Accesso ai documenti della PA

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    Diritto di accesso (Testi di riferimento: Manuale di diritto amministrativo Garofoli-Ferrari- neldiritto.it editore)
    Le questioni sono molte: 1) natura giuridica del diritto di accesso e implicazioni pratiche; 2) rapporti tra accesso, provvedimento finale e pendenza del ricorso; 3) accesso agli di diritto privato: la questione dell'accessibilità agli atti dei gestori dei servizi strumentali; 4) accesso e riservatezza: profili sostanziali e processuali, casistica; 5) rito speciale e natura giuridica dell'ordinanza che sull'accesso incidentale; 6) accesso in materia di informazioni ambientali; 7)accesso relazione direttore dei lavori e organi del collaudo; 8) accesso atti AAI (AGCM e Consob); 9) accesso consiglieri enti locali.

    Inizio Io,

    Premessa: Il diritto di accesso è un efficace strumento giuridico che attiene alla dialettica autorità-libertà, consentendo al privato, titolare dei diritti di libertà, di informarsi sulle notizie detenute dalla PA. Tale diritto risponde a diverse finalità, quali la partecipazione ai pubblici poteri, la trasparenza e il diritto di difesa.
    Si tratta di un'inversione al sistema preesistente, dove la regola era il segreto come desumibile dall'art.15 del TU sugli impiegati civili dello Stato.
    Bisogna avvertire, però, che l'esercizio del diritto di accesso non è indiscriminato essendo previsti dei limiti posti a difesa di altri e più importanti interessi. Questi limiti possono essere relativi od assoluti, a seconda che siano più o meno evitabili.
    E' da dire, poi, che l'oggetto del diritto di accesso è in crescente espansione non riguardando solo gli atti ed i provvedimenti amministrativi amministrativi, ma esso concerne alltresì, sia in virtù della giurisprudenza sia per novelle legislative, anche atti privati di soggetti privati svolgenti, però, servizi d'interesse pubblico.
    Da questa breve premessa è già intuibile come il diritto di accesso si articoli e si moduli diversamente a seconda dell'oggetto e dei destinatari, nonché, talvolta, degli interessi dei terzi che a vario titolo risultano coinvolti da questa voglia di conoscenza che altro consociato rappresenta alla PA.

    1) natura giuridica. Si discute se il diritto di accesso abbia natura di interesse legittimo o di diritto soggettivo. La più recente giurisprudenza del Consiglio di Stato opta per questa seconda tesi.
    Tesi- 1^- il diritto di accesso è un interesse legittimo. Argomenti:
    a) il termine “diritto” adoperato dal legislatore del 90 è atecnico;
    b) l'accesso non opera automaticamente, ma è subordinato ad una valutazione comparativa degli interessi coinvolti dall'accesso operata dalla PA che detiene il documento. In sostanza l'atto che consente o nega l'accesso è espressione di discrezionalità pura e dunque è provvedimento amministrativo.
    c)L'impugnazione in materia di accesso è soggetta al termine di decadenza ridotto di 30 gg;
    d)la domanda di accesso deve essere giustificata, cosa che non occorre per gli atti espressione di diritti soggettivi;

    Conseguenze pratiche tesi 1-
    il ricorso in materia di accesso deve essere notificato al controinteressato a pena di inammissibilità;
    Non è proponibile il ricorso verso l'atto di diniego meramente confermativo di un precedente diniego in punto di accesso;
    Non sarebbe ammessa la disapplicazione del regolamento illegittimo, perché secondo una certa tesi questo è strumento processuale che riguarda i soli d.s.

    Tesi 2^-il diritto di accesso è un diritto soggettivo. Argomenti
    a) il termine è tecnico;
    b) il potere di definire l'accesso è vincolato, perché i limiti all'accesso sono delineati in modo preciso;
    c)il giudizio in materia di accesso appartiene alla giurisdizione esclusiva (dopo l.15/05) e si conclude con la condanna della PA all'esibizione dell'atto;
    d) Le riforme delle L.15 e L.80 del 2005 hanno ricondotto l'accesso ai diritti civili e sociali i cui livelli essenziali devono essere garantiti dallo Stato ex art.117 Cost.;

    Conseguenze tesi 2^:
    L'istanza di accesso è riproponibile;
    una volta che sull'accesso sia intervenuto il giudicato, questo copre il dedotto e deducibile;
    NON è necessario notificare il ricorso a pena d'inammissibilità, in quanto il GA applicherà il 102 cpc

    2)Accesso alle informazioni ambientali. In materia si è posto un problema di legittimazione attiva all'accesso. Come noto, l'art. 22 della 241/90, recentemente modificato dalla legge 15/05, esige che il soggetto istante abbia un interesse concreto e attuale, corrispondente ad una situazione giuridica tutelata e collegata al documento da conoscere.
    Tale criterio non è seguito in materia ambientale, dove il d.lgs. 195/05 prevede che la PA rende ostensibili i documenti a chiunque ne faccia richiesta.
    Questa previsione sembra dunque più ampia di quella contenuta all'art.22 della 241.
    Tuttavia, si è evidenziato che le differenze tra le due normative non sono così radicali, quando si passa ad esaminare la giurisprudenza che ha provveduto a ridimensionare l'oggetto dell'accesso in materia ambientale.
    La giurisprudenza di merito ha, infatti, osservato che:
    a) le informazioni ambientali sono diverse dai documenti ex legge 241, riguardando solo quelle notizie relative allo stato ed ai fattori dell'ambiente (ad es. non sarebbero suscettibili di accesso ambientali gli atti della gara con cui si aggiudica un'opera pubblica che ad avviso dell'istante è destinata ad incidere sull'ambiente- ostensione ammessa, invece, dal tar calabria 122-09)
    b) La richiesta di accesso in materia di ambiente deve, poi, riguardare lo stesso come bene giuridico autonomo scisso dalle sue componenti materiali (es atti relativi alla manutenzione di un canile).
    Sul punto è però di recente intervenuta la sentenza del tar calabria n.19 del gennaio 2009, la quale ha affermato che l'accesso in materia di informazioni ambientali non si discosta da quello generale previsto dalla 241 e che quindi sarebbe comunque necessario un interesse specifico, concreto ed attuale a conoscere notizie altrimenti riservate. In particolare il Tribunale calabrese ha richiamato il consolidato orientamento del CDS secondo cui l'accesso non è uno strumento di controllo generalizzato sull'agere pubblico.


