essendo suscettibile di valutazione economica, la legge (1226 e 1256) ne esige una liquidazione equitativa?
    Si è sostenuto (Caringella) che queste tre difficoltà sarebbero in realtà manifestazione dell'unica grande questione che avvolge questo danno, vale a dire il problema di selezione degli interessi risarcibili nei loro aspetti sostanziali e processuali.
    Il legislatore, la dottrina e la giurisprudenza, per superare queste difficoltà, hanno cercato di fornire adeguate risposte.

    Sotto il profilo legislativo va rammetato che il codice civile abrogato del 1865 (cod. Pisanelli) non contemplava una norma analoga al 2059 cc, cosicché la dottrina e la giurisprudenza dell'epoca, in assenza di specifiche disposizioni (analogamente all'impostazione del code di napoleone), avevano difeso tesi opposte, intese alcune a circoscrivere l’area del risarcibile, altre ad ampliare il novero degli interessi protetti con maggiori larghezze nel risarcimento. L’avvento del codice del 1942 sembrava aver avallato la prima tesi: l’art. 2059 c.c. prevede, infatti, che il danno non patrimoniale debba essere risarcito solo nei casi determinati dalla legge. Pertanto si tratterebbe di un danno tipico e cià a differenza di quanto previsto per l'omologo danno patrimoniale ex art. 2043. Ad ogni modo l’unico caso, contemplato nell’ordinamento italiano, è espressamente previsto dall’art. 185 cp, il quale sancisce la risarcibilità dei danni non patrimoniali derivanti da un fatto costituente reato. Tuttavia, nel corso degli anni si sono susseguiti diversi interventi normativi che hanno riguardato la legislazione complementare al codice civile ed hanno introdotto dei casi in cui è risarcibile il danno non patrimoniale prescindendo dalla fattispecie criminosa (art.1 L.117/88, responsabilità per privazione della libertà; art.29 l.675/96, poi confluito nel codice della privacy, responsabilità per illecito trattamento dei dati personali; art.1 L89/01 durata irragionevole del processo). L'ampliamento dei danni non patrimoniali risarcibili raggiunge l'apice con la previsione legislativa del danno biologico (da ultimo nel codice delle assicurazioni).

    All'incertezza sul piano legislativo ha fatto eco quella sul piano dottrinale e giurisprudenziale, ripercorriamo le diverse tesi succedutesi in dottrina ed in giurisprudenza.

    La tesi negativa sviluppatasi all'inizio del 900 e durata fino al 1979.
    Sotto la vigenza del codice del 1865 e poi sotto il codice del 1942 vi erano due tesi, ma quella prevalente era quella che limitava la risarcibilità del danno non patrimoniale confinandolo al solo danno morale subiettivo. Questo ultimo consiste,secondo una nota formula della dottrina (Scognamiglio), in un “transeunte ed ingiusto patema d’animo sofferto dalla vittima dell’illecito” od anche dai suoi familiari.
    A sostegno della tesi si richiamano le seguenti argomentazioni.
    1) Ambiguità dell'espressione risarcimento del danno non patrimoniale, perché è impossibile ripristinare lo status preesistente a questo tipo di pregiudizio. Dunque funzione sanzionatoria e non compensativa del risarcimento.
    2)il codice, soprattutto quello del 1942, è improntato ad un'anacronistica concezione ‘patrimonialistica’, secondo la quale l’ordinamento privato è predisposto alla tutela esclusiva dei soli interessi economici.
    3)difficoltà probatorie del danno non patrimoniale relativamente all’an ed al quantum debeatur e dunque difficile liquidazione.
    4)nei lavori preparatori e nella relazione al codice in cui si afferma che “soltanto nel caso di reato è più intensa l’offesa all’ordine giuridico e maggiormente sentito il bisogno di una più energica repressione anche con carattere preventivo”.
    5)L'unico caso di danno non patrimoniale risarcibile è quello del 185 cp, cioè di danno da reato, dove il risarcimento ha funzione di sanzione necessaria a tacitare gli animi e la pace sociale turbati dal reato (Bianca);

    Corollari della tesi tradizionale.
    1)il 2059 prevede un risarcimento solo per i casi tassativi previsti dalla legge;
    2)solo danno morale subiettivo da reato;
    3)per risarcire occorre accertare la fattispecie di raeto in tutti i suoi elementi avvalendosi dei canoni penalistici e non quelli civilistici (cioè non si può ricorrere a presunzioni per l'elemento soggettivo e né si può far valere la responsabilità oggettiva, ma v 42 co 3 cp).

    Critiche alla tesi tradizionale.
    1)si esclude la tutela civile avverso danni non patrimoniali che riguardano valori della persona diversi da quello risarcito con il 2059 , che sono posti al centro dell'universo delineato dalla Cost.
    2)Tali valori non sono risarciti né in presenza di reato né in altri casi. Per giunta lo stesso danno morale soggettivo al di fuori del 2059 cc e del 185 cp non è risarcito.
    3)L'apice delle critiche si ha con l'affaire "Gennarino", figlio di un calzolaio napoletano che subì grave lesione fisica in un sinistro stradale. In tale caso (fine anni 70) la giurisprudenza sforzandosi di risarcire il danno non patrimoniale raggiunge le seguenti conclusioni (Kafkiane):
    -la salute non è risarcibile in sè ma bisogna vedere conseguenze patrimoniali e non;
    - le conseguenze patrimoniali sono minime perché Gennarino non lavorava e secondo un giudizio di probabilità avrebbe fatto lo stesso lavoro del padre;
    -le conseguenze morali non sono state provate, essendo impossibile ricorrere alle presunzioni.

