Competenza giudice di pace

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    Sezioni Unite Cassazione civile: il giudice di pace è competente anche per le cause sugli immobili per risarcimento danni

    Pubblicato in Sentenze
    Data di pubblicazione:21/10/2011

    Le controversie che riguardino beni immobili ma che si riferiscano ad azioni personali, come ad esempio il risarcimento danni, possono essere conosciute dal giudice di pace, sempre che rientrino nella competenza per valore del magistrato onorario. Restano invece attribuite al Tribunale le sole liti la cui causa petendi sia costituita da un diritto reale, vale a dire quelle originate da azioni reali immobiliari. È quanto affermato dalle Sezioni Unite della Cassazione in una sentenza pubblicata il 19 ottobre scorso (n. 21582), che ha segnato la definitiva affermazione di quell’orientamento interpretativo minoritario che aveva già sostenuto l’assoggettabilità alla competenza del giudice di pace della domanda di risarcimento del danno subito da un immobile, il cui valore rientrasse nel limite individuato dall’art. 7, co. 1, c.p.c., posto che oggetto della domanda è pur sempre una somma di denaro, senza che rilevi il titolo di godimento del bene.
    Della controversia instaurata da un condomino nei confronti dell’impresa costruttrice per il risarcimento dei danni richiesti ex art. 1669 c.c. in relazione a difetti di costruzione del fabbricato sono state investite le Sezioni Unite in ragione del contrasto esistente tra le sezioni semplici della Corte in ordine alla competenza del giudice di block2:pace sulle controversie aventi ad oggetto diritti reali o personali relativi a beni immobili rientranti nella sua competenza per valore.
    L’orientamento dominante in materia, facendo perno sul dato letterale dell’art. 7 c.p.c. («il giudice di pace è competente per le cause relative a beni mobili di valore non superiore a cinquemila euro»), riteneva doversi escludere ratione materiae la competenza del giudice di pace in tutte le controversie immobiliari, ovvero per tutte le cause afferenti a diritti tanto reali quanto personali relativi a beni immobili, rinvenendo tali pretese la loro fonte in un rapporto, giuridico o di fatto, riguardante un bene immobile. Tuttavia, a giudizio del Collegio, il limite posto dal carattere «mobiliare» dell’azione non sembra significare un limite di petitum della domanda, apparendo alquanto semplicistica l’affermazione per cui ogni azione avente ad oggetto un immobile sarebbe ipso facto sottratta alla cognizione del giudice di pace. Per le Sezioni Unite civili, infatti, le «cause relative a beni mobili» possono del tutto legittimamente essere ritenute quelle aventi per oggetto immediato beni mobili e tutte le altre che si riferiscano a diritti tendenti all’attuazione di un obbligo pecuniario, ancorché collegato ad un diritto reale immobiliare, con la conseguenza che il giudice di pace
    Pagina: 1 2 di 2 di Anna Costagliola
    Le controversie che riguardino beni immobili ma che si riferiscano ad azioni personali, come ad esempio il risarcimento danni, possono essere conosciute dal giudice di pace, sempre che rientrino nella competenza per valore del magistrato onorario. Restano invece attribuite al Tribunale le sole liti la cui causa petendi sia costituita da un diritto reale, vale a dire quelle originate da azioni reali immobiliari. È quanto affermato dalle Sezioni Unite della Cassazione in una sentenza pubblicata il 19 ottobre scorso (n. 21582), che ha segnato la definitiva affermazione di quell’orientamento interpretativo minoritario che aveva già sostenuto l’assoggettabilità alla competenza del giudice di pace della domanda di risarcimento del danno subito da un immobile, il cui valore rientrasse nel limite individuato dall’art. 7, co. 1, c.p.c., posto che oggetto della domanda è pur sempre una somma di denaro, senza che rilevi il titolo di godimento del bene.
    Della controversia instaurata da un condomino nei confronti dell’impresa costruttrice per il risarcimento dei danni richiesti ex art. 1669 c.c. in relazione a difetti di costruzione del fabbricato sono state investite le Sezioni Unite in ragione del contrasto esistente tra le sezioni semplici della Corte in ordine alla competenza del giudice di