    3)Accesso atti diritto privato di soggetti privati, gestori di pubblici servizi strumentali.
    La legge 15/05, modificando quanto sancito dalla L.241/90, ha previsto che l'accesso è consentito indipendentemente dalla natura pubblica o privata dell'atto oggetto dell'ostensione.
    Questa legge tiene conto delle precedenti peregrinazioni della giurisprudenza amministrativa, la quale era arrivata ad un punto di approdo prima con una pronuncia del 1997 del CDS e poi con le note sentenze 4 e 5 del 1999 dell'adunanza plenaria.
    E' interessante ripercorrere il decisum di queste sentenze per vedere se lo stesso sia stato pienamente trasfuso nella nuova legge.
    Il Cds nel 1997 ha detto che l'accesso agli atti di diritto privato nei confronti di una PA era possibile:
    a) perchè la legge 241 del 1990 riferisce l'accesso non al singolo atto, ma all'intera attività comprendendo così anche atti privati della PA;
    b) perché anche l'attività di diritto privato può attere all'interesse pubblico
    L'Adunanza Plenaria ha inciso in materia di accesso agli atti rivolto nei confronti di EPE e gestori di pubblici servizi chiarendo che in questi casi l'accesso è ammesso perché risponde a finalità di buon andamento ed imparzialità dell'agere pubblico.
    In particolare, L'adunanza con riferimento ai gestori di pubblici servizi ha altresì delimitato l'ambito applicativo dell'accesso distinguendo 3 ipotesi:
    a) il primo caso si ha quando tali soggetti esercitano un potere pubblicistico strettamente inteso. Qui il privato, ai fini dell'accesso, è in tutto e per tutto equiparato ad una PA (anzi, come dice qualcuno, è la PA);
    b) il secondo caso si ha quando il privato si sia autovincolato all'accesso;
    c) il terzo caso attiene all'attività di erogazione del servizio pubblico e qui la possibilità di accesso è evidente visto che questa è l'attività che viene ad incidere sugli interessi degli utenti privati;
    d)un quarto caso riguarda l'attività residuale e cioè i cosiddetti servizi strumentali.

    Nel quarto caso, ma non è escluso anche negli altri, si pongono casi dubbi che secondo il supremo consesso di giustizia amministrativa devono essere risolti avvalendosi dei seguenti parametri interpretativi:
    -occorre accertare la strumentalità al servizio pubblico (se c'è si ha l'accesso);
    -se tale attività è svolta in esclusiva (si accesso) o in concorrenza;
    -verificare se l'organizzazione e lo svolgimento del servizio sia improntato a criteri di trasparenza, buona fede e correttezza.

    Molto discusso è il parametro della strumentalità.
    Sul punto vi sono 2 tesi:
    Tesi 1^- La strumentalità va valutata in relazione alla natura giuridica del soggetto che gestisce il servizio strumentale. Tale tesi è stata applicata ai casi Ente poste spa e Trenitalia.
    Tesi 2^- Sostenuta da TAR Napoli 2007 dice che occorre aver riguardo alla natura dell'attività svolta.

    Si discute se questo sia lo stato dell'arte anche dopo le riforme del 2005 (L.15 e L.80).
    Queste leggi (v. nuovo art.22) sembrano sganciare l'accesso dalla natura del soggetto e dall'attività svolta, mentre lo ancorano all'interesse pubblico. La strumentalità andrebbe quindi valutata in relazione all'interesse pubblico perseguito mediante il servizio pubblico principale.
    Per alcuni l'effetto della riforma è stato quello di limitare l'accesso solo all'ipotesi a) individuata dalle adunanze plenarie 4 e 5 del 1999, escludendo le altre ipotesi.
    A mio avviso si tratta di una tesi troppo restrittiva giacché la legge fa riferimento solo all'interesse perseguito, ma non dice quale debba essere la natura dell'attività principale o strumentale o del soggetto.

    7) Accesso alle relazioni del direttore e dell'organo di collaudo. Qui il problema è stato risolto dal recente legislatore (codice dei contratti pubblici) che le ha espressamente qualificate come riservate.

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    8.Accesso agli atti delle autorità amministrative indipendenti.
    Qui il problema si pone perché questi sono soggetti di natura ibrida che non svolgono solo funzioni propriamente amministrative, ma anche funzioni cd neutrali che le sganciano dall'influenza governativa rendendole appunto indipendenti.
    La giurisprudenza ha esaminato la questione dell'accessibilità degli atti relativi a tali funzioni, considerando anche che la stessa ha anche una disciplina speciale derivante da regolamenti governativi (v.23 l.241/90=
    Un primo problema si è per il garante della concorrenza e del mercato (AGCM).
    Ci si è chiesti se fossero ostensibili gli atti dell'indagine conoscitiva dalla quale scaturiscono le relazioni per Governo e Parlamento.
    1^ Tesi- esclude che tali atti siano sottoposti ad accesso. Argomenti:
    a) non è attività amministrativa, ma è attività che si collega alle funzioni neutrali a carattere paragiurisdizionale;
    b) è attività ausiliaria a quella svolta da organi costituzionali;
    c)Non è attività provvedimentale, ma accertativa delle violazioni alla legge antitrust.

    Per altra tesi- sono atti soggetti ad accesso perché:
    a) l'attività è da ritenersi di natura amministrativa, poiché posta in essere da enti ed organi amministrativi, che sebbene si connotino per una spiccata imparzialità, tale da essere neutrali, rimangono pur sempre amministrativi in tutto e per tutto.

    Stesso dibattito si è riproposto per gli atti collegati occasionalmente al procedimento sanzionatorio dell'autorità. Il caso riguardava l'accessibilità al prezzo di una cessione azionaria interessata da un procedimento di concetrazione.
    Tesi negativa ha escluso l'accesso rilevando una carenza di interesse all'ostensibilità, giacché la cognizione del dato da rendere noto non spostava i termini della decisione in materia di concentrazione.