    La nuova tesi dal 1979 ad oggi
    Sulla scorta di queste critiche molti tribunali (Milano, Genova, Pisa) cominciarono ad escogitare delle tecniche risarcitorie per i danni patrimoniali (la capacità lavorativa generica, il metodo del punto variabile, quello del triplo della pensione sociale) per rimediare alo deficit di tutela e peraltro sollevarono questioni di costituzionalità sul 2059 cc, sempre risolte con sentenze interpretative di rigetto.

    Ricostruiamo gli orientamenti della Consulta.

    1.Nella sentenza 87 del 79 il giudice delle leggi, affrontando il tema della compatibilità tra il 2059 c.c. ed il 3 Cost, ha escluso la sussistenza di un diritto incondizionato al risarcimento del danno non patrimoniale, giacché la scelta legislativa di adottare un trattamento risarcitorio differenziato per situazioni disomogenee (fatto criminoso e non) è discrezionale e dunque insindacabile (salvo il limite della irragionevolezza, secondo un consolidato orientamento della Corte).
    2.Nel secondo arresto 88/79 si è affrontata, sia pure indirettamente, la compatibilità costituzionale dell’art. 2059 con gli artt. 3,24 e 32 Cost. In questa occasione i giudici hanno chiarito che il combinato disposto degli art. 2059 e 185 cp concerne tutti i danni non suscettibili di valutazione economica e quindi anche il danno alla salute, ma non è arrivata ad una pronuncia di incostituzionalità perché il caso sollevato riguardava una fattispecie di reato.
    3.In senso opposto si è espressa,invece, la celeberrima sentenza n. 184 del 1986 (Sentenza Dell'Andro, che è anche il relatore della Corte Cost 364/88 sulla colpevolezza penale) con la quale i giudici della Consulta hanno sancito la risarcibilità del cd. danno biologico, inteso quale lesione dell’integrità psicofisica dell’individuo, attraverso il disposto degli articoli 32 e 2043 del c.c. In virtù di tale pronuncia l’articolo 2059 va limitato al solo danno morale, inteso quale traseunte patema d’animo, mentre il 2043 diviene “norma in bianco” dell’illecito aquiliano (nel senso che, in virtù del meccanismo del combinato disposto, per questo tipo di danno è norma sanzionatoria e quindi necessita di un precetto che va ricercato negli artt della Costituzione). A sostegno la Corte adotta una concezione ampia di patrimonio tale da comprendere rapporti ed interessi di natura non patrimoniale. Il danno biologico diviene danno evento risarcibile in sè, senza necessità di appurare le conseguenze(in re ipsa loquitur). Conseguenze: si delinea un sistema tripolare di danno: patrimoniale (2043), biologico(2043) e morale (2059); in dottrina (Cendon) ci si chiede se "l'uomo viva o meno di sola salute" e se, dunque, siano risarcibili pregiudizi personali diversi dalla salute e che attengano alla lesione di un facere areddituale dell'individuo che però sia il precipitato di diritti costituzionalmente garantiti (cd danno esistenziale).
    4.Questa conclusione è stata rivisitata, tuttavia, dalla stessa Corte già nel 1994 con la sentenza n. 372 (relatore Mengoni-sentenza molto complessa da leggere). Nella parte finale della motivazione dell’arresto in parola, in un obiter non strettamente funzionale alla questione proposta (risarcibilità del danno biologico da morte del congiunto), la Corte non ha condiviso l’impostazione del giudice remittente, che limitava il 2059 al solo danno morale subiettivo. Il giudice costituzionale chiarisce, infatti, che, in persone predisposte a particolari condizioni, il danno alla salute può anche derivare da un processo patogeno analogo a quello che ha generato il danno morale soggettivo e quindi sembra voler trasmigrare il biologico dal 2043 al 2059 (ma non lo dice espressamente).
    5. Nel 2003 con la sentenza n 233 la Consulta, nell'ennesima pronuncia interpretativa di rigetto, ha fornito un'esegesi costituzionalmente orientata del 2059 c.c., con una conseguente rimeditazione della categoria “danno non patrimoniale”. Rimeditazione che, per la verità, era stata già prospettata in alcuni precedenti della Cassazione richiamati e condivisi dalla Corte Costituzionali (cd. sentenze gemelle: 7281,7282,8827,8828 , così denominate per la vicinanza numerica e per l’identità della parte motiva). La conclusione, a cui arriva la giurisprudenza costituzionale e di legittimità , è un’interpretazione costituzionalmente orientata dell’art. 2059 cod. civ., tesa a ricomprendere nell’astratta previsione della norma ogni danno di natura non patrimoniale derivante dall’offesa di valori inerenti alla persona: il danno morale soggettivo, inteso come transeunte turbamento dello stato d’animo della vittima; il danno biologico in senso stretto, inteso come lesione dell’interesse, costituzionalmente garantito, all’integrità psichica e fisica della persona, conseguente ad un accertamento medico (art. 32 Cost.); il danno (spesso definito in dottrina ed in giurisprudenza come esistenziale) derivante dalla lesione di (altri) interessi di rango costituzionale inerenti alla persona. In sostanza l’articolo 2059 ricoprirebbe l’intera area del danno non patrimoniale, cosicché non sarebbe più necessario il meccanismo del combinato disposto del 2043 c.c. e della norma costituzionale, di volta in volta violata, per poter giungere alla risarcibilità di un diritto costituzionalmente rilevante.
    Conseguenze: si ritorna ufficialmente ad un sistema bipolare di danno, che poi è quello delineato dal codice: danno patrimoniale (2043) e danno non patrimoniale (2059); ci si chiede quale sia la sorte della pletora di danni non patrimoniali creati dalla giurisprudenza e nati per fronteggiare il vuoto normativo: danno alla vita di relazione, danno estetico, danno esistenziale, ecc.
    NB in queste sentenze il relatore ha scritto anche che il danno non patrimoniale esigeva rimeditazione completa.

