Presupposizione

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  1. Ipso iure
     
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    Ragazzi! L'esempio del balcone e della manifestazione è citato da moltissimi testi: è un caso di scuola.
    Se poi, come riferisce Oponcho, si tratta di un vecchio caso giudiziario inglese.....
    Insomma non è dirimente! ^_^

    ________________________________________________________________________

    Mi sembra invece utile lavorare sull'istituto della presupposizione, interessante, tanto più in assenza di riferimenti normativi, per i risvolti pratici e per le soluzioni costruite dalla giurisprudenza

    La presupposizione non è prevista dal codice, ma è una figura di creazione dottrinale, recepita poi dalla giurisprudenza.
    La funzione dell'istituto consiste nel creare forme di tutela per sopravvenienze che alterino l'equilibrio contrattuale e risolvano la frustrazione dell'interesse di una parte rispetto all'altra.
    Si tratta di un presupposto del contratto, dato per certo al momento della stipulazione, ma che, in seguito, può venire a mancare, generando così una situazione di squilibrio tra gli interessi dei contraenti, che la giurisprudenza tenta di risolvere.

    Il problema principale che si pone è che spesso, nella prassi, la presupposizione non è menzionata nel contratto, ma - secondo una interpretazione fondata sulla buona fede - deve ritenersi fondamentale nella regolazione dell'assetto degli interessi contrattuali.
    Le parti, pur non menzionandola, hanno considerato determinante, per la conclusione della pattuizione, il verificarsi di una situazione di fatto attuale o futura.
    Si parla anche di condizione inespressa, proprio per la caratteristica che la presupposizione non viene menzionata nel contratto.

    Tuttavia, la presupposizione si differenzia dalla condizione (elemento accidentale del negozio), perchè mentre l'evento presupposto è dato per certo, al momento della stipula, dalle parti e può riguardare una situazione attuale (es: edificabilità del terreno) o futura (es: svolgimento della manifestazione); la condizione è per definizione evento futuro ed incerto dalla cui verificazione si fa dipendere l'efficacia (cond. sospensiva) o la cessazine dell'efficacia (cond. risolutiva) del contratto (art. 1353 segg.)

    Un altro esempio, ben più frequente nella pratica, consiste nell'acquisto di un terreno, "presupposto" dalle parti come edificabile, che poi non risulta essere tale.

    Requisitiper la rilevanza della presupposizione sono:
    1. rilevanza determinante della situazione di fatto nell'assetto di interessi contrattuali;
    2. la situazione deve essere comune, cioè almeno nota alla controparte;
    3. oggettiva ed esterna al contratto.

    Il problema che si pone è il seguente:
    se il presupposto, non menzionato, non si verifica, il contratto va rispettato o no?

    Il problema nasce dal contrasto, da un lato, con il principio di irrilevanza dei motivi e l'assenza di previsione normativa espressa sulla presupposizione; dall'altro, dal rispetto del principio di buona fede che impone la ricerca di un mezzo di tutela per il contraente che contratta in virtù di un presupposto noto all'altra parte.

    La difficoltà pratica consiste nell'individuazione delle forme di tutela: diverese le opzioni giurisprudenzali:

    1. Facendo riferimento al contratto condizionato ovvero alla nozione di causa in concreto (CASS. 6631 del 24 marzo 2006), parte della giurisprudenza ritiene che la mancata verificazione della presupposizione comporta risoluzione per eccessiva onerosità (art. 1467) oppure risoluzione per impossibilità sopravvenuta (art. 1463);

    2. Altro orientamento ritiene esperibile il diritto di recesso (art. 1373) dal contratto, ritenendo la presupposizione come presupposto di efficacia del contratto (CASS. 12235 del 25 maggio 2007);

    3. L'orientamento più recente utilizza la risoluzione per eccessiva onerosità (art. 1467), come rimedio generale per la gestione delle sopravvenienze rispetto alla regolazione degli interesi contrattuali: il contratto viene caducato, per alterazione dell'assetto di interessi.

    Edited by Ipso iure - 3/9/2012, 10:47
     
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  2. Avv Magra
     
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    Sulla presupposizione è di estrema qualità la monografia del Prof. Angelo Belfiore (ordinario di diritto civile), edita da Giappichelli, . Un estratto di essa può leggersi in tale link.
    www.ambientediritto.it/dottrina/Dot...to_belfiore.htm
     
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    CONTRATTO IN GENERALE – SOPRAVVENIENZE E PRESUPPOSIZIONE



    ***




    In tema di corretta applicazione degli istituti
    dell'impossibilità sopravvenuta e della presupposizione


    Cassazione civile, sez. VI - 2, ordinanza 4 maggio 2015 (ud. 26/11/2015), n. 8867


    Quesito:

    se la figura della presupposizione possa considerarsi quale specifico presupposto oggettivo, da tenersi distinto sia dai cosiddetti presupposti causali, sia dai risultati dovuti la cui mancanza legittima l'esercizio del recesso.