    Altre questioni hanno riguardato la Consob.
    In primis si è posta la questione di costituzionalità dell'art.4, comma 10, d.lgs.58/98, nella parte in cui poneva un limite indiscriminato per qualsiasi informazione relativa all'attività di vigilanza della Consob. Il Cds ha infatti sostenuto la contrarietà della norma agli art.3,98,97, 21 e 24 Cost e ha rimesso la questione alla Consulta, la quale si è pronunciata con una sentenza interpretativa di rigetto (n.460/2000).
    La corte ha svolto i seguenti argomenti:
    a) occorre interpretazione costituzionalmente orientata dell'art.4 il quale va letto con la Costituzione e con l'art.196 del TU del 98- in particolare si prevede partecipazione con provvedimento conclusivo motivato;
    b) vi è un richiamo del TU del 98 all'art.23 della 689/81, la quale prevede la possibilità di estrarre copia di atti;
    Ci si è chiesti se la consob possa limitare l'accesso solo a una o più parti del documento ritenuto rilevante per l'attività ispettiva.
    La giurisprudenza ha concluso in senso negativo rilevando l'unitarietà dell'attività ispettiva.

    Altro problema riguarda l'accessibilità agli atti di un procedimento sanzionatorio archiviato allorquando il soggetto sottoposto a tale procedimento voglia far valere questi atti in un giudizio civile. In questo caso la giurisprudenza amministrativa e la Consulta nel 2005 hanno negato l'accessibilità, poiché si avrebbe uno squilibrio tra le parti di un giudizio civile che invece si basa sulla parità reciproca. La caducazione dei limiti dell'accesso favorirebbe, cioé, in modo indiscriminato una delle parti.
    4)Accesso e riservatezza.

    Il dibattito dottrinale e giurisprudenziale in materia ha attraversato 5 fasi che scandite da altrettante novelle legislative che al riguardo si sono succedute nel tempo:
    1 fase -entra in vigore la legge 241/90 che detta disciplina organica del procedimento e dell'accesso;
    2 fase- entra in vigore la cosiddetta legge sulla cd privacy (diritto ad essere lasciati da soli, tipico degli ordinamenti di common law), ma che sarebbe corretto definire riservatezza (ovvero garantire ai consociati una sfera di dati personali più o meno impenetrabile all'altrui desiderio di conoscenza- ha un ambito più ristretto della privacy)
    3 fase- dlgs 135/99 che introduce la categoria dei dati supersensibili in aggiunta a quella dei dati comuni e dei dati sensibili prevista dalla L.675;
    4 fase- Codice privacy (d.lgs.196/03) che regola i rapporti tra accesso e privacy agli art.59 e 60.
    5 fase- L.15/05 che modifica la 241/90 e prevede la prevalenza del cd. Accesso difensivo indispensabile.

    Nella 1 fase si sviluppano 3 tesi:
    Tesi 1- la riservatezza è un diritto inviolabile ex art.2 cost e dunque costituisce limite invalicabile pr l'istanza di accesso;
    Tesi 2- La legge 241 effettua un bilanciamento ex lege ed in astratto dando prevalenza all'accesso difensivo seppure nel limite modale della sola visione (che per la giurisprudenza andava distinto dall'esame, consistente invece anche nell'estrazione di copia);
    Tesi 3- Bisogna procedere ad un bilanciamento in concreto, poiché vi sono dei casi in cui la riservatezza deve rimanere ignota. In particolare si proponeva di distinguere tra di posizioni giuridiche sottese all'istanza di accesso:
    a) se si trattava di interesse legittimo questo era destinato sempre a soccombere davanti alla riservatezza;
    b) per i diritti soggettivi occorreva invece distinguere tra patrimoniali e personali. I primi destinati a soccombere ed i secondi a prevalere.

    Nella 2 fase la legge 675 sposa il terzo orientamento e, disciplinando il trattamento (ossia ogni operazione di gestione dei dati) dei dati discerne tra dati personali e dati sensibili.
    Per i primi il trattamento del soggetto pubblico è consentito solo se c'è norma di legge o di regolamento, mentre per i secondi si rinviava ad una legge emenanda per individuare operazioni e modalità di trattamento consentito, nonché finalità pubbliche perseguite.
    Infine, l'art. 43 della legge 675 faceva salve le precedenti norme tra cui la 241.
    La giurisprudenza prevalente, vista l'assenza della legge sui dati sensibili e visto l'art.43, in questa fase ha continuato a ritenere prevalente l'accesso per la cura o la difesa dei propri interessi.
    Altra giurisprudenza invece ha valorizzato la novità legislativa che differenziava i dati personali rispetto al loro oggetto, affermando così che anche l'accesso si doveva adeguare a questo doppio regime. In sostanza per i dati personali valeva la 241 con prevalenza dell'accesso,mentre per i dati sensibili si doveva aspettare la legge emananda.

    Nella terza fase interviene il d.lgs. 135/99 che colma la lacuna sui dati sensibili, qualificando come di rilevante interesse pubblico il trattamento dei dati e rinviando alla 241 per la disciplina sull'acceso. Tuttavia, questa legge materiale introduce anche la categoria dei dati supersensibili (salute e vita sessuale).
    La giurisprudenza, chiamata a dirimere il contrasto tra accesso e riservatezza su questi dati supersensibili, ha sancito sulla scorta dell'art.16 comma2 dlgs 135/99 che prevale l'accesso se questo è assolutamente indispensabile per tutelare un interesse di pari rango a quello oggetto dei dati supersensibili. I requisiti sono 2: 1) indispensabilità dell'accesso difensivo- ovvero non tutelabilità altrimenti e 2) principio della parità di rango che impone valutazione in concreto degli interessi contrapposti.

    Nella 4 fase vi è il Codice privacy il quale prevedendo disciplina ad hoc per il solo accesso (e non più anche per ogni tipo di trattamento) distingue tra dati comuni e sensibili da un lato (art.59) e dati supersensibili dall'altro (art.60). Nel primo caso l'accesso prevale, mentre nel secondo si applica il criterio dei diritti di pari rango che lo stesso codice individua nei diritti personalissimi o in altro diritto o libertà fondamentale.
    E' discusso se l'elencazione dei diritti di pari rango sia tassativa o esemplificativa; prevale la seconda tesi.

