Negozio Fiduciario

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  1. alex.falco
     
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    DA RICERCHE INTERNET

    http://www.notariato.it/Notariato/StaticFi...menti/86-03.pdf

    http://www.filodiritto.com/index.php?azion...lizza&iddoc=644


    QUESTIO Il nuovo articolo 2645 ter Codice Civile ed il negozio fiduciario




    CONCETTO

    1.Il negozio fiduciario, secondo la tradizionale definizione della più autorevole dottrina (Santoro-Passarelli, Dottrine generali del diritto civile, 179), si caratterizza per un’eccedenza o sproporzione del mezzo prescelto dalle parti rispetto all’intento pratico che le stesse perseguono.

    Viene infatti definito come il negozio con il quale un soggetto (il fiduciario) viene investito da un altro (fiduciante) di una posizione reale, efficace cioè erga omnes, ma limitata nei rapporti interni dall’assunzione di un’obbligazione del primo verso quest’ultimo (cosiddetto pactum fiduciae).

    La figura è caratterizzata dall’eccedenza del mezzo utilizzato rispetto al fine perseguito e dalla possibilità di abuso da parte del fiduciario del diritto trasferitogli.
    Si tratta di un negozio ad effetti reali limitati da un contenuto obbligatorio: in esso di distingue infatti un’efficacia reale (rilevante nei confronti dei terzi) da un’efficacia obbligatoria (limitata inter partes), che compensa e corregge la prima.

    Il negozio fiduciario non può essere considerato un contratto di scambio, difettando qualsiasi sinallagma tra l’acquisto del diritto e l’obbligazione che assume il fiduciario; non è neppure un contratto gratuito accompagnato da un modus, in quanto il diritto acquisito non arricchisce il fiduciario. Non è possibile neppure considerare liberalità il trasferimento dal fiduciario al terzo indicato dal fiduciante, trattandosi di un atto dovuto.

    Come doverosa premessa all’approccio all’istituto in questione, si rende necessario un breve cenno alla tradizionale distinzione di scuola tra fiducia di tipo romano e fiducia di tipo germanico.
    Nella fiducia di tipo romano, il fiduciario è investito di un potere giuridico dal punto di vista reale illimitato, circoscritto però dall’obbligo convenuto fra due soggetti, con il pactum fiduciae, per conseguire un fine più ristretto.

    Nel rispetto di tale obbligo, il fiduciario deve fare del diritto trasferitogli, di cui ha la titolarità assoluta, un determinato uso, oppure trasferirlo alla persona indicatagli dal fiduciante o al fiduciante stesso.
    In caso di violazione dell’obbligo, il fiduciante può agire solo per il risarcimento dei danni.


    Nei rapporti di fiducia di tipo romano si parla anche di interposizione reale di persona , nel senso che, con l’intestazione fiduciaria, l’interposto acquista effettivamente la titolarità del bene o diritto, ma, in virtù di un rapporto obbligatorio interno con l’interponente, è tenuto ad un determinato comportamento convenuto con il fiduciante ed a retrocedere i beni a quest’ultimo al verificarsi di una situazione determinante il venir meno della causa fiduciae (Cass. 27 novembre 1999, n. 13261; Cass. 23 giugno 1998, n. 6246; Cass. 14 ottobre 1995, n.10768, in Vita not., 1996, p. 1417 ss.; Cass. 29 novembre 1983, n. 7152

    Nella fiducia di tipo germanico, invece, secondo una prima elaborazione, al fiduciario viene trasferito un potere giuridico di disposizione illimitato condizionato ri3solutivamente; ogni uso contrario allo scopo convenuto determina un ritorno del bene al fiduciante, anche a danno del terzo acquirente. In una successiva elaborazione della figura in questione, invece, si è preferito porre l’accento sulla separazione fra titolarità formale del diritto e legittimazione al suo esercizio Cfr. per tutte Cass. 14 ottobre 1997, n. 10031.