    Argomentazioni della nuova tesi.
    1)il 2 cost clausola aperta che riconosce e tutela i diritti inviolabili dell'uomo senza "sè" e senza "ma";
    2)progressivo ampliamento legislativo dei danni non patrimoniali risarcibili;
    3)la giurisprudenza di merito e la corte cost hanno riconoscito il danno biologico, che viene risarcito anche se con una tecnica impropria ed una vera e propria fictio iuris: con l'estensione del 2043cc ai danni arrecati al patrimonio personale. Tuttavia, tale meccanismo è superfluo perché il 2059 rinvia ai casi determinati dalla "legge" e per legge deve intendersi anche la Costituzione e quindi anche oltre il caso del 185 cp. Considerazione confermata anche dal nuovo cpp che ai sensi dell'art.3, 75 e 479 non prevede più la cosiddetta pregiudiziale penale e cioè la subordinazione del giudizio civile all'accertamento del reato.

    Conclusioni della nuova tesi (affermatesi nella giurisprudenza civile):
    (a)il sistema di danno è bipolare;
    (b)non occorre il reato per risarcire il danno non patrimoniale;
    (c)quando c'è la fattispecie di reato, essendo venuta meno la pregiudiziale, si può ricorrere alle tecniche probatorie del diritto civile ed in particolare delle presunzioni (es 2054);
    (d)il 2043 ed il 2059 non sono norme in bianco ma clausole generali (hanno il precetto completo, ma occorre selezione degli interessi risarcibili) dell'illecito civile che risarciscono il danno patrimoniale e non.
    (e)Ci si chiede quali siano i danni risarcibili ex 2059: biologico (c'è legge), morale (c'è 185 cp), cd esistenziale (c'è costituzione).

    Il problema aperto: il cd danno esistenziale.
    Come accennato, il problema del danno esistenziale si è posto all'indomani della sentenza di Corte Cost. 184/86 che ha ammesso il risarcimento del danno biologico o danno alla salute. Si è posta la questione, cioé, se fossero risarcibili altri interessi non suscettibili di valutazione economica.
    Al riguardo la dottrina (Cendon) affermava che "l'uomo non vive di sola salute", evidenziando con espressione enfatica che accanto al diritto alla salute si pongono diritti, interessi e valori personali di pari o superiore dignità normativa, che sfuggono a qualsiasi tutela (anche quella minima rappresentata dal risarcimento).
    La giurisprudenza per tutelare anche tali interessi aveva elaborato altre categorie di danni cercando di sfuggire alle forche caudine del 2059.
    La questione si è riproposta, accompagnata laceranti ed estenuanti dibattiti, anche in seguito alle sentenze del maggio, da qualcuno definito "eversivo", 2003.
    In partciolare si è discettato circa l'autonomia o meno del danno esistenziale rispetto a quello morale o biologico. In sostanza la domanda a cui occorreva rispondere era il seguente quesito dal sapore tautologico: esiste il danno esistenziale?

    Tesi autonomia o esistenzialista.
    I sostenitori di questa tesi ritengono che il danno esistenziale sia un "pregiudizio non patrimoniale che incide su di un facere areddituale dell'individuo, avente ad oggetto lo sconvolgimento delle abitudini e della quotidianità della vita tali da indurlo a scelte di vita contrastanti con la propria personalità".
    Detto in termini comprensibili il danno esistenziale è il pregiudizio derivante dalla forzosa rinuncia allo svolgimento di attività non remunerative, fonte di compiacimento o benessere per il danneggiato.
    Si tratterebbe di un danno che va ricavato per sottrazione dal biologico e dal morale, ma che, con questi danni, ha una matrice comune consistente nell'impossibilità di valutare economicamente l'interesse leso.
    In particolare, il danno esistenziale si differenzierebbe dalle altre tipologie di danno, e precisamente:
    a) dal danno patrimoniale, poiché non è determinato da un pregiudizio ad un interesse economico; b) dal danno morale perché l'azione compiuta dal responsabile può non integrare gli estremi di un reato e perché non consiste in una sofferenza ma in una privazione di un'attività concreta, un non facere (il danno morale è cioè una sofferenza interiore dell'individuo, mentre il danno esistenziale è estriore); il danno morale è un pati e non un non facere
    c)infine dal danno biologico poiché il danno esistenziale può sussistere anche prescindendo dall'esistenza di una lesione alla persona come compromissione dell'integrità psico-fisica del soggetto danneggiato e dall'accertamento medico (e quindi la risarcibilità non è subordinata all'accertamento medico legale, come previsto dalla legge per il danno biologico).
    Peraltro si evidenzia che si tratterebbe di un danno oggettivamente accertabile e dunque suscettibile di prova, in quanto trattandosi di un "dover agire altrimenti" a causa dell'evento dannoso, occorre che la vittima dell'illecito provi, che in conformità alla propria personalità (voler esser), avrebbe compiuto scelte differenti da quelle intraprese a causa del danno (dover essere).
    La Cassazione ha detto che tale danno non è in re ipsa, come si riteneva a seguito della sent 184/86, ma è un danno conseguenza, che in ossequio al principio dell'onere della prova, deve essere provato e ciò anche per presunzioni.