    Nella 5 fase è arrivata la L.15/05, la quale ha ribadito il principio dell'indispensabilità dell'accesso difensivo. Le novità della legge 15 sono state: 1) un diverso ambito dei limiti: prima l'unico limite ad essere scavalcato dall'accesso era la riservatezza, mentre ora anche altri; 2) non è prevista più una forma di accesso intermedio, cd visione, anche se nel dpr 184/06 che regola acceso è prevista. Tuttavia quest'ultimo è regolamento meramente esecutivo e quindi la previsione della visione andrebbe considerata tam quam non esset

    Per concludere sull'accesso posto questa commento trovato su ildirittoamministrativo.it

    CONSIGLIO DI STATO SENT. 741/2009 SULL'AUTONOMA VALENZA DEL DIRITTO D'ACCESSO IN SEDE PROCEDIMENTALE E PROCESSUALE CON NOTA DI MARIANNA CAPIZZI


    Nella sentenza oggetto d'attenzione la V sezione del Consiglio di Stato, muovendo dall'esame della natura giuridica del diritto d'accesso, si sofferma a precisare la valenza autonoma che lo connota in sede procedimentale e processuale.
    Giova, anzitutto, premettere che il diritto d'accesso, espressamente sancito come principio di carattere generale nell'articolo 22 della l. n. 241 del 1990, costituisce espressione dei principi di trasparenza e pubblicità dell'azione amministrativa, oltre che dei valori di imparzialità e buon andamento sanciti nell'articolo 97 della Costituzione.
    Costituisce oggetto di dibattito giurisprudenziale sin dall'entrata in vigore della legge n. 241 del 1990 l'esatta qualificazione del diritto d'accesso, ovvero la sua riconducibilità nell'alveo dei diritti soggettivi o degli interessi legittimi. La prima tesi fa leva sul dato testuale offerto dall'articolo 22, 1° comma della suddetta legge (che espressamente definisce l'accesso “il diritto degli interessati di prendere visione e di estrarre copia di documenti amministrativi”); sull'assenza di discrezionalità in capo all'amministrazione, una volta verificati i presupposti per l'accesso, nell'adempiere alla pretesa del soggetto privato; sull'attribuzione delle controversie in materia alla giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo, nonché sulla correlata previsione che tale giudizio si concluda con l'ordine di un facere per l'amministrazione. La seconda sottolinea, invece, la natura amministrativa del procedimento cui dà luogo l'istanza di accesso, nonché il carattere autoritativo del provvedimento di diniego, tacito o espresso, dell'amministrazione, come tale sottoposto alla disciplina generale del processo amministrativo. Tale questione è rimasta aperta anche in epoca successiva alla decisione dell'Adunanza Plenaria del Consiglio di Stato 24 Giugno 1999, n. 16, espressamente richiamata dalla sentenza in esame che ne condivide il principio di diritto ivi sancito, secondo cui, in materia di accesso ai documenti amministrativi, il termine “diritto” va considerato in senso atecnico, essendo ravvisabile la posizione di interesse legittimo quando il provvedimento amministrativo è impugnabile, come nel caso del “diritto” di accesso, entro un termine perentorio, pure se incidente su posizioni che nel linguaggio comune sono più spesso definite come di “diritto”.
    Si tratta, in tutta evidenza, di un nodo interpretativo rilevante non solo sotto il profilo teorico, ma, in massima parte, in considerazione dei diversi risvolti processuali che derivano dall'avallo dell'una o dall'altra tesi. Solo aderendo a quella fatta propria dall'Adunanza Plenaria, infatti, è possibile riconoscere natura impugnatoria al giudizio proposto contro il diniego di accesso, considerare inammissibile il ricorso non notificato ad almeno uno dei controinteressati e quello proposto contro un diniego meramente confermativo di un precedente espresso diniego (laddove, al contrario, la tesi che qualifica il diritto in questione un diritto soggettivo in senso tecnico, condurrebbe a considerare il ricorso avverso il diniego all'accesso come diretto all'accertamento del diritto e alla condanna del soggetto obbligato ad esibire i documenti richiesti, nonché a ritenere applicabile l'articolo 102 c.p.c. in caso di mancata notifica del ricorso ad uno dei controinteressati e impugnabile un diniego di accesso meramente confermativo di un diniego precedente).
    Accolta la tesi che attribuisce al diritto d'accesso valore sostanziale di interesse legittimo, la Corte passa ad esaminare detto diritto sotto il profilo della valenza autonoma di cui questo gode sia in sede procedimentale, ove la legittimazione attiva all'esercizio del diritto d'accesso va tenuta distinta dalla legittimazione a ricorrere in sede giurisdizionale avverso l'atto lesivo della posizione soggettiva vantata, che in sede processuale.
    Quanto al primo aspetto, l'articolo 22 della l. n. 241 del 1990 attribuisce legittimazione attiva all'accesso a tutti i soggetti privati, compresi quelli portatori di interessi pubblici o diffusi, che abbiano un interesse diretto, concreto e attuale corrispondente ad una situazione giuridicamente tutelata e collegata al documento al quale è richiesto l'accesso. In ossequio a detta disposizione, il Consiglio di Stato ritiene sufficiente, al fine di ottenere dall'Amministrazione la presa visione o la copia dei documenti, la rappresentazione, tramite apposita istanza, di un interesse “personale, concreto, serio e non emulativo” alla conoscenza degli atti richiesti per la tutela di una “situazione giuridicamente rilevante che non necessariamente deve essere di diritto soggettivo o di interesse legittimo”. Quest'ultima, continua la Corte, caratterizza l'istanza di accesso in modo talmente pregnante da ritenere del tutto diversa, e per ciò ammissibile, un'istanza di accesso successiva ed analoga ad una precedente su cui si è già formato il silenzio diniego, allorchè la richiesta si fondi sulla prospettazione di un diverso interesse giuridicamente rilevante.
    Ma ciò che più rileva è la precisazione che la legittimazione attiva e l'interesse alla conoscenza dei documenti amministrativi, purchè aventi i caratteri sopra descritti, sussistono indipendentemente dalla configurazione in capo al privato richiedente della legittimazione a ricorrere avverso l'atto di cui si chiede l'accesso, potenzialmente lesivo della posizione soggettiva vantata. L'interesse alla conoscenza dei documenti amministrativi costituisce, in altri termini, un interesse autonomo meritevole di tutela a prescindere dalla lesione, attuale o potenziale, delle situazioni giuridiche soggettive sulle quali può incidere l'attività amministrativa.
    Simmetricamente, in sede processuale l'azione a tutela dell'accesso è del tutto autonoma ed indipendente dalla sorte del processo principale e dalla medesima possibilità di instaurazione dello stesso, in quanto specificamente preordinata ad assicurare la trasparenza della pubblica amministrazione. Ciò comporta conseguenze processuali tutt'altro che secondarie. Anzitutto, rende ammissibile il ricorso per l'accesso anche nell'ipotesi in cui non possa più essere impugnato il provvedimento cui si chiede di accedere per decorso del termine o nell'ipotesi in cui la pretesa finale risulti incerta. In secondo luogo, impone di valutare la sussistenza della legittimazione ad agire e dell'interesse a ricorrere ex articolo 25 della l. n. 241 del 1990 attraverso la lente della specifica situazione giuridica soggettiva fatta valere, di tal che tale legittimazione si configurerà in presenza di un diniego tacito o espresso opposto dall'amministrazione ad un' apposita istanza di accesso rappresentativa di un interesse giuridicamente rilevante e l'interesse a proporre ricorso avverso il diniego coinciderà con le condizioni legittimanti l'accesso (titolarità della situazione giuridicamente rilevante e collegamento tra questa e il contenuto del provvedimento). Né tale interesse potrà considerarsi scalfito dall'avere il ricorrente “mostrato di conoscere i documenti richiesti. Il rimedio speciale previsto a tutela del c.d. “diritto d'accesso” deve ritenersi consentito anche in pendenza di un giudizio ordinario, all'interno del quale i documenti oggetto della domanda di accesso possono essere acquisiti, in via istruttoria, dal giudice”.
    Infine, ritenuta l'autonomia del diritto d'accesso, dovrà riconoscersi al giudice chiamato a decidere su tale domanda “solo i presupposti legittimanti la richiesta” e non anche la ricevibilità, ammissibilità o rilevanza dei documenti richiesti rispetto al giudizio principale pendente.