    Principii:

    Il presupposto per l'applicazione dell'istituto della presupposizione è rappresentato dall'inerenza specifica dell'interesse, o condizione, sotteso al contratto, alla causa del contratto stipulato.


    La "presupposizione" è configurabile quando, da un lato, un'obiettiva situazione di fatto o di diritto (passata, presente o futura) possa ritenersi che sia stata tenuta presente dai contraenti nella formazione del loro consenso - pur in mancanza di un espresso riferimento ad essa nelle clausole contrattuali - come presupposto condizionante la validità e l'efficacia del negozio e, dall'altro, il venir meno o il verificarsi della situazione stessa sia del tutto indipendente dall'attività e volontà dei contraenti e non corrisponda, integrandolo, all'oggetto di una specifica obbligazione dell'uno o dell'altro.


    (§ Sal. §)

    §





    LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
    SEZIONE SESTA CIVILE
    SOTTOSEZIONE 2



    Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

    Dott. PETITTI Stefano - Presidente -
    Dott. MANNA Felice - Consigliere -
    Dott. CORRENTI Vincenzo - Consigliere -
    Dott. FALASCHI Milena - Consigliere -
    Dott. SCALISI Antonino - rel. Consigliere -

    ha pronunciato la seguente:

    ordinanza



    sul ricorso 25300/2013 proposto da:

    M.D. (OMISSIS), elettivamente domiciliato in
    ROMA, VIA SILVIO PELLICO 16, presso lo studio dell'avvocato GARCEA
    FRANCO, che lo rappresenta e difende unitamente agli avvocati ALFREDO
    ZUCCHI, ANDREA MARZOLA giusta procura speciale in calce al ricorso;
    - ricorrente -

    contro


    EASY FORM SRL;
    intimata -

    avverso la sentenza n. 203/2012 del TRIBUNALE di FERRARA del 31/01/2012, depositata il 13/02/2012;

    udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 26/11/2014 dal Consigliere Relatore Dott. ANTONINO SCALISI;

    udito l'Avvocato Garcea Franco difensore del ricorrente che ha chiesto l'accoglimento del ricorso.

    Fatto e Diritto




    Rilevato che il Consigliere designato, Dott. A. Scalisi, ha depositato ai sensi dell'art. 380 bis c.p.c., la seguente proposta di definizione del giudizio:

    "Preso atto che La società Easy Form srl., con atto di citazione regolarmente notificato proponeva appello avverso la sentenza n. 50156 del 2009 con la quale il Giudice di Pace di Ferrara rigettava la domanda della stessa volta ad ottenere la corresponsione dell'importo di Euro 2.250,00 in relazione al contratto sottoscritto dalle parti. Rilevava la società Easy Form di svolgere attività di insegnamento della lingua inglese presso il centro Wall Street Istitute di Ferrara, di avere stipulato con M.D. un contratto avente ad oggetto la frequentazione di un corso di inglese da parte dello stesso per la durata di sedici mesi al costo di Euro 2.620,00 di cui Euro 370,00 versati al momento della sottoscrizione del contratto.

    Si costituiva M.D., eccependo di non aver fruito del corso di inglese a causa delle gravi condizioni di salute della propria figlia minore G. che si ammalò di leucemia acuta nel mese di settembre 2005.

    Il convenuto chiedeva quindi il rigetto della domanda dell'attrice.

    Con l'appello la società Easy Form srl, lamentava l'erronea applicazione ed interpretazione degli artt. 1256 e 1463 c.c..

    Si costituiva M. contestando il gravame e chiedendone il rigetto.

    Il Tribunale di Ferrara con sentenza n. 203 del 2012 accoglieva l'appello e condannava M. al pagamento della somma di Euro 1.750,00 oltre interessi legali e compensava le spese processuali.

    Secondo il Tribunale di Ferrara, nel caso di specie il Giudice di Pace avrebbe erroneamente applicato la disciplina dell'impossibilità sopravvenuta, come causa di estinzione dell'obbligazione e di risoluzione del contratto, dato che nonostante la gravità dell'evento (la malattia grave della figlia sfociata poi nell'esito letale), il M. non fosse, comunque, nell'impossibilità di fruire della prestazione.