    Tesi anti-esistenzialista.
    In senso contrario all'esposto orientamento, altra parte della dottrina e la prevalente giurisprudenza hanno negato l'autonomia del pregiudizio esistenziale.
    1)In primo luogo si è evidenziato che il danno esistenziale è espressione troppo lata e consente di risarcire qualsiasi fastidio o disturbo e non solo un pregiudizio realmente esistenziale;
    2)In secondo luogo a seguito delle sentenze del 2003 è inutile elaborare categorie di danno ulteriori che poratno seco il rischio di duplicazioni risarcitorie e di compensi per danni bagatellari, giacché queste sentenze hanno disancorato il risracimento del danno non patrimoniale dal reato e lo hanno agganciato alla lesione di diritti costituzionalmente tutelati (cd ingiustizia cost qualificata).
    3)Il danno esistenziale al più può avere la valenza semantica di sinonimo del danno non patrimoniale, inglobando tutti quei pregiudizi di valori costituzionali diversi dal danno biologico e morale.

    Tesi mediana.
    Secondo questa tesi il danno esistenziale non avrebbe riscontro in sede aquiliana, ma sarebbe configurabile solo nell'ambito di responsabilità contrattuale e solo per quelle tipologie di rapporti dove rileva la tutela della persona. Al riguardo la giurisprudenza ha analizzato soprattuto il rapporto di lavoro affrontando le ipotesi del mobbing e del demansionamento. Altro settore potrebbe essere quello dei contratti di spedalità (si pensi a quello in favore del nascituro).

    Dato il contrasto di orientamenti l'ordinanza 4712/2008 rimette all'attenzione delle sezioni unite una serie di questioni inerenti il danno esistenziale:
    1)E' ammissibile il danno esistenziale?
    2)Quali sono i requisiti necessari per risarcirlo? Gravità e durevolezza dell'offesa o delle conseguenze?
    3)L'atipicità dell'illecito si riferisce all'evento di danno o alle conseguenze dannose dello stesso?
    4)Qual'è l'ambito di applicazione del danno esistenziale: contrattuale o extracontr?
    5)Quali sono i valori costituzionali meritevoli di tutela risarcitoria?
    6)Può essere risarcito il danno tanatologico '
    7)Qual'è l'onere probatorio da assolvere per il danno esistenziale?