    )Questioni processuali accesso.
    Qui le questioni discusse, oltre a quelle che si collegano alle problematiche sostanziali prima segnalate (contraddittorio controinteressati e natura giurisdizione), si pongono in materia di rito processuale.

    Premessa. In materia di accesso il legislatore ha introdotto un rito camerale speciale, semplificato e abbreviato.
    La specialità è data dal fatto che oggetto di questo rito è solo l'actio ad exhibendum, mentre la semplificazione è data dal fatto che il rito segue forme meno stringenti rispetto a quello ordinario (si pensi che la legge non prescrive la necessità di difesa tecnico, giacché la parte può stare in giudizio anche personalmente).
    E' un rito abbreviato, poiché i termini di proposizione dell'impugnazione e dell'eventuale appello sono dimidiati (30 gg), così come il termine per decidere, ma gli altri termini processuali rimangono invariati.
    La specialità più evidente è però data dal fatto che il GA, vagliata la fondatezza dell'istanza di accesso del privato, condanna la PA all'esibizione e cioè un fare specifico, tant'è che qualcuno ha anche affermato che sarebbe quasi una giurisdizione di merito.
    Altri connotati di peculiarità sono la possibilità di esperire ricorsi alternativi al difensore civico per le amministrazioni localik

    3 sono le questioni: I) accesso in pendenza di ricorso su provvedimento; II)natura dell'ordinanza; III) tutela cautelare


    I)L'accesso in corso di causa era ammesso da parte della giurisprudenza già prima della legge 205/2000 ed era ritenuto e qualificato quale strumento giuridico processuale che ovviava alla cd pratica dei ricorsi al buio o interruttivi (Per inciso: è anche una delle finalità sottostanti alla previsione generalizzata dell'obbligo di motivazione).
    In sostanza soggetto che si riteneva leso da un provvedimento amministrativo era costretto a presentare il ricorso senza conoscere gli atti ed i documenti che avevano portato al provvedimento e poi sollecitava i poteri istruttori del giudice chiedendo allo stesso di ordinare alla PA di depositarli. Qualora la PA non avesse adempiuto a tale ordine il giudice, in sede di decisione, avrebbe applicato il 116 co 2 cpc desumendo argomenti di prova a favore del ricorrente.
    Con la riforma del 2000 viene introdotto il rito in parola. Lo stesso è disciplinato come incidente istruttorio, ma per la peculiare disciplina cui è assoggettato presenta dei connotati di specialità.
    Stante questa disciplina in dottrina ed in giurisprudenza si è discusso su come tale ricorso vada deciso. In sostanza ci si chiedeva se questo era come il rito per l'accesso presentato in via autonoma o se si dovesse avere comunque riguardo della pertinenza istruttoria.
    Il Consiglio di Stato ha aderito alla seconda tesi, ammettendo la richiesta di accesso in corso di causa solo se vi sia attinenza tra i documenti richiesti ed il processo in corso e che in caso diverso la richiesta non sarebbe infondata ma addirittura inammissibile.
    Si evidenzia infatti che nell'ipotesi in cui si sposasse la tesi contraria, si rischierebbe di ammettere una richiesta dilatoria ed addirittura emulativa ai danni della PA, con conseguente pregiudizio per la ragionevole durata del processo.
    Sul punto è però intervenuta la legge 15/05 che invece ha inserito la disciplina del ricorso incidentale in quella del ricorso autonomo, cosicché sarebbero venute meno le distinzioni tra rito in via autonoma e rito in via incidentale.
    Tuttavia, va rilevato che la legge 15/05 sembra contemplare anche una differenza, che però è in recessione. Nel rito incidentale, infatti, la notifica al controinteressato è eventuale, prescrivendo la legge un'altternatività circa la notifica dell'istanza, mentre abbiamo visto che nel rito autonomo questa eventualità non c'è, giacché, a seconda della tesi che si predilige sulla natura dell'accesso, il ricorso può essere inammissibile oppure occorre procedere ad un integrazione del contraddittorio ex art.102 cpc.