    A sua volta l'evento che ha colpito la figlia, sempre secondo il Tribunale, non avrebbe alcuna correlazione con il corso di lingue che doveva intraprendere il genitore e, comunque, non sussisterebbe il presupposto per l'applicazione dell'istituto della presupposizione.

    La cassazione di questa sentenza è stata chiesta da M. D. con ricorso affidato a due motivi. La società Easy Form, regolarmente intimata in questa fase, non ha svolto alcuna attività giudiziale.

    Considerato che:



    In via preliminare, il relatore, ritiene opportuno evidenziare che il ricorso, così come è stato detto dallo stesso ricorrente, è stato proposto tempestivamente, nonostante dopo 18 mesi dalla pubblicazione della sentenza impugnata.

    Va qui chiarito che la sentenza impugnata è stata depositata il 13 febbraio 2012 e, così come ha evidenziato lo stesso ricorrente, l'art. 6 della legge 122 del 2012 integrato dalla L. n. 213 del 2012, art. 13 quater, ha sospeso i termini processuali per tutti i soggetti residenti o aventi sede nel territorio del Comune di Ferrara (a seguito degli eventi sismici del 20-29 maggio 2012) dal 20 maggio fino al 30 giugno 2013.

    Pertanto, dovendo considerare che il 13 maggio 2012 erano già trascorsi i primi tre mesi utili per l'impugnazione e al 20 maggio 2012 erano maturati ulteriori 6 giorni:

    Considerata la sospensione dei termini feriali, nonchè il mese di luglio 2013, gli ulteriori tre mesi utili per l'impugnazione sono venuti a scadere il sabato 9 novembre 2013 (luglio, 15 settembre - 15 ottobre, 15 ottobre - 15 novembre meno i sei giorni già maturati il 20 maggio 2012).

    Il ricorso risulta notificato il 5 novembre 2013 e, pertanto, tempestivamente.

    1.- Con il primo motivo del ricorso M.D. lamenta la violazione e falsa applicazione dell'art. 1463 c.c., difetto di motivazione sulla ritenuta inammissibilità della risoluzione contrattuale.

    Secondo il ricorrente il Tribunale di Ferrara non avrebbe tenuto conto che l'automatica estinzione dell'obbligazione e la risoluzione del contratto possa derivare anche dalla impossibilità di utilizzazione della prestazione da parte del creditore.

    Nel caso specifico, era venuto oggettivamente meno l'interesse creditorio del M. (nella specie per la malattia della figlia minore e la sua successiva morte), all'apprendimento di una lingua straniera ed al superamento di un test obiettivo di apprendimento, e ciò non poteva che determinare l'estinzione del rapporto obbligatorio in ragione del sopravvenuto difetto del suo elemento funzionale che si risolveva in una sopravvenuta irrealizzabilità della causa concreta del contratto stesso assumendo conseguentemente rilievo quale autonoma causa della relativa estinzione.

    D'altra parte il venir meno dell'interesse creditorio (e della causa del contratto che ne costituisce la fonte) può essere legittimamente determinato anche dalla sopravvenuta impossibilità di utilizzazione della prestazione, qualora essa si presenti come non imputabile al creditore, nonchè oggettivamente incidente sull'interesse che risulta anche implicitamente obiettivato nel contratto.

    In conclusione, il ricorrente formula il seguente quesito di diritto:

    è corretta l'applicazione della norma di cui all'art. 1463 c.c., ed, in particolare, se il caso di specie rientra tra i casi di impossibilità sopravvenuta?

    1.1.- Il motivo è infondato.

    A parere del relatore, il Tribunale di Ferrara, non ha escluso che l'impossibilità sopravvenuta della prestazione si potesse avere, anche nel caso in cui, sia divenuta impossibile l'utilizzazione della prestazione della controparte per fatto non imputabile al creditore e il suo interesse a riceverla sia venuto meno, verificandosi in tal caso la sopravvenuta irrealizzabilità della finalità essenziale in cui consiste la causa concreta del contratto e la conseguente estinzione dell'obbligazione.

    Piuttosto, il Tribunale di Ferrara, pur confermando questo principio, che anche in questa sede va ribadito, ha, correttamente, escluso che, nel caso concreto, la malattia della figlia, sfociata, per altro, nell'evento letale, predicasse l'impossibilità del M. a fruire della prestazione.