    Natura giuridica del negozio fiduciario
    L’individuazione della natura giuridica del negozio fiduciario ha condotto a diversi modi di inquadramento dell’istituto.

    1. Teoria negatrice della rilevanza giuridica, nel nostro ordinamento, del negozio fiduciario.
    All’interno di questa teoria si distinguono poi le opinioni di chi considera la fiducia soltanto un motivo, non idoneo per sua natura a reagire sul negozio. Secondo questa opinione, accanto alle cause che iustificano i negozi tra vivi (causa donandi, solvendi, credendi), non può concepirsi una causa fiduciae, in quanto la fiducia non è una causa, ma un motivo (Barbero), del tutto irrilevante, salvo quando sia illecito
    e conseguente causa di nullità.


    Si segnala poi la posizione di Santoro Passarelli, secondo il quale la causa fiduciae non è ammissibile nel nostro ordinamento in quanto si risolverebbe in un’arbitraria e non consentita astrazione parziale dalla causa del negozio tipico, non essendo ipotizzabili una vendita, una donazione, una disposizione di ultima volontà fiduciaria, poiché la funzione cui sarebbero piegate dalla cd. causa fiduciae è incompatibile
    con la causa propria di ciascuno dei suddetti negozi.

    Non manca neppure chi giunge alla stessa conclusione che esclude rilevanza giuridica al negozio fiduciario nel nostro ordinamento, per essere caratterizzato da un numerus clausus di cause, tra le quali non vi è la causa fiduciae.


    2. Teoria della ammissibilità della causa fiduciae: considera il negozio fiduciario un negozio atipico, un unico negozio con causa unica, caratterizzato da una causa sua propria. Questa teoria si basa ssenzialmente sul principio dell’autonomia contrattuale, libera di autodeterminarsi, purché si perseguano interessi meritevoli di tutela BETTI, teoria generale del negozio giuridico, 1960,


    Ciò si giustifica inoltre ritenendo che la tipicità dei diritti reali non comporta necessariamente la tipicità dei negozi ad effetti reali, cioè delle forme negoziali capaci di produrli.
    In contrario è stato osservato che costituendo i diritti reali un numerus clausus, non è ammissibile nel nostro sistema una proprietà fiduciaria, cioè temporanea e risolubile, se non nei casi espressamente previsti dalla legge.
    CARIOTA FERRARA, I negozi fiduciari, cit., p. 124; PUGLIATTI, Fiducia e rappresentanza indiretta,
    cit., p. 267 ss.; SACCO - DE NOVA, Il contratto, I, Torino, 1993, p. 673 ss.; TRIMARCHI, Negozio
    fiduciario, cit., p. 42 ss. ,





    Proprietà fiduciaria.

    L’elemento che caratterizza la fiducia è l’affidamento che il fiduciante ripone nel fiduciario, il quale ha l’obbligo di rispettare il pactum fiduciae, ma ha anche un potere di abuso, ossia di servirsi del diritto in modo non conforme agli scopi pattuiti.

    Proprio sulla base di tale osservazione, si è profilato in tempi recenti un diverso approccio SANTORO secondo cui il diritto che le parti vogliono trasferire mediante il negozio fiduciario non sarebbe il diritto di proprietà inteso nel senso tecnico tradizionale del nostro ordinamento giuridico, ma piuttosto un diritto reale minore che può definirsi di “proprietà fiduciaria”, caratterizzato da alcune connotazioni particolari, quali una “durata limitata, combinata con la rilevanza giuridica dei fini che il fiduciante vuole conseguire, che realizza una particolare funzione economico-sociale e che giustifica questa differenziazione rispetto alla proprietà”


    In particolare il fiduciante trasferisce al fiduciario uno o più beni non già per realizzare il tipico effetto traslativo, bensì per conferire l’incarico al fiduciario di amministrare il bene secondo le sue direttive ovvero di ritrasferirlo allo stesso su sua semplice richiesta ovvero, ancora, di trasferirlo ad un terzo previamente indicato (in quest’ultimo caso si realizza la fattispecie dell’interposizione reale di persona).