    Le sezioni unite del novembre 2008.
    La risposta delle SS.UU, mutuando il metodo utilizzato nel 2003, è avvenuta con quattro pronunce gemelle (sentenze dell’11.11.2008 nn.26972 – 26975).
    Questi i dictum della corte di legittimità (ho preso spunto dalla nota di Danilo Dimatteo pubblicata in http://www.ildirittopericoncorsi.it/leggia...olon.php?id=656):
    a)l'art.2059 cc è una norma di rinvio alle leggi (tra cui quelle cost) che prevedono risarcibilità e che presuppone integrati tutti i requisiti strutturali dell'illecito civile ex art.2043cc, con due differenze:
    -nel 2059 gli interessi lesi e le conseguenze dannose hanno natura non patrimoniale;
    -il danno risarcibile è tipico e ciò impedisce la creazione di nuove categorie di danno, che portano a duplicazioni risarcitorie o alla compensazione di danni bagatellari.
    b)il danno non patrimoniale non si articola in 3 sottocategorie o sottovoci di danno, vale a dire biologico, morale ed esistenziale, ma ha, in una lettura costituzionalmente orientata, una struttura unitaria e globale tale da assorbire l'intero valore "persona umana".
    Di consgeuenza:
    - il danno morale soggettivo e transeunte non è un autonoma categoria di danno e come tale va abbandonata, ma è piuttosto un tipo di pregiudizio, costituito dalla sofferenza dal reato in sè considerato;
    -il danno esistenziale non esiste come categoria autonoma, ma al più ha una valenza descrittiva, mera espressione verbale di sintesi che raggruppa tutti i pregiudizi caratterizzati da un'ingiustizia cost qualificata.
    c)Questa ingiustizia cost qualificata, elemento morfologico del danno cd esistenziale, per le SS si ha quando:
    -vengono lesi diritti inviolabili dell'uomo (2cost) ed altri valori della persona, affermantesi nella realtà sociale (si pensi ai cosiddetti diritti di quarta generazione, afferenti alla bioetica) risultanti dall'esame complessivo dell'ord cost.;
    -Gravità della lesione, consistente nel fatto che il diritto deve essere inciso oltre una certa soglia minima, cagionando un pregiudizio serio. La lesione deve eccedere una certa soglia di offensività, rendendo il pregiudizio tanto serio da essere meritevole di tutela in un sistema che impone un grado minimo di tolleranza (v. Cass.12885 del 4/06/2009).
    -Serietà della lesione: il danno, cioè non deve essere “bagatellare” e, cioè, futile o irrisorio, ovvero, pur essendo oggettivamente serio, sia tuttavia, secondo la coscienza sociale, insignificante o irrilevante per il livello raggiunto. I pregiudizi connotati da “futilità” devono essere accettati da ogni persona inserita nel complesso contesto sociale in virtù del dovere della tolleranza che la convivenza impone (art. 2 Cost.) - (Cass.12885 del 4/06/2009 ).
    d)L'ambito di applicazione è sia contrattuale che extracontr (la Cass però non lo dice);
    e)il danno tanatologico è un pregiudizio morale e come tale va risarcito anche se la morte è immediata (qui le SS.UU cambiano parzialmente l'orientamento consolidato secondo cui ai parenti non può essere risarcito il danno tanatologico, inteso come biologico, quando la morte è immediata e ciò per le seguenti ragioni: 1)il biologico è patologia, che per definizione presuppone esistenza in vita; 2) la vita non può essere intesa come la massima lesione possibile della salute, perché vita e salute sono beni giuridici affini disomogeni; 3) l'immediatezza della morte impedisce il sorgere del biologico e dunque la sua acquisizione al patrimonio del de cuius con conseguente trasferibilità iure hereditatis ai parenti; 4) ai parenti può essere liquidato il danno biologico-subspecie psichico- iure proprio).
    f)Sulla prova la corte di legittimità chiarisce (spero definitivamente) che il danno non patrimoniale è come quello patrimoniale un danno conseguenza e come tale deve essere provato.
    L'onere della prova si distingue però a seconda del tipo di pregiudizio:
    -per il biologico occorre accertamento medico legale, poiché lo prevede espessamente la legge (ciò impedisce al giudice di adottare CTU esplorative o sostitutive dell'onere probatorio incombente sulle parti);
    -per altri pregiudizi vanno bene tutti i mezzi di prova previsti dall'ordinamento.
    g)Per il risarcimento la Corte avverte il giudice di merito esortandolo ad evitare duplicazioni risarcitorie ed a provvedere all'integrale risarcimento del danno, personalizzandolo rispetto al caso concreto;
    -danno biologico: il metodo più diffuso è quello tabellare- c'è una sent di Cass, che dice che le tabelle hanno valore di prova presuntiva-, ma (questa è una mia aggiunta leggendo qualche sentenza di merito) il giudice può e deve andare oltre personalizzando il risarcimento in relazione al pregiudizio in concreto verificatosi (secondo circostanze di tempo e di luogo, secondo le modalità di verificazione personale, secondo le caratteristiche dell'autore dell'illecito e della vittima) ed aomentarlo di una percentuale equitativamente e discrezionalmente individuata.


    Il dopo SS.UU del novembre 2008 (per approfondimenti rinvio ad un articolo di Giuseppe Buffone, magistrato ordinario in tirocinio, http://www.altalex.com/index.php?idnot=44851 e ad un articolo trovato su questo sito http://www.unarca.it/Portals/0/Relazione%2...atrimoniale.doc. Nonchè il sito www.lapraticaforense.it dove sono raggruppati una serie di articoli critici e l'articolo del prof Mazzamuto http://www.ildirittopericoncorsi.it/leggia...olon.php?id=843 )

    Riassumo i profili critici e la giurisprudenza successiva.