    Ovviamente, diversa sarebbe stata l'ipotesi, ma non è stata eccepita, in cui la malattia della figlia avesse determinato uno squilibrio fisio psichico del M. tale da impedire l'utilizzabilità della prestazione della società Easy Form.

    Come correttamente ha affermato il Tribunale di Ferrara nella specie, nonostante la gravità dell'evento che ha colpito il signor M., non può predicarsi l'impossibilità di fruire della prestazione, ma solo il sopravvenuto disinteresse, il disagio psicologico e la difficoltà verosimilmente di apprendimento conseguente ad un evento così sconvolgente come quello che ha colpito la figlia e che è sfociato poi nell'esito letale.

    2.- Con il secondo motivo il ricorrente lamenta la violazione e falsa applicazione dell'istituto della presupposizione.

    Secondo il ricorrente, il Tribunale di Ferrara avrebbe errato nell'aver escluso che la malattia della figlia integrasse gli estremi di una presupposizione, determinando la stessa una incapacità del M., intesa come forma mentis, tranquillità emotiva e capacità di apprendimento. La presupposizione assolverebbe al compito di conservare l'equilibrio sinallagmatico del contratto, nel caso in cui siano intervenuti eventi imprevedibili che abbiano alterato il rapporto tra le reciproche prestazioni, così come stabilito dalle parti.

    Il ricorrente conclude formulando il seguente quesito di diritto:

    la figura della presupposizione è da considerarsi quale specifico presupposto oggettivo, da tenersi distinto sia dai cosiddetti presupposti causali, sia dai risultati dovuti la cui mancanza legittima l'esercizio del recesso.

    2.1.- Anche questo motivo è infondato.

    Come ha correttamente chiarito il Tribunale di Ferrara, l'istituto della presupposizione non era correttamente invocato perché l'evento che ha colpito la figlia non aveva nessuna correlazione con il corso di lingue che doveva intraprendere il genitore e, comunque, il presupposto per l'applicazione dell'istituto della presupposizione è rappresentato dall'inerenza specifica dell'interesse, o condizione, sotteso al contratto, alla causa del contratto stipulato che nel caso di specie difettava.

    Come è affermazione pacifica in dottrina e nella stessa giurisprudenza di questa Corte (Cass. n. 19144 del 23/09/2004), la "presupposizione" è configurabile quando, da un lato, un'obiettiva situazione di fatto o di diritto (passata, presente o futura) possa ritenersi che sia stata tenuta presente dai contraenti nella formazione del loro consenso - pur in mancanza di un espresso riferimento ad essa nelle clausole contrattuali - come presupposto condizionante la validità e l'efficacia del negozio e, dall'altro, il venir meno o il verificarsi della situazione stessa sia del tutto indipendente dall'attività e volontà dei contraenti e non corrisponda, integrandolo, all'oggetto di una specifica obbligazione dell'uno o dell'altro.

    In definitiva, Si propone il rigetto del ricorso".

    Tale relazione veniva comunicata ai difensori delle parti costituite.

    Il Collegio, condivide argomenti e proposte contenute nella relazione ex art. 380 bis c.p.c., alla quale non sono stati mossi rilievi critici.

    In definitiva, il ricorso va rigettato: Non occorre provvedere alla liquidazione delle spese del presente giudizio di cassazione dato che la società Easy Form regolarmente intimata, in questa fase non ha svolto attività giudiziale.

    Il Collegio, ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, da atto che sussistono i presupposti per il versamento da parte del ricorrente, dell'ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso principale a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.

    P.Q.M.



    La Corte rigetta il ricorso.

    Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, da atto che sussistono i presupposti per il versamento da parte del ricorrente, dell'ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso principale a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.

    Così deciso in Roma, nella Camera di Consiglio della Sezione Sesta Civile della Corte Suprema di Cassazione, il 26 novembre 2014.

    Depositato in Cancelleria il 4 maggio 2015

    §§§




    Nota bibliografica.

    In tema di presupposizione, cfr. da ultimo:

    Ambrosoli, M., “Presupposizione e gravità della turbativa”, in Rivista Trimestrale di Diritto e Procedura Civile, fasc.2, 2014, pag. 437 ss..