    Nell’ambito della fiducia di tipo romano si suole distinguere (per tutte Cassazione 18-10-1991, n.11025) tra fiducia statica e dinamica : la prima risulta connotata dal trasferimento del diritto dal fiduciante al fiduciario, seguito dal pactum fiduciae, la seconda dal fatto che il fiduciario è già titolare della situazione giuridica attiva che lo stesso si obbliga a modificare nel senso voluto dal fiduciante.


    . - La causa fiduciae.


    La causa del negozio fiduciario può essere ravvisata in una fantomatica fiducia? Può cioè il pactum fiduciae, di per sè solo, giustificare causalmente il trasferimento dal fiduciario al fiduciante (nelle ipotesi di fiducia dinamica)?



    TESI NEGATIVA ORIENTAMENTO

    Autorevole dottrina (Santoro-Passarelli, cit., 180) ha decisamente optato per la risposta negativa, adducendo la sottile e convincente argomentazione secondo la quale la causa fiduciae si risolverebbe in un’arbitraria e non consentita astrazione parziale dalla causa del negozio tipico. In particolare poi si rileva (Pugliatti, Fiducia e rappresentanza indiretta, in Diritto civile. Saggi, 201 ss.) come la causa fiduciaria importi un trasferimento provvisorio della proprietà,in contrasto con il carattere perpetuo della stessa.


    Come detto, infatti, l’operatività della causa tipica del negozio utilizzato (ad esempio la vendita) viene limitata e ridimensionata dall’intento pratico che le parti perseguono nel caso concreto, che con la causa stessa risulta incompatibile (le parti non vogliono che lo scambio tra prezzo e cosa si realizzi compiutamente).


    La rilevanza del fine ulteriore delle parti, così come accade per il negozio indiretto, viene in tal modo confinata nell’alveo dei motivi soggettivi, irrilevanti fino a quando non inficiano la validità del negozio a cagione della loro illiceità (ad esempio, l’alienazione in garanzia al fiduciario potrebbe eludere il divieto del patto commissorio).

    La causa del negozio fiduciario viene conseguentemente individuata di volta in volta nella causa del mandato (fiducia cum amico) ovvero in quella di garanzia (fiducia cum creditore).




    Un’altra parte della dottrina) sembra invece riconoscere cittadinanza nel nostro ordinamento e della sua ammissibilità nel nostro ordinamento giuridico ad un’autonoma causa fiduciae, suscettibile di giustificare non solo il pactum fiduciae, bensì l’intera vicenda negoziale nel suo complesso, compreso l’eventuale trasferimento del diritto in capo al fiduciario. relative all’interposizione reale di persona;

    (Grassetti, Del negozio fiduciario, , in Rivista diritto commerciale, 1936, I, 345; Carnevali, Negozio fiduciario, in Enciclopedia giuridica Treccani, XX, 4-5) e della giurisprudenza (Cassazione 91/11025 citata; Cassazione 27-3-97, n. 2756 e Cassazione 15-5-98, n. 4911



    1.c. – La causa di destinazione e la separazione patrimoniale.


    Una particolare species del genus “negozio fiduciario” è costituita dal negozio di destinazione, a mezzo del quale il fiduciante vincola uno o più beni di sua proprietà ovvero previamente trasferiti al fiduciario alla realizzazione di un determinato scopo a beneficio di soggetti determinati o quantomeno determinabili.


    Allo scopo di consentire la detta finalità si determina quale effetto principale la separazione dei beni vincolati dal resto del patrimonio del proprietario; vale a dire che i beni vincolati ed i loro frutti oltre a poter essere impiegati esclusivamente per il conseguimento del fine di destinazione, possono costituire oggetto di azione esecutiva da parte dei creditori solo per debiti contratti per la realizzazione dello stesso.