    )Si discute se l'ordinanza che decide sul ricorso d'accesso in corso di causa sia un provvedimento istruttorio o di carattere decisorio.
    In realtà l'opinione preferibile, visto la contraddittorietà del dato normativo (che per certi versi prevede un incidente istruttorio e per altri una decisione sull'accesso ancorché funzionalizzata alla decisione della causa) conduce a ritenere che il provvedimento abbia natura mista. Tale ordinanza, infatti, oltre a risolvere il problema dell'accesso fissa anche l'udienza di prosecuzione del giudizio principale. Tuttavia, il carattere decisorio di questa ordinanza fa ritenere che la stessa sia impugnabile autonomamente davanti al CDS (mentre i vizi degli altri provvedimenti istruttori sono vizi della sentenza e quindi motivi di appello).
    Su quest'ultimo punto la giurisprudenza del CDS (sez. VI sent. 5450/2002) afferma che l'impugnabilità dipende dal contenuto dell'ordinanza:
    a) se l'ordinanza decide nel merito la richiesta di accesso allora è impugnabile;
    b) se l'ordinanza decide che la richiesta è inammissibile per non pertinenza dei documenti allora non è impugnabile;


    II)Si discute anche se sia ammissibile la tutela cautelare.
    In senso contrario va rilevato che la celerità del rito fa si che venga evitato il periculum in mora che si manifesterebbe in un giudizio ordinario. In sostanza non v'è il rischio che il processo vada in danno della parte che ha ragione.
    In secondo luogo la concessione di tutela cautelare, consentendo un'immediata ostensione degli atti riservati, raggiungerebbe gli effetti della sentenza di merito, rendendola inutile.
    Tuttavia si è replicato che il discorso non vale nel caso di appello avverso una sentenza od un'ordinanza che ordini l'esibizione, giacché in questo caso la ratio del cautelare è data dall'esigenza di proteggere i dati riservati.
     
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  2. alex.falco
     
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    Da ricerche internet http://www.iusna.net/index.php?option=com_...id=490&Itemid=2
    http://www.altalex.com/index.php?idnot=9556 grande mio collega di corso anno 1994

    http://www.ratioiuris.it/sezione.interna.php?notizia=91
    Questione 1 il potere di differimento nell’accesso

    La legge attribuisce però alla PA anche uno specifico potere discrezionale, che le fonti secon¬darie possono disciplinare più dettagliatamente: il potere di diffe¬rire l'accesso ai documenti richiesti, ossia di negare l’accesso solo per un periodo di tempo determinato (il nuovo comma 4 disciplina il potere di differimento più genericamente di quanto facesse in passato il vecchio comma 6 che condizionava l’esercizio del potere di differimento alle ipotesi in cui la conoscenza del documento poteva impedire o gravemente ostacolare lo svolgimento dell'azione am¬ministrativa).


    Non vi è dubbio che, anche alla luce della nuova disciplina, i regolamenti possono prevedere ipotesi specifiche di differimento, fissandone la durata (in tal caso non si configurerebbe un potere discrezionale in capo alla PA. procedente).


    E’ poi previsto che la P.A. non può negare l’accesso ai documenti nelle ipotesi in cui sia sufficiente fare ricorso al potere di differimento (art. 24 co. 4 come modificato dalla legge n. 15/2005).

    Secondo autorevole dottrina, la formulazione laconica dell’articolo 24 comma 4, legittimerebbe l’ esercizio di un potere di differimento “del tutto discrezionale” da parte della Pubblica Amministrazione. In realtà è corretto tener presente che il su citato D.P.R. 12 aprile 2006 n. 184 ( regolamento recante disciplina in materia di accesso ai documenti amministrativi ) all’art. 9, ha precisato che il potere di differimento è esercitato dall’ amministrazione al fine di assicurare la tutela temporanea degli interessi previsti dall’art. 24 comma 6 della legge 241/90 ( sicurezza e difesa nazionale, relazioni internazionali, politica monetaria e valutaria, ordine pubblico, prevenzione e repressione dei reati, privacy, contrattazione collettiva nazionale in corso ). Si è altresì stabilito che il differimento dell’accesso ai documenti amministrativi è disposto dalla PA per la salvaguardia di alcune particolari esigenze, specie nella fase preparatoria dei provvedimenti, allorché possa risultarne compromesso il suo andamento imparziale.

    L’atto che dispone il differimento indica anche la relativa durata del differimento ( art. 9 comma 2 e 3 ).
    In quest’ ultima statuizione, secondo autorevole dottrina, rientrerebbero le cosiddette procedure di evidenza pubblica. Al riguardo deve però registrarsi un elemento di novità, dato dall’adozione del Decreto legislativo 12 aprile 2006, n. 163 ( c.d. codice degli appalti ) che ha previsto ulteriori fattispecie di differimento finalizzate a salvaguardare la libertà di partecipazione, nonché il regolare svolgimento delle procedure di affidamento ed esecuzione dei contratti pubblici.

    Nel codice si è infatti disposto che l’ accesso ai documenti debba essere differito, nelle procedure aperte, in relazione all’elenco dei soggetti che hanno presentato offerte fino alla scadenza del termine per la presentazione delle medesime e, nelle procedure ristrette o negoziate e in ogni ipotesi di gara informale, in relazione all’elenco dei soggetti che hanno fatto richiesta d’invito o che hanno segnalato il loro interesse nonché con riguardo all’elenco dei soggetti che sono stati invitati a presentare offerte o che hanno presentato offerte, fino alla scadenza del termine per la presentazione delle medesime. Il differimento dell’accesso è poi sancito in relazione alle offerte, sino all’approvazione dell’aggiudicazione ( art. 13 comma 2 ).

    ’inosservanza delle suddette disposizioni da parte dei pubblici ufficiali e degli incaricati di un pubblico servizio integra gli estremi del delitto di rivelazione ed utilizzazione di segreti di ufficio ed è penalmente sanzionata ai sensi dell’art. 326 c.p. ( art. 13 comma 4 ).
    In definitiva, alla luce del su esposto assetto legislativo in tema di differimento dell’accesso ai documenti amministrativi, è possibile ritenere che questo potere della pubblica amministrazione non abbia natura tout court discrezionale, ma sia stato ammesso, nel nostro ordinamento, secondo canoni normativi ben definiti al fine di salvaguardare specifici interessi pubblici e privati.


    >ORIENTAMENTO consDiritto di accesso - potere di differimento della P.A. in relazione alle pratiche di condono
    Scritto da La redazione iusna.net
    lunedì 04 giugno 2007
    TAR Napoli, Sez. V, 10 maggio 2007 / 31 maggio 2007, n. 5870 (Pres. Onorato, est. Carpentieri)


    Il potere di differimento dell’accesso è previsto in via generale dall’articolo 24, comma 4, della legge n. 241 del 1990 (come sostituito dall'art. 16 della legge 11 febbraio 2005, n. 15: <<4. L'accesso ai documenti amministrativi non può essere negato ove sia sufficiente fare ricorso al potere di differimento>>).