    Sommario: 1. La Presupposizione: profili introduttivi. — 2. La fattispecie della presupposizione. I rapporti tra presupposizione, causa e motivo contrattuale. Il problema della distribuzione dei rischi contrattuali. — 3. Presupposizione e gravità della turbativa. L'effetto perturbativo in generale. — 4. Segue: presupposizione ed oggetto del contratto. — 5. Segue: Presupposizione e funzione del contratto. — 6. Segue: il momento di verificazione della turbativa. — 7. Segue: Sintesi. — 8. Fattispecie e rimedio. — 9. Conclusione.

    Adde, per una chiara ricostruzione manualistica:

    Roppo, V., Il Contratto, in Trattato di Diritto Privato a cura di Iudica e Zatti, seconda edizione, Milano, Giuffrè, 2011, pp. 943 ss. e partic. pp. 963 ss.;

    nitido, come sempre, Galgano, F., Il Contratto, seconda edizione, Padova, CEDAM, pp. 573-579.

    §

     
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    §§§

    Alla continua ricerca della definizione di presupposizione

    Cassazione civile, sez. un., 20 aprile 2018, n. 9909



    Si configura la presupposizione allorquando (cfr. Cass. n. 12235/07) una determinata situazione di fatto o di diritto (passata, presente o futura) possa ritenersi tenuta presente dai contraenti nella formazione del loro consenso - pur in mancanza di un espresso riferimento ad essa nelle clausole contrattuali - come presupposto condizionante il negozio (cd. condizione non sviluppata o inespressa), richiedendosi pertanto a tal fine:

    1) che la presupposizione sia comune a tutti i contraenti;
    2) che l'evento supposto sia stato assunto come certo nella rappresentazione delle parti (e in ciò la presupposizione differisce dalla condizione);
    3) che si tratti di un presupposto obiettivo, consistente cioè in una situazione di fatto il cui venir meno o il cui verificarsi sia del tutto indipendente dall'attività e volontà dei contraenti e non corrisponda, integrandolo, all'oggetto di una specifica obbligazione (Cass. 31.10.1989, n. 4554; tra le più recenti, Cass. 21.11.2001 n. 14629);
    4) sicché, la presupposizione è configurabile quando dal contenuto del contratto risulti che le parti abbiano inteso concluderlo soltanto subordinatamente all'esistenza di una data situazione di fatto che assurga a presupposto comune e determinante della volontà negoziale, la mancanza del quale comporta la caducazione del contratto stesso, ancorché a tale situazione, comune ad entrambi i contraenti, non si sia fatto espresso riferimento" (Cass. 9.11.1994, n. 9304).

    In sintesi, si ha presupposizione (cfr. Cass. n. 1064 del 1985), quando una determinata situazione di fatto comune ad entrambi i contraenti ed avente carattere obiettivo, essendo il suo verificarsi indipendente dalla loro volontà e attività, sia stata elevata dai contraenti stessi a presupposto comune in modo da assurgere a fondamento - pur in mancanza di un espresso riferimento - dell'esistenza ed efficacia del contratto.

    § Sal § ®

    Letture suggerite:

    Matteo Ambrosoli, Presupposizione e gravità della turbativa, in Rivista Trimestrale di Diritto e Procedura Civile, fasc. n. 2/2014, pag. 537;

    Marcello Maggiolo, Presupposizione e premesse del contratto, in Giustizia Civile, fasc. n. 3/2014, pag. 867;

    Claudio Bruno, La questione delle sopravvenienze: presupposizione e rinegoziazione, in Giust. civ., fasc. n. 5/2010, pag. 235 ss. (Sommario: 1. Considerazioni iniziali. - 2.1. La presupposizione. - 2.2. Figura di diritto giurisprudenziale. - 2.3. Le origini pandettistiche. - 2.4. Presupposizione: a) chi la ricostruisce. - 2.5. (Segue): b) chi la smonta. - 2.6. Presupposizione e causa del contratto. - 3.1. La rinegoziazione: nozione, caratteristiche e ratio. - 3.2. Fonti di rinegoziazione. -3.3. Rinegoziazione e buona fede. - 3.4. Obbligo generale di rinegoziazione: a) nella pratica. - 3.5. (Segue): b) nella giurisprudenza. - 4. Considerazioni conclusive).


    Cassazione civile, sez. un., 20 aprile 2018, n. 9909

    (… omissis ...)

    Fatto



    Si apprende dagli atti di causa che nel 1959 il comune di Frassinoro aveva pattuito con il Consorzio Intercomunale dell'Acquedotto Dragone che non si sarebbe opposto alla captazione e utilizzo delle acque dalle fonti site nel Comune, in cambio dell'erogazione di sei litri di acqua al secondo, di cui 4 a pagamento e due gratuitamente. L'accordo era stato attuato pacificamente fino al 30 giugno 2000.