    E’ opportuno ricordare che la separazione descritta è quella cosiddetta unidirezionale , rimanendo ferma la facoltà dei creditori di agire esecutivamente anche sui beni non vincolati per i debiti afferenti il fine di destinazione. Qualora ciò sia precluso espressamente, la separazione è definita bidirezionale; in tal caso si suole parlare altresì di segregazione , ovvero di incomunicabilità bidirezionale tra il patrimonio separato ed il soggetto che ne è titolare (Lupoi, Trusts, 565, il quale, tra l’altro, sottolinea come questa a differenza della prima possa avere ad oggetto anche singoli beni e non necessariamente tutto il patrimonio).


    La separazione patrimoniale, dunque, pregiudica i creditori che vedono limitata la garanzia generica offerta dal patrimonio del loro debitore, in deroga all’articolo 2740 codice civile.

    Per tale motivo, fino all’introduzione dell’articolo 2645 ter, il legislatore ha sempre dimostrato una certa ritrosia nel concepire una pluralità di masse patrimoniali in capo ad un unico soggetto, preferendo o soggettivizzare il patrimonio (come è avvenuto per il riconoscimento della costituzione unilaterale della s.r.l. prima e della s.p.a. poi) ovvero procedere in via esclusiva ad una valutazione della meritevolezza dell’interesse in gioco rispetto a quello dei creditori, riconoscendo ipotesi specifiche e tassative di destinazione (come è avvenuto per il fondo patrimoniale e per i patrimoni destinati ad uno specifico affare) e precludendo così una tale possibilità all’autonomia privata.



    Dottrina e giurisprudenza hanno invece sempre negato cittadinanza nel nostro ordinamento alla proprietà fiduciaria, ad una proprietà cioè fortemente limitata e compressa dal vincolo di destinazione (per non dire una proprietà meramente formale), nonchè circoscritta nel tempo (dovendo il fiduciario trasferire il bene al fiduciante o ad un terzo, come visto); ad un diritto dominicale insomma che non assume più i connotati suoi tipici della perpetuità, pienezza ed assolutezza, in violazione del principio generale, la cui esistenza è oramai sostenuta dalla unanime giurisprudenza, del numerus clausus dei diritti reali.

    . - L’articolo 2645ter

    Nell’ambito delle discussioni sopra riportate, la nuova disposizione codicistica produce un effetto devastante.



    Così dispone l’articolo 2645 ter : ”Gli atti in forma pubblica con cui beni immobili o beni mobili iscritti in pubblici registri sono destinati, per un periodo non superiore a novanta anni o per la durata della vita della persona fisica beneficiaria, alla realizzazione di interessi meritevoli di tutela riferibili a persone con disabilità, a pubbliche amministrazioni, o ad altri enti o persone fisiche ai sensi dell'articolo 1322, secondo comma, possono essere trascritti al fine di rendere opponibile ai terzi il vincolo di destinazione; per la realizzazione di tali interessi può agire, oltre al conferente, qualsiasi interessato anche durante la vita del conferente stesso. I beni conferiti e i loro frutti possono essere impiegati solo per la realizzazione del fine di destinazione e possono costituire oggetto di esecuzione, salvo quanto previsto dall'articolo 2915,
    ”.

    La considerevole portata innovativa, tuttavia, avrebbe meritato una puntuale, compiuta e più dettagliata disciplina sostanziale dell’istituto, che invece sembra essere stata dettata en passant, confondendola per altro in una norma ed in un contesto topografico specifico concernenti


    Anzitutto viene conferita dignità di causa autonoma e sufficiente alla causa fiduciae ed, in particolare, alla causa di destinazione, capace così anche di giustificare il trasferimento del diritto dal fiduciante al fiduciario.


    Il vincolo di destinazione viene arricchito di una rivoluzionaria opponibilità ai terzi mediante la trascrizione dello stesso; ciò significa che l’eventuale atto di disposizione del bene in violazione del vincolo di destinazione non è più solo fonte di responsabilità per il fiduciario. Infatti l’atto è sì valido, ma inefficace rispetto ai beneficiari della destinazione (in tal senso Petrelli, cit.).