    Il d.P.R. 12 aprile 2006, n. 184 (Regolamento recante disciplina in materia di accesso ai documenti amministrativi), specifica più nel dettaglio, all’articolo 9, la disciplina dell’istituto del differimento dell’accesso, prevedendo che <<2.
    Il differimento dell'accesso è disposto ove sia sufficiente per assicurare una temporanea tutela agli interessi di cui all'articolo 24, comma 6, della legge, o per salvaguardare specifiche esigenze dell'amministrazione, specie nella fase preparatoria dei provvedimenti, in relazione a documenti la cui conoscenza possa compromettere il buon andamento dell'azione amministrativa. 3.


    L'atto che dispone il differimento dell'accesso ne indica la durata.>>
    La possibilità di un differimento dell’accesso perché il procedimento è ancora in corso è in realtà solo incidentalmente prevista dalla disposizione ora riportata, lì dove, tra le possibili giustificazioni del ritardo, menziona quella di salvaguardare specifiche esigenze dell'amministrazione, specie nella fase preparatoria dei provvedimenti.

    Ma è del tutto evidente che questa previsione normativa, lungi dall’introdurre e ammettere il preteso principio di inaccessibilità degli atti “che si correlano ad un procedimento in itinere non ancora concluso”, come pure ipotizzato dal Comune intimato, ribadisce e riafferma il principio (opposto) stabilito dalla legge n. 241 del 1990, della normale accessibilità di tutti i documenti amministrativi, salve le motivate eccezioni, tra cui (sempre come motivate eccezioni) si prevedono anche i casi di cui al citato articolo 8 del regolamento del 2006, di solo temporanea non accessibilità (differimento dell’accesso), ma sempre che l’amministrazione dimostri motivatamente, con specifico riferimento al singolo caso concreto, la necessità (non altrimenti realizzabile) di salvaguardare specifiche esigenze dell'amministrazione, specie nella fase preparatoria dei provvedimenti, in relazione a documenti la cui conoscenza possa compromettere il buon andamento dell'azione amministrativa

    >A LTRETar lazio sez2 num 3224 del 2005
    Illegittimo il differimento se all’uopo e’ in corso un’attivita’ ispettiva.
    Sentenza in linea con il consolidato orientamento
    Tribunale Amministrativo Regionale del Lazio

    Sezione II ter

    Sentenza 7 gennaio 2008, n. 71

    FATTO

    Con ricorso notificato l'1.8.2007, depositato il 20.9.2007, le sigg. re Matilde J. e Ilaria D., premesso di aver chiesto in data 24.1.2007 al Corpo Forestale dello Stato di Ronciglione l'accesso al verbale di sopralluogo effettuato dalle Guardie Forestali di Ronciglione, in località La Monachina, di Vejano, in data 17.9.2006, e di aver reiterato la domanda in data 24.5.2007, hanno chiesto l'annullamento, l'accertamento del diritto e l'emanazione dell'ordine in epigrafe indicati, deducendo i seguenti motivi:

    1.- Violazione degli artt. 22, e ss., e 24 della l. n. 241 del 1990, nonché del diritto fondamentale all'accesso ad atti e documenti amministrativi e del principio di trasparenza dell'attività amministrativa di cui all'art. 1 di detta legge. Eccesso di potere per carenza ed insufficienza della motivazione, sviamento di potere e travisamento dei presupposti relativi al potere di rifiuto, differimento e limitazione del diritto di accesso.

    2.- Violazione dell'art. 10 bis della l. n. 241 del 1990. Eccesso di potere per carenza di istruttoria e della valutazione imparziale della fattispecie.

    3.- Violazione dell'art. 24 della l. n. 241 del 1990. Eccesso di potere per travisamento dei presupposti e carenza di motivazione in ordine alla pretesa esigenza di riservatezza di terze persone citate nella documentazione oggetto della richiesta di accesso.

    Con atto depositato il 29.9.2007 si è costituito in giudizio il Ministero delle Politiche Agricole, Alimentari e Forestali.

    Con memoria depositata il 30.10.2007 l'Amministrazione resistente ha dedotto la infondatezza del ricorso, concludendo per la reiezione.

    Alla udienza in camera di consiglio del 5.11.2007 il ricorso è stato trattenuto in decisione alla presenza degli avvocati delle parti, come da verbale di causa agli atti del giudizio.

    DIRITTO

    1.- Con il ricorso in esame le deducenti in epigrafe indicate, premesso di aver chiesto in data 24.1.2007 al Corpo Forestale dello Stato di Ronciglione l'accesso al verbale di sopralluogo effettuato dalle Guardie Forestali di Ronciglione, in località La Monachina, di Vejano, in data 17.9.2006, e di aver reiterato la domanda in data 24.5.2007, hanno chiesto l'annullamento della nota del Corpo Forestale dello Stato, Comando Provinciale di Viterbo, prot. n. 20070022 del 30.6.2007, di reiezione della istanza di accesso presentata il 24.5.2007, avente ad oggetto detto verbale, con relativa documentazione fotografica; inoltre hanno chiesto l'annullamento degli atti connessi, presupposti e collegati, in particolare della nota di detto Comando n. 5458 del 27.4.2007 e del d.m. 5.9.1997, n. 392 del Ministero delle Politiche Agricole, emanato a norma dell'art. 24/2 della l. n. 241 del 1990, con riferimento all'art. 4, I c., lett. b), nei limiti. Hanno infine chiesto l'accertamento del diritto ad accedere ai documenti richiesti, con conseguente ordine alle Amministrazioni intimate di esibizione della richiesta documentazione.

    2.- Con il primo motivo di ricorso sono stati dedotti violazione degli artt. 22, e ss., e 24 della l. n. 241 del 1990, nonché del diritto fondamentale all'accesso ad atti e documenti amministrativi e del principio di trasparenza dell'attività amministrativa di cui all'art. 1 di detta legge. Inoltre è stato prospettato il vizio di eccesso di potere per carenza ed insufficienza della motivazione, sviamento di potere e travisamento dei presupposti relativi al potere di rifiuto, differimento e limitazione del diritto di accesso.