    Dal 1 luglio 2000 il Comune aveva affidato l'acquedotto alla Meta spa e la società Acquedotto Dragone Impianti srl (in cui il Consorzio si era trasformato) aveva sospeso l'erogazione gratuita dei due litri d'acqua al secondo e preteso il pagamento di tutta la fornitura, per impossibilità sopravvenuta della prestazione, causata dalla circostanza che il comune non gestiva più direttamente il servizio di acquedotto.

    Nel 2009 il Comune ha agito contro la società davanti al TRAP Toscana chiedendo la risoluzione del contratto e la condanna alla restituzione della somma equivalente alla mancata erogazione gratuita dell'acqua (232mila Euro circa).

    Il Tribunale Regionale ha accolto la domanda con sentenza del 30 settembre 2011.

    Il Tribunale Superiore ha capovolto la decisione e con sentenza 19 novembre 2013 ha rigettato tutte le domande proposte dal Comune. Il comune di Frassinoro ha proposto ricorso per cassazione, articolato in tre motivi, resistiti da controricorso di Acquedotto Dragone Impianti srl.

    Parte ricorrente ha depositato memoria.

    Diritto



    2) Nella memoria depositata in vista dell'udienza, parte ricorrente ha eccepito l'inammissibilità del controricorso "per vizio riguardante la procura ad litem". Ha osservato che nel mandato rilasciato da parte ricorrente era stata menzionata una delibera - datata 14 giugno 2012 - con cui era stato conferito "all'organo della società controricorrente lo specifico potere di rappresentarla nel presente giudizio", procura che avrebbe dovuto essere "prodotta da controparte al momento di costituirsi".

    Il rilievo è infondato, perchè si basa su un'errata lettura del mandato rilasciato a margine del ricorso.

    La Delib. assembleare del giugno 2012 non poteva riferirsi infatti alla impugnazione della sentenza del TSAP, che è stata resa nel 2013, oltre un anno dopo. La lettura più piana del testo fa comprendere che il mandato si riferiva alla delibera con cui l'amministratore Unico e legale rappresentante pro tempore era stato investito della suddetta funzione, subito prima menzionata per indicare la qualità in forza della quale veniva rilasciato il mandato. Detta qualità abilitava a tale atto, in mancanza di specifica contestazione di essa (SU 20596/07).

    3) Sempre in via preliminare va disattesa l'eccezione di inammissibilità del ricorso per tardività. Secondo la resistente, il termine lungo per proporre il ricorso per cassazione sarebbe stato di sei mesi - e non di un anno - perchè la causa sarebbe iniziata dopo l'entrata in vigore della L. n. 69 del 2009 (4 luglio 2009), che ha novellato in tal senso l'art. 327 c.p.c..

    Il rilievo è infondato perché, come controdedotto da parte ricorrente, la data di inizio della causa davanti al Tribunale Regionale di Firenze non è quella di deposito del ricorso in cancelleria (14 ottobre 2009), ma quella di notifica del ricorso stesso alla controparte, che è l'8 giugno 2009, come si legge in esordio della sentenza di primo grado.

    4) La sentenza qui impugnata ha premesso che l'accordo tra il Comune e la resistente era nato dalla non opposizione del Comune nel procedimento di concessione delle acque pubbliche, concessione che doveva essere rilasciata da altro soggetto, e dall'interesse dell'ente ad assicurarsi la fornitura di acqua per la somministrazione del servizio. Ha affermato (pag. 16) che presupposto dell'obbligazione di fornitura di acqua da parte della società convenuta fosse l'utilizzo dell'acqua da parte del Comune per erogare il servizio di acquedotto alla propria collettività.

    Ha ritenuto che, come dedotto dalla società, l'intervenuta riorganizzazione del servizio con affidamento della gestione dell'acquedotto alla società pluricomunale META spa di (OMISSIS), implicando la perdita del ruolo di gestore, aveva determinato l'esaurimento dell'impegno e un'oggettiva impossibilità di effettuare la prestazione gratuita.

    Il comune avrebbe perso sia il ruolo di gestore sia la disponibilità degli impianti funzionali; inoltre esso non avrebbe neppure spiegato dove e come l'acqua avrebbe potuto essere consegnata.

    Il TSAP ha affermato che l'esecuzione dell'obbligazione assunta con l'accordo sarebbe possibile solo in favore di un "soggetto che sia gestore di un acquedotto"; che negli accordi con Meta non v'è traccia delle pattuizioni del 1959 e neppure la si ritrova, tra il 2000 e il 2007, nelle pattuizioni tra Consorzio e Meta.