    Inoltre qualunque interessato può agire per la realizzazione degli interessi dei beneficiari, eventualmente facendo valere l’inefficacia stessa.


    Riconoscendo efficacia erga omnes al vincolo, il legislatore sembra allora aver creato addirittura un nuovo diritto reale, una nuova forma di diritto di proprietà funzionalizzata al perseguimento di specifici interessi meritevoli di tutela (Petrelli, cit.) e perciò compressa rispetto al contenuto suo tipico.



    Non è più possibile allora barricarsi dietro il “paravento” del principio del numerus clausus dei diritti reali: deve ammettersi che è nata nel nostro ordinamento la proprietà fiduciaria. Quindi non sarà dato più parlare del collegamento tra due negozi, uno obbligatorio e ad efficacia interna (pactum fiduciae) ed uno traslativo ad efficacia esterna, ciascuno con una propria differente causa.


    Sarà rinvenibile un unico negozio fiduciario, con un unico effetto (esterno) e con un’unica causa fiduciae, la quale non connota più il solo pactum fiduciae (come sopra detto), bensì il negozio nel suo complesso, trasferimento compreso.


    Differenze da altri istituti
    Il negozio fiduciario, nel quale entrambi i negozi sono reali ed effettivamente voluti dalle parti, si differenzia dal negozio simulato della simulazione relativa, in cui è voluto ed è reale il solo negozio interno - efficace tra le parti -, mentre il negozio esterno - efficace entro determinati limiti nei confronti dei terzi – è solo fittizio.

    Il negozio fiduciario si differenzia anche dal negozio di fiducia (ad esempio procura o mandato), che si fonda sull’intuitus personae ed è caratterizzato da una fiducia diversa dalla fiducia in senso tecnico. Nel negozio di fiducia, che non indica una categoria di negozi giuridici, ma la denominazione di una particolare serie di negozi, la fiducia ha una funzione meramente psicologica o di semplice motivo.

    Negozio fiduciario avente per oggetto beni immobili
    Il negozio fiduciario che abbia per oggetto beni immobili si scontra innanzitutto,nel nostro ordinamento giuridico, con l’esigenza di forma del negozio giuridico, sancita a pena di nullità dall’art. 1350 c.c., il quale richiede l’atto pubblico o la scrittura privata per i contratti che trasferiscono la proprietà di beni immobili o che costituiscono, modificano o trasferiscono diritti reali di godimento sugli stessi.

    Saranno pertanto soggetti a forma scritta sia il contratto di trasferimento alla società fiduciaria, che il contratto di ritrasferimento al fiduciante, nonché lo stesso
    pactum fiduciae Secondo la giurisprudenza prevalente, anche per il pactum fiduciae relativo a beni immobili è richiesta la forma scritta ad substantiam: Cass. 14 ottobre 1995, n. 10768, in Vita not., 1996, p.1417; Cass. 28 settembre 1994, n. 7899,


    A questa norma fa poi da corollario la normativa dettata in tema di pubblicità, che indica come titolo idoneo per la trascrizione l’atto pubblico, la scrittura privata autenticata o accertata giudizialmente o la sentenza (art. 2657 c.c.).
    La giurisprudenza, nell’individuare la disciplina della forma, equipara l’obbligo di ritrasferimento derivante dal pactum fiduciae allo stesso obbligo nascente dal contratto preliminare Cass. 19 luglio 2000, n. 9489; Cass. 29
     
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  2. max112
     
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    Una volta ho letto (penso Gorla) che il negozio fiduciario non è ammissibile, perché la fiducia attiene ad un piano metagiuridico o, per esprimersi in termini più tecnici,sarebbe relegata nell'ambito dei motivi e non in quello della causa del negozio.

    Comunque la giurisprudenza lo ammette e talvolta lo configura come collegamento di più negozi: un primo negozio con cui si trasferisce ed un altro con cui si stabilisce la deminutio del diritto trasferito o la restituzione.