    pace sulle controversie aventi ad oggetto diritti reali o personali relativi a beni immobili rientranti nella sua competenza per valore.
    L’orientamento dominante in materia, facendo perno sul dato letterale dell’art. 7 c.p.c. («il giudice di pace è competente per le cause relative a beni mobili di valore non superiore a cinquemila euro»), riteneva doversi escludere ratione materiae la competenza del giudice di pace in tutte le controversie immobiliari, ovvero per tutte le cause afferenti a diritti tanto reali quanto personali relativi a beni immobili, rinvenendo tali pretese la loro fonte in un rapporto, giuridico o di fatto, riguardante un bene immobile. Tuttavia, a giudizio del Collegio, il limite posto dal carattere «mobiliare» dell’azione non sembra significare un limite di petitum della domanda, apparendo alquanto semplicistica l’affermazione per cui ogni azione avente ad oggetto un immobile sarebbe ipso facto sottratta alla cognizione del giudice di pace. Per le Sezioni Unite civili, infatti, le «cause relative a beni mobili» possono del tutto legittimamente essere ritenute quelle aventi per oggetto immediato beni mobili e tutte le altre che si riferiscano a diritti tendenti all’attuazione di un obbligo pecuniario, ancorché collegato ad un diritto reale immobiliare, con la conseguenza che il giudice di pace deve ritenersi competente a giudicare anche sulle azioni personali concernenti beni immobili, in particolare sulle cause che hanno per oggetto somme di denaro relative a quei beni le quali non involgano questioni sul rapporto giuridico o di fatto con i medesimi. Dalla cognizione del giudice devono, per contro, ritenersi escluse le sole azioni reali immobiliari, vale a dire quelle azioni la cui causa petendi sia costituita da un diritto reale.
    A conferma dell’opzione interpretativa sostenuta, le Sezioni Unite richiamano l’attribuzione alla competenza dello stesso giudice di pace, ratione materie, di un importante settore di controversie che affondano le loro radici in un rapporto giuridico o di fatto riguardante un bene immobile: le cd. cause di vicinato, relative alla misura e alle modalità d’uso dei servizi condominiali, all’apposizione di termini e all’osservanza di distanze tra alberi e siepi, alle immissioni. Tale scelta legislativa vale a testimoniare l’impredicabilità di qualsivoglia preclusione di principio ad una cognizione latu sensu anche immobiliare del giudice di pace.
    Le Sezioni Unite sanciscono così un importante cambio di rotta nella giurisprudenza di legittimità, dando seguito a quella giurisprudenza, sino ad oggi minoritaria che, premessa una corretta identificazione della categoria concettuale «bene mobile», nella quale viene collocato anche
    il bene «somma di denaro», e richiamato il concetto di «petitum mediato» come legittimo criterio attributivo della competenza, osservava come, allorquando si eserciti una pretesa di risarcimento danni per equivalente assumendo che il danno si è verificato ad un immobile, il diritto fatto valere, avendo ad oggetto una somma di denaro (dunque un petitum mediato inerente al conseguimento di un bene della vita rappresentato da un bene mobile), è per definizione un diritto concernente un bene mobile, quale è il denaro, per cui la relativa domanda deve ricondursi ex art. 7, co. 1, c.p.c. nell’ambito della competenza generale mobiliare del giudice di pace. Agli effetti indicati, la situazione proprietaria non è destinata a spiegare alcuna influenza sulla individuazione del petitum (il denaro, appunto), bensì sulla sola causa petendi, salvo che la questione sulla proprietà (o sul possesso) dell’immobile costituisca oggetto di una richiesta di accertamento incidentale che renda necessaria una pronuncia con efficacia di giudicato sul diritto reale immobiliare o sul possesso, e sempre che tale accertamento incidentale non appaia prima facie del tutto infondato o strumentale al solo spostamento di competenza dal giudice di pace al giudice togato.
    Concludono infine le Sezioni Unite circa la bontà dell’assunto ermeneutico condiviso anche in ragione della irredimibile e perdurante esigenza di interpretazioni deflattive della materia del cd. contenzioso «minore».


     
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