    Ha aggiunto che il Comune non avrebbe subito perdita economica perché, non essendo più gestore, non avrebbe potuto più vendere ai cittadini l'acqua fornitagli gratuitamente dalla società.

    Nè rileverebbe l'originaria pattuizione, in forza della quale il Comune aveva dato il proprio assenso alla captazione, in quanto all'epoca il Comune si sarebbe soltanto non opposto alla captazione senza assumere la veste di concedente, cosicché non vi sarebbe violazione del sinallagma su cui si basava la obbligazione della spa Dragone, in quanto non sarebbe il "consenso" del Comune la fonte del diritto della società di "prelevare le acque".

    5) Il primo motivo di ricorso del comune di Frassinoro lamenta violazione e falsa applicazione dell'art. 1362 c.c.. Espone che, in contrasto con criterio ermeneutico dell'interpretazione letterale del contratto, la sentenza impugnata ha ritenuto che "presupposto indefettibile per il prodursi e il permanere degli effetti" della convenzione del 1959 fosse la "gestione diretta da parte del comune di Frassinoro del proprio servizio di acquedotto". Ha rilevato come tale previsione contrattuale non era in alcun modo contemplata nel testo della Delib. n. 5 del 1959 di Acquedotto Dragone, riportata in ricorso, con la quale era stato stabilito di stipulare con l'ente locale un accordo "inteso a consentire l'utilizzazione delle acque sorgive"; nè, aggiunge il ricorso, se ne trova traccia nella Delib. Comune n. 68 del 1959, pure riportata, delibera che aveva riscontrato quella (n. 5 del 1959) dell'Assemblea del Consorzio.

    La censura è fondata.

    La sentenza impugnata (pag. 15) e ancor più chiaramente lo stesso controricorso (pag. 11) danno atto della circostanza che finalità alla base dell'accordo era che il Comune si assicurasse una fornitura d'acqua sufficiente a soddisfare i bisogni di acqua potabile della "collettività comunale".

    Sviluppo imprevisto di questa considerazione è stato, in sentenza, l'affermazione che il servizio di acquedotto per acqua potabile ai cittadini debba essere gestito direttamente dal Comune. In tal modo è stata introdotta interpretativamente nel contratto, contro il canone letterale, la presupposizione che il Comune dovesse assumere e mantenere indispensabilmente in modo diretto il "ruolo di gestore del servizio" (sentenza pag. 17 e 18) ed che fosse illegittimo il conferimento in uso alla società Meta spa (adesso Hera), mediante concessione degli impianti utilizzati, della gestione del servizio acquedottistico.

    Una siffatta costrittiva condizione non risulta però contrattualmente pattuita, cosicchè introdurla sotto le spoglie della presupposizione contrasta con i canoni ermeneutici e anche, ineludibilmente, con le premesse che la sentenza stessa aveva posto.

    E' noto che si rinviene la presupposizione allorquando (cfr la sintesi che svolge in motivazione Cass. 12235/07) "una determinata situazione di fatto o di diritto (passata, presente o futura) possa ritenersi tenuta presente dai contraenti nella formazione del loro consenso - pur in mancanza di un espresso riferimento ad essa nelle clausole contrattuali - come presupposto condizionante il negozio (cd. condizione non sviluppata o inespressa), richiedendosi pertanto a tal fine: 1) che la presupposizione sia comune a tutti i contraenti; 2) che l'evento supposto sia stato assunto come certo nella rappresentazione delle parti (e in ciò la presupposizione differisce dalla condizione); 3) che si tratti di un presupposto obiettivo, consistente cioè in una situazione di fatto il cui venir meno o il cui verificarsi sia del tutto indipendente dall'attività e volontà dei contraenti e non corrisponda, integrandolo, all'oggetto di una specifica obbligazione (Cass. 31.10.1989, n. 4554; tra le più recenti, Cass. 21.11.2001 n. 14629). Sicché la "presupposizione è... configurabile quando dal contenuto del contratto risulti che le parti abbiano inteso concluderlo soltanto subordinatamente all'esistenza di una data situazione di fatto che assurga a presupposto comune e determinante della volontà negoziale, la mancanza del quale comporta la caducazione del contratto stesso, ancorché a tale situazione, comune ad entrambi i contraenti, non si sia fatto espresso riferimento" (Cass. 9.11.1994, n. 9304)".