    Accedendo a questa tesi viene da opinare nel senso della trscrivibilità di entrambi, ma non nel'applicazione dell'art.2645 cc, perché il secondo negozio non sarebbe di destinazione in senso stretto, ma piuttosto sarebbe di natura dispositiva del diritto reale.
     
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  3. alex.falco
     
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    CITAZIONE (max112 @ 17/6/2009, 23:28)
    Una volta ho letto (penso Gorla) che il negozio fiduciario non è ammissibile, perché la fiducia attiene ad un piano metagiuridico o, per esprimersi in termini più tecnici,sarebbe relegata nell'ambito dei motivi e non in quello della causa del negozio.

    Comunque la giurisprudenza lo ammette e talvolta lo configura come collegamento di più negozi: un primo negozio con cui si trasferisce ed un altro con cui si stabilisce la deminutio del diritto trasferito o la restituzione.

    Accedendo a questa tesi viene da opinare nel senso della trscrivibilità di entrambi, ma non nel'applicazione dell'art.2645 cc, perché il secondo negozio non sarebbe di destinazione in senso stretto, ma piuttosto sarebbe di natura dispositiva del diritto reale.

    GRAZIE MAX e' cosi, solo per qualche autore dico uno solo vi sarebbe la corrispondenza,
    per il resto dominante e' l'orientamento da te delineato.
    sei sempre attento
    saluti


    riporto

    http://www.dirittoprivatoinrete.it/negozio_fiduciario.htm

    Qualche autore ha creduto di vedere un'applicazione concreta del trust in Italia con il nuovo articolo 2645 ter del codice civile introdotto con con l. 23 febbraio 2006, n. 51.
    Ma se si legge con attenzione tale articolo, si scopre che si separano alcuni beni del conferente dal suo patrimonio per permettere di raggiungere determinati scopi, come la beneficenza; tale atto di separazione patrimoniale può ora essere trascritto e divenire opponibile ai terzi, anche creditori del conferente.
    Rispetto al trust, però, ma manca la figura del trasferimento fiduciario, manca il fiduciario, il trustee, esistendo solo il vincolo di destinazione (sul punto è d'accordo anche il Bianca Di Mirzia in " Solo Diritto" del 5\03\2009).
     
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  4. alex.falco
     
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    http://books.google.it/books?id=j6hM-yTX33...page&q=&f=false

    giur dal 1899 al 2006
     
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    Materiali per l'approfondimento: i contributi della moderna dottrina


    Fabrizio Pascucci

    (notaio)

    Vincoli fiduciari di destinazione

    Padova - Cedam

    2012



    Dalla Presentazione:

    Con l’introduzione dell’art. 2645-ter nel Codice civile il Legislatore, per la prima volta, ammette la categoria generale, in precedenza discussa in dottrina, degli atti di destinazione allo scopo.

    La fattispecie costituisce il primo esempio di istituto idoneo ad integrare una limitazione della responsabilità generale del debitore al fine del perseguimento di interessi meritevoli di tutela anche atipici.

    I vincoli di destinazione sono idonei, quindi, a conseguire un effetto di separazione patrimoniale analogo a quello già prodotto, nel nostro ordinamento, dai trusts di common law con i quali, nell’opera, vengono raffrontati.

    Essi però consentono, in virtù dell’ampio spazio che aprono all’autonomia negoziale, di conseguire il suddetto effetto mediante strumenti propri della nostra cultura giuridica, senza necessità di ricorrere alla scelta di istituti e legislazioni di altri Paesi.

    Si aprono quindi scenari evolutivi circa la configurazione, nel nostro ordinamento, del fenomeno della fiducia la quale può finalmente conseguire, mediante apposite clausole negoziali, efficacia esterna ed opponibilità ai terzi.


    §



    Indice Sommario



    Capitolo Primo

    Il vincolo di destinazione ex art. 2645 ter cod. civ.