    A) Critiche alla sentenza.
    1)L'intento delle SS.UU è quello di ribadire che il danno non patrimoniale è risarcibile nei soli casi previsti dalla legge e tale legge può essere anche la Cost., tant'è che si parla di ingiust cost qualificata, che si individua nella lesione di diritti inviolabili tutelati dalla cost ed in altri diritti afferenti alla persona tutelati dalla Cost. Queste conclusioni presenterebbero due profili di criticità:
    -la tipicità viene meno quando si rinvia al 2 cost, che è clausola aperta;
    -viene da chiedersi quali siano gli altri diritti cost afferenti alla persona e che meritano una tutela di dignità pari a quella dei diritti inviolabili (nulla quaestio sulla libertà personale, ma sull'iniziativa economica privata che comunque contribuisce in parte allo sviluppo della persona? e sempre che non ne abbiano un'altra (il risarcimento è tutela minima e residuale);
    2)Nella sentenza si coglie un'evoluzione del concetto di ingiustizia sotto i seguenti profili:
    -si riferisce al pregiudizio;
    -quando attiene ai diritti inviolabili, oltre che non iure, deve essere grave e seria, poiché diversamente si tutelerebbero danni bagatellari.
    Entrambi principi condivisibili, ma che presentano <<una "pericolosità" sia intrinseca sia estrinseca >>(questo è mio):
    -intrinseca, perchè è rimesso al prudente apprezzamento del giudice individuare il limite "ultimo" della serietà e della gravità, discernendo così il risarcibile dal non risrcibile.. Tuttavia, la Cass non detta parametri oggettivi a cui attenersi e quindi tale apprezzamento del giudice di merito rischia di trasformari in una valutazione arbitraria che potrebbe portare a differenze di tutela tra tribunale e tribunale. La corte non chiarisce quale sia il minimo di gravità e serietà necessario ad integrare un pregiudizio risarcibile.
    -estrinseca (questa è una mia considerazione), perchè si crea (spero involontaria) differenza tra danni patrimoniali e non patrimoniali, in virtù della quale i primi sono più protetti dei secondi: per i primi basta che l'ingiustizia sia non iure (cosicchè se il danno è stato pari ad un euro sarà comunque risarcito), mentre per quello non patrimoniale ciò non è sufficiente (l'intasamento della casella postale non è quindi risarcibile).
    3)Qualcuno ha avanzato dubbi di costituzionalità sul danno biologico omnicomprensivo previsto dal Cod assicur (v. Altro articolo di Buffone su altalex), ma a mio avviso tali dubbi vanno fugati perché tale disposizione in verità sembra ispirare la sentenza delle SS.UU, perché è come se la legge dicesse di liquidare il biologico in sè più un quantum personalizzato per le conseguenze dinamico relazionali;
    4)l'unitarietà del danno non patrimoniale viene meno (questa è mia considerazione)se si considerano:
    -onere probatorio, perche è diversificato in relazione al tipo di pregiudizio (biologico, morale, cd esistenziale), ma in ogni caso gravs su danneggiato;
    -liquidazione, perché ogni pregiudizio ha una sua diversa tecnica liquidatoria, ma in ogni caso avviene in via equitativa.

    NB dopo le SSUU sono intervenuti:
    a) Dpr 37/09 su causa di servizio dei militari, il quale prevede espressamente il biologico ed il morale;
    b) Tabelle Milano che dicono che danno biologico + morale=non patrimoniale
    Secondo alcuni riaffermano orientamento preesistente distinguendo voci di danno, per altri cumulano risarcimento.
    A mio avviso sono in linea con le ss.uu ma solo parzialmente ed infatti: distinguono i pregiudizi ma liquidano cumulativamente il danno non patrimoniale.
    Tuttavia, nulla si dice sul pregiudizio grave e serio ai diritti inviolabili e non cost. garantiti, ma privi di quella minima tutela che è il risrcimento

    Conclusione di molti autori sono in stile gattopardesco: "tutto cambia per non cambiare nulla" ritenendo che si tratta di un lifting linguistico (non condivido in pieno).

    B) La giurisprudenza successiva alle SS.UU.
    Le sentenze, che si sono susseguite,da novembre del 2008 al giugno 2009, hanno affermato i seguenti principi:
    -negano autonomia danno morale ed esistenziale;
    -chiariscono i concetti di serietà e gravità, senza stabilire limite ultimo od il quoad minus per integrarle;
    -affermano che il risracimento deve essere integrale, ma senza incappare in duplicazioni risarcitorie;
    -propongono un'ampliamento della categoria dei diritti personali lesi e risarcibili anche attraverso un'interpretazione mediata da norme CEDU ed altre conv internazionali sulla tutela della persona;


    Conclusione mia: il danno esistenziale è un sintagma per identificare un pregiudizio grave e serio a diritti inviolabili dell'uomo o altri diritti costituzionali di pari dignità.

    Questioni processuali:
    -al danneggiato conviene chiedere genericamente il danno non patrimoniale;
    -il problema è probatorio e di liquidazione (il criterio equitativo puro è quello meno controllabile e pertanto andrebbero elaborate delle tabelle per il danno esistenziale inteso nel senso delle SSUU).

    Edited by max112 - 23/6/2009, 21:15
     
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    Segnalazione di Materiali dottrinali e giurisprudenziali
    per l'aggiornamento e l'approfondimento



    Duplicazione di voci e statuti speciali

    Rigorosa ricognizione dei più recenti approdi giurisprudenziali in:

    1) Alessandra Frigerio, Perduranti incertezze nella liquidazione del danno patrimoniale, in Danno e responsabilità, Ipsoa, f. n. 5/2015

    Abstract

    "Le decisioni, emesse rispettivamente dalla terza sezione e dalla sezione lavoro della Corte di cassazione, realizzano il principio di integrale riparazione del danno utilizzando due modalità antitetiche: l’una legata al rispetto delle tabelle, l’altra svincolata dalle tabelle e lasciata all'apprezzamento equitativo del giudice."