    Si ha insomma presupposizione, per tornare a una lontana massima (Cass. n. 1064 del 1985), quando una determinata situazione di fatto comune ad entrambi i contraenti ed avente carattere obiettivo, essendo il suo verificarsi indipendente dalla loro volontà e attività, sia stata elevata dai contraenti stessi a presupposto comune in modo da assurgere a fondamento - pur in mancanza di un espresso riferimento - dell'esistenza ed efficacia del contratto.

    Se tale è la nozione, alla luce delle pattuizioni cui le parti hanno dato vita sembra chiaro che non la gestione diretta del servizio acquedottistico da parte del Comune fosse il presupposto indefettibile dell'intesa, ma, per quanto si legge in sentenza e nelle deduzioni delle parti, la destinazione dell'acqua fornita dal Consorzio (ora spa resistente) ai bisogni della collettività residente nel Comune.

    E' dunque fondata la doglianza dell'ente locale.

    6) La fondatezza del primo motivo comporta l'accoglimento anche degli altri motivi del ricorso.

    Il secondo lamenta violazione e falsa applicazione degli artt. 1256 e 1463.

    Il terzo denuncia violazione di questi articoli del c.c. e degli artt. 1218 e 2697 c.c.

    Le censure hanno di mira la conseguenza che la sentenza impugnata ha tratto dall'aver considerato la gestione diretta degli impianti alla stregua di fondamento contrattuale: l'impossibilità sopravvenuta della prestazione per causa non imputabile al debitore.

    Ora, tralasciando, poiché non è richiesto dal ricorso in esame, l'approfondimento giurisprudenziale circa il rimedio al venir meno del presupposto, rimedio talora individuato nel recesso, altre volte nella risoluzione generica o per impossibilità della prestazione (come ritenuto dal TSAP) o per fatto non imputabile alle parti, etc, va detto che il ricorso è fondato laddove evidenzia che in, mancanza della presupposizione censurata, non v'è luogo per dichiarare la risoluzione del contratto. La sentenza impugnata ha infatti tratto partito per l'applicazione dell'art. 1256 da un presupposto non contemplato in contratto e non desumibile secondo i canoni ermeneutici ordinari.

    Ne consegue che la norma è stata applicata senza specifico fondamento.

    Ed errato è, per conseguenza, il rimprovero all'ente locale di non aver provato in che modo l'Acquedotto Dragone avrebbe potuto continuare ad adempiere l'obbligazione di consegnare l'acqua. Questo onere probatorio sarebbe stato addebitabile al convenuto in presenza di un'omessa richiesta fornitura da parte del concessionario del Comune o di un rifiuto del concessionario Meta di ricevere l'acqua, o di una comprovata omessa destinazione della fornitura ai bisogni della collettività comunale (indiscussa finalità dell'intesa), ma non ha immancabile nesso con l'esercizio diretto degli impianti acquedottistici da parte del Comune.

    Non a caso il motivo si conclude invocando il principio di buona fede quale presidio dell'esecuzione del contratto e lamenta in proposito che parte resistente abbia nelle more continuato a captare l'acqua e ad addurla; trattasi di rilievo che permea inevitabilmente tutta la controversia, in quanto la stessa nozione di presupposizione è innervata da esso, ditalché la fallacia della sua applicazione, da riconsiderare anche in vista di questo principio, provoca la caducazione della costruzione giuridica che ne è scaturita in sentenza.

    Il giudice di rinvio in sede di riesame dovrà quindi verificare quale sia la sorte del rapporto, in relazione alle domande delle parti, alla luce di una corretta interpretazione dell'intesa e di quanto eventualmente in essa presupposto e del configurarsi del rapporto in seguito alla concessione alla Hera della gestione degli impianti.

    Discende da quanto esposto l'accoglimento del ricorso.

    La sentenza impugnata va cassata e la cognizione rimessa al Tribunale Superiore delle Acque, in diversa composizione, per il riesame dell'impugnazione alla luce dei principi affermati in ordine all'interpretazione del l'accordo negoziale, nonché per la liquidazione delle spese di questo giudizio.

    P.Q.M.



    La Corte accoglie il ricorso. Cassa la sentenza impugnata e rinvia al Tribunale Superiore delle Acque, in diversa composizione, che provvederà anche sulla liquidazione delle spese del giudizio di legittimità.

    Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio delle Sezioni Unite civili, il 23 maggio 2017.

    Depositato in Cancelleria il 20 aprile 2018

    §§§




     
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