    1. Natura giuridica.
    2. Il fenomeno della destinazione »
    3. La struttura negoziale »
    4. La forma»
    5. La trascrizione nei registri immobiliari »
    6. Gli interessi meritevoli di tutela »
    7. L’oggetto »
    8. La separazione patrimoniale »
    9. La circolazione dei beni vincolati »
    10. L’estinzione del vincolo di destinazione »

    Capitolo Secondo

    Trust e fiducia nell’ordinamento giuridico italiano



    1. Concetto di trust. Evoluzione storica dell’istituto.
    2. Caratteristiche dei trusts di common law. Definizione della corretta terminologia. »
    3. Operatività dei trusts nell’ordinamento giuridico italiano »
    4. Trust, fiducia e negozio fiduciario »
    5. Comparazione tra trust e vincolo di destinazione ex art. 2645 ter cod. civ. »

    Capitolo Terzo

    I vincoli fiduciari di destinazione



    1. Configurazione del vincolo fiduciario di destinazione.
    2. Vincolo di destinazione e fiducia statica »
    3. L’effetto di separazione patrimoniale »
    4. Conclusioni ».

    §§§



    emmaus

    ("Cena in Emmaus", di Michelangelo Merisi detto il "Caravaggio". Londra, National Gallery)
     
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    §§§

    Negozio fiduciario

    Cassazione civile, sez. II, 27 agosto 2012, n. 14654




    Come è opinione anche della dottrina dominante, il negozio fiduciario è il negozio con il quale un soggetto (il fiduciante) trasferisce ad un altro soggetto (il fiduciario) la titolarità di un diritto, il cui esercizio viene limitato da un accordo tra le parti (pactum fiduciae) per uno scopo che il fiduciario si impegna a realizzare, ritrasferendo poi il diritto allo stesso fiduciante o ad un terzo beneficiario.

    La fattispecie si sostanzia in un accordo tra due soggetti, con cui il primo trasferisce (o costituisce) in capo al secondo una situazione giuridica soggettiva (reale o personale) per il conseguimento di uno scopo pratico ulteriore, ed il fiduciario, per la realizzazione di tale risultato, assume l'obbligo di utilizzare nei tempi e nei modi convenuti la situazione soggettiva, in funzione strumentale, e di porre in essere un proprio comportamento coerente e congruo.

    Trattandosi di fattispecie non espressamente disciplinata dalla legge, e, in mancanza di una disposizione espressa in senso contrario, il pactum fiduciae non può che essere affidato al principio generale della libertà della forma.

    § Sal § ®


    §


    Cassazione civile, sez. II, 25 maggio 2017, n. 13216



    Secondo il costante orientamento della Suprema Corte di legittimità, il negozio fiduciario rientra nella categoria più generale dei negozi indiretti, caratterizzati dal fatto di realizzare un determinato effetto giuridico non in via diretta, bensì indiretta (Cass. 9 maggio 2011, n. 10163). Il negozio, che è realmente voluto dalle parti, viene infatti posto in essere in vista di un fine pratico diverso da quello suo tipico, e corrispondente in sostanza alla funzione di un negozio diverso; pertanto, l'intestazione fiduciaria di un bene comporta un vero e proprio trasferimento in favore del fiduciario, limitato però dagli obblighi stabiliti inter partes, compreso quello del trasferimento al fiduciante, in cui si ravvisa il contenuto del pactum fiduciae (Cass. 2 aprile 2009, n. 8024). Ne consegue come necessario corollario che se il pactum fiduciae riguardi beni immobili, occorre che esso risulti da un atto in forma scritta ad substantiam, atteso che esso è sostanzialmente equiparabile al contratto preliminare per il quale l'art. 1351 c.c., impone la stessa forma del contratto definitivo (Cass. 13 ottobre 2004, n. 20198; Cass. 19 luglio 2000, n. 9489; Cass. 29 maggio 1993, n. 6024)


    § Sal § ®




    §§§

     
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