    (di A. F., in Danno e responsabilità, Ipsoa, f. n. 5/2015)



    2) Cesare Salvi, Il risarcimento integrale del danno non patrimoniale, una missione impossibile. Osservazioni sui criteri per la liquidazione del danno non patrimoniale, in Europa e Diritto Privato, Milano, Giuffrè, fasc. n. 2/2014, pag. 517 ss. (Sommario: 1. Dopo le sentenze delle Sezioni Unite della Cassazione permane la diversità di soluzioni giurisprudenziali. - 2. Il rischio di confondere jl principio di tipicità con una nozione unitaria i danno non patrimoniale. Osservazioni sul danno alla proprietà. - 3. Principio di tipicità (diverse) funzioni del risarcimento. - 4. Alle origini del principio di tipicità. - 5. Il principio del risarcimento integrale ha un significato giuridico solo per il danno patrimoniale. La valutazione equitativa ex art. 1226 C.C. - 6. Risarcimento integrale (e duplicazione del risarcimento) non hanno invece un senso giuridico per il danno non patrimoniale. La questione della prova. - 7. I criteri funzionali per la liquidazione. Lasciano aperto il problema della traduzione in una somma di denaro. - 8. Parità di trattamento e surplus punitivo: due problemi aperti. - 9. L’esigenza di criteri uniformi e ragionevoli (e l’opinabile figura della « equità collettiva »).



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    Edited by § Salatiele § - 23/5/2015, 19:47
     
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    1) Alessandra Frigerio, Perduranti incertezze nella liquidazione del danno patrimoniale, in Danno e responsabilità, Ipsoa, f. n. 5/2015

    Abstract

    "Le decisioni, emesse rispettivamente dalla terza sezione e dalla sezione lavoro della Corte di cassazione, realizzano il principio di integrale riparazione del danno utilizzando due modalità antitetiche: l’una legata al rispetto delle tabelle, l’altra svincolata dalle tabelle e lasciata all'apprezzamento equitativo del giudice."

    (di A. F., in Danno e responsabilità, Ipsoa, f. n. 5/2015)



    2) Cesare Salvi, Il risarcimento integrale del danno non patrimoniale, una missione impossibile. Osservazioni sui criteri per la liquidazione del danno non patrimoniale, in Europa e Diritto Privato, Milano, Giuffrè, fasc. n. 2/2014, pag. 517 ss. (Sommario: 1. Dopo le sentenze delle Sezioni Unite della Cassazione permane la diversità di soluzioni giurisprudenziali. - 2. Il rischio di confondere jl principio di tipicità con una nozione unitaria i danno non patrimoniale. Osservazioni sul danno alla proprietà. - 3. Principio di tipicità (diverse) funzioni del risarcimento. - 4. Alle origini del principio di tipicità. - 5. Il principio del risarcimento integrale ha un significato giuridico solo per il danno patrimoniale. La valutazione equitativa ex art. 1226 C.C. - 6. Risarcimento integrale (e duplicazione del risarcimento) non hanno invece un senso giuridico per il danno non patrimoniale. La questione della prova. - 7. I criteri funzionali per la liquidazione. Lasciano aperto il problema della traduzione in una somma di denaro. - 8. Parità di trattamento e surplus punitivo: due problemi aperti. - 9. L’esigenza di criteri uniformi e ragionevoli (e l’opinabile figura della « equità collettiva »).



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    Cesare Massimo Bianca, La tutela risarcitoria del diritto alla vita: una parola della Cassazione attesa da tempo, in Responsabilità Civile e Previdenza, Milano, Giuffrè, fasc. n. 2-2014 (nota a: Cassazione civile, sez. III, sent. 23 gennaio 2014, n.1361):

    Sommario: 1. La messa a punto sul danno non patrimoniale nella giurisprudenza della Cassazione. Conferma dell'unitarietà della nozione di danno non patrimoniale. - 2. Le voci che concorrono a formare il danno non patrimoniale. Il danno morale soggettivo. Il danno biologico. - 3. Il danno esistenziale. - 4. L'accertamento del danno non patrimoniale. - 5. Il danno da perdita della vita. L'orientamento della giurisprudenza. - 6. Ammessa risarcibilità del danno biologico terminale e del danno catastrofale. - 7. Denegata risarcibilità del danno da morte quale evento che priva la vittima della capacità giuridica. - 8. Risarcibilità del danno da morte quale danno ingiusto subito dalla persona che riceve una lesione mortale. Superamento dell'obiezione fondata sulla massima della irrisarcibilità dei danni-eventi. - 9. Risarcibilità del danno da morte quale danno certo causato dalla lesione mortale. - 10. Inutilità della questione se la morte cada un istante dopo o nello stesso istante della lesione mortale. - 11. Confutazione degli altri argomenti addotti contro la risarcibilità del danno. - 12. Un passo importante verso la realizzazione di una piena garanzia giuridica dei diritti fondamentali della persona. - 13. Uno sguardo al contesto europeo. - 14. Il richiesto intervento delle Sezioni Unite.

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  4. Rosa Maria Pili
     
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    salve, ho letto che di questo argomento sempre attuale lo avete aggiornato (primo post nel 2009 e gli altri nel 2015) vorrei sapere se è possibile che qualcuno inserisca qui le varie sentenze uscite in tema di danno tanatologico o da nascita della vita indesiderata e in generale di responsabilità medica che sono tutte collegate. Avendo una parte generale fatta molto bene dall'utente, si potrebbe completare il post con le varie sentenze. Sono molto gettonati escono tracce sia per l'esame di stato per avvocato che per il concorso in magistratura. C'è proprio un parallelismo. Grazie...
     
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    CITAZIONE (Rosa Maria Pili @ 13/4/2016, 10:54) 
    salve, ho letto che di questo argomento sempre attuale lo avete aggiornato (primo post nel 2009 e gli altri nel 2015) vorrei sapere se è possibile che qualcuno inserisca qui le varie sentenze uscite in tema di danno tanatologico o da nascita della vita indesiderata e in generale di responsabilità medica che sono tutte collegate. Avendo una parte generale fatta molto bene dall'utente, si potrebbe completare il post con le varie sentenze. Sono molto gettonati escono tracce sia per l'esame di stato per avvocato che per il concorso in magistratura. C'è proprio un parallelismo. Grazie...

    Saranno Giuristi - Nota di servizio



    Per le varie sentenze sulle tematiche di interesse occorrerà fare riferimento alle apposite discussioni dedicate nella Sezione: GIURISPRUDENZA E NORMATIVA. In tali sedi, tutti sono invitati a contribuire con appropriate ed apprezzate segnalazioni giurisprudenziali.

    A seguire i rispettivi link.

    Danno tanatologico:

    https://sarannogiuristi.forumfree.it/?t=369...&st=60#lastpost


    Danno da nascita indesiderata:

    https://sarannogiuristi.forumfree.it/?t=394...&st=15#lastpost


    Cordiali saluti.

    Saranno Giuristi


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    Edited by § Salatiele § - 1/5/2016, 16:53
     
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    Scheda di aggiornamento bibliografico



    Si segnala all'attenzione degli studiosi:

    Carlo Castronovo, Il danno non patrimoniale nel cuore del diritto civile, in Europa e Diritto Privato, fasc. n. 2/2016, Milano, Giuffrè, pag. 293

    Sommario: 1. Il nuovo della società e i compiti della scienza giuridica. - 2. Danno alla persona dei congiunti. - 3. Danno non patrimoniale e funzioni della responsabilità. - 4. Un caso di aberratio applicativa del danno da morte ad opera del TAR Lombardia. - 5. L’invalere del danno non patrimoniale nella responsabilità contrattuale come conseguenza della struttura complessa del rapporto obbligatorio. - 6. Il danno non patrimoniale da inadempimento come danno morale risarcibile e la nuova rilevanza dell’interesse non patrimoniale del creditore. - 7. Costituzione e dogmatica, ingredienti necessari di un diritto civile nuovo.

    Dal testo:

    (...) Nell’ultimo decennio il danno non patrimoniale è diventato terreno privilegiato del dibattito sulla responsabilità civile.

    Varie sono le ragioni.

    Anzitutto un gran da fare giurisprudenziale, come spesso è capitato in questi ultimi decenni, nei quali all’incertezza determinata dai sommovimenti del sentire sociale la giurisprudenza ha dovuto sopperire come poteva, certo talora tentando vie impervie di forzatura del sistema, ora per protagonismo ora per inconsapevolezza delle esigenze di compatibilità che distinguono un sistema quale l’ordinamento giuridico ineludibilmente deve essere da una ridda nella quale ogni gesto vale o non vale in sé, senza cura per il circostante.

    Al confronto con questa recita a soggetto, compatibilità appare addirittura categoria strana, come moderazione, armonia, equilibrio; eppure dovrebbe essere ben presente alla giurisprudenza, alla quale non deve mai sfuggire la sua istituzionale funzione regolativa.

    Se regola è categoria ancora meritevole di onesta attenzione, l’ansia di brillantezza o di aderenza al nuovo non può significare risposta per la via breve (!) del processo a istanze che per la loro rilevanza sociale hanno bisogno dei tempi anche lunghi della democrazia.

    Vale per la giurisprudenza in particolare l’idea che il nuovo deve trovare la sua legittimazione rispetto al passato, dato che quest’ultimo ha dalla sua il fatto di esserci. E se la legittimazione sociale in un’area di rispetto reciproco non può ottenersi senza argomentare, questo vale vie più per la giurisprudenza, i cui percorsi argomentativi sono anzitutto orientati dalle norme vigenti, contro le quali — e questo sarebbe ovvio, se non fosse talora dimenticato — non si possono addurre vere o presunte esigenze di tutela.

    Questo è accaduto, ad esempio, in materia di fine vita, ove perfino la Cassazione si è potuta invaghire dell’idea di sostituirsi al legislatore, e continua ad accadere ad opera dei giudici di merito in materia di trust o di adozione.

    Con i maggiori poteri che essa ha sulla legge, lo ha fatto anche la Corte costituzionale, la quale nel dare corso alla fecondazione eterologa ha privilegiato l’agguagliamento naturalistico della procreazione medicalmente assistita rispetto alla qualificazione diversificante tra ciò che è proprio della famiglia correttamente intesa e ciò che per definizione sta al di fuori di essa.

    Che la dialettica tra natura e cultura dovesse essere risolta, come nella specie, dalla Corte costituzionale in favore della prima, quando il diritto è per sua natura elemento costitutivo della seconda, pone la questione se il diritto conservi ancora la sua vocazione ordinante o debba oramai essere concepito come mera proiezione normativa di una realtà materiale che gli suggerisce i suoi contenuti e non accetta più alcuna mediazione. (...)


    (Carlo Castronovo)

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