    Sarebbe apodittica la motivazione del provvedimento impugnato basata sulla circostanza che la documentazione richiesta era inerente ad indagini di polizia giudiziaria, non essendo tanto sufficiente a sottrarla all'accesso (se non soggetta a sequestro o per sussistenza delle esigenze di prevenzione e repressione della criminalità cui fa riferimento l'art. 24, II c., lett. d), della l. n. 241 del 1990); sarebbe inoltre errato il riferimento all'art. 4, I c, lett. b) del d.m. n. 392 del 1997, che si riferirebbe ad atti oggetto di contenzioso in cui l'Amministrazione sia direttamente interessata.

    Il Collegio (precisato che la nota del Corpo Forestale dello Stato, Comando Provinciale di Viterbo, n. 5458 del 27.4.2007, ha respinto la istanza di parte ricorrente per essere la documentazione richiesta attinente ad attività di polizia giudiziaria e per contenere dati anagrafici di terze persone, mentre la successiva nota prot. n. 20070022 del 30.6.2007, di detto Comando, pure impugnata, è motivata con riferimento all'art. 4, I c, lett. b) del d.m. n. 392 del 1997, che sottrae all'accesso atti relativi al contenzioso, in particolare documenti d'ufficio), non ritiene condivisibili le censure in esame.

    Va invero ritenuto che gli atti posti in essere da un'autorità amministrativa nello svolgimento di poteri di polizia giudiziaria non siano in alcun modo e sotto alcuna prospettiva riferibili all'esercizio di una funzione amministrativa, con conseguente inapplicabilità nei confronti degli stessi della normativa generale sull'accesso (T.A.R. Lazio Roma, sez. II, 6 novembre 2006, n. 11806).

    Tanto rende inutile la disamina della fondatezza sulla erroneità del riferimento, contenuto nel provvedimento del 30.6.2006 impugnato, all'art. 4, I c, lett. b) del d.m. n. 392 del 1997, atteso che comunque gli atti richiesti sono sottratti all'accesso perché adottati nello svolgimento di attività di polizia giudiziaria.

    3.- Con il secondo motivo di gravame sono stati dedotti violazione dell'art. 10 bis della l. n. 241 del 1990, nonché eccesso di potere per carenza di istruttoria e della valutazione imparziale della fattispecie.

    Non sarebbe stata effettuata la comunicazione prevista dalla disposizione in epigrafe indicata, applicabile alla fattispecie perché trattasi di procedimento ad istanza di parte.

    L'art. 10 bis della l. n. 241 del 7 agosto 1990 prevede che "Nei procedimenti ad istanza di parte il responsabile del procedimento o l'autorità competente, prima della formale adozione di un provvedimento negativo, comunica tempestivamente agli istanti i motivi che ostano all'accoglimento della domanda. Entro il termine di dieci giorni dal ricevimento della comunicazione, gli istanti hanno il diritto di presentare per iscritto le loro osservazioni, eventualmente corredate da documenti.

    La comunicazione di cui al primo periodo interrompe i termini per concludere il procedimento che iniziano nuovamente a decorrere dalla data di presentazione delle osservazioni o, in mancanza, dalla scadenza del termine di cui al secondo periodo. Dell'eventuale mancato accoglimento di tali osservazioni è data ragione nella motivazione del provvedimento finale. Le disposizioni di cui al presente articolo non si applicano alle procedure concorsuali e ai procedimenti in materia previdenziale e assistenziale sorti a seguito di istanza di parte e gestiti dagli enti previdenziali".

    Il Collegio non condivide l'orientamento giurisprudenziale secondo cui detta disposizione trova applicazione anche nel procedimento per l'accesso ai documenti, laddove l'amministrazione intenda denegare il relativo diritto (T.A.R. Sardegna Cagliari, sez. II, 16 febbraio 2006, n. 232), atteso che deve ritenersi inapplicabile l'art. 10 bis della l. n. 241 del 1990 ai procedimenti diretti ad ottenere l'accesso ad atti, sia in base all'elemento testuale, in quanto l'elenco dei procedimenti cui non è applicabile contenuto in tale disposizione non si ritiene che abbia carattere di tassatività, sia in base al dato sistematico, poiché il procedimento di accesso realizza un interesse meramente partecipativo, strumentale alla soddisfazione di un interesse primario, che non si concilia con la previsione di una ulteriore fase subprocedimentale (T.A.R. Lazio Roma, sez. I, 13 dicembre 2005, n. 13562).

    Aggiungasi che non è annullabile il provvedimento adottato in violazione delle norme sul procedimento ai sensi dell'art. 21 octies, II c., della l. n. 241 del 1990, che stabilisce che "Il provvedimento amministrativo non è comunque annullabile per mancata comunicazione dell'avvio del procedimento qualora l'amministrazione dimostri in giudizio che il contenuto del provvedimento non avrebbe potuto essere diverso da quello in concreto adottato", atteso che nel caso che occupa il costituito Ministero ha asserito che il documento de quo era escluso dall'accesso perché rientrante nella attività di P.G.

    4.- Con il terzo motivo di ricorso sono stati dedotti violazione dell'art. 24 della l. n. 241 del 1990, nonché eccesso di potere per travisamento dei presupposti e carenza di motivazione in ordine alla pretesa esigenza di riservatezza di terze persone citate nella documentazione oggetto della richiesta di accesso. Ciò considerato che comunque non poteva essere negata la visione della documentazione richiesta ex art. 24, lett. d), della l. n. 241 del 1990.

    La censura non è suscettibile di accoglimento, ad avviso del Collegio, atteso che l'eventuale accoglimento della richiesta di annullamento della motivazione (di cui sopra) addotta a giustificazione del diniego dell'Amministrazione, sarebbe comunque insufficiente a consentire alle ricorrenti il conseguimento dell'accesso de quo, non consentibile per le considerazioni in precedenza espresse circa la esclusione dall'accesso degli atti posti in essere da un'autorità amministrativa nello svolgimento di poteri di polizia giudiziaria.

    5.- Il ricorso deve essere, pertanto, respinto.

    6.- Le spese del giudizio possono essere compensate tra le parti.

    P.Q.M.

    Il Tribunale Amministrativo Regionale del Lazio - Sezione seconda ter - respinge il ricorso in epigrafe indicato.

    Spese compensate.

    Ordina che la presente sentenza sia eseguita dalla pubblica amministrazione.


    Casi : i ed applicazioni processuali

    L’accesso alle dichiarazioni dei lavoratori
    L’accesso ai verbali delle dichiarazioni acquisite dal personale ispettivo, innanzitutto, è differito al
    termine degli accertamenti, per espressa disposizione del Codice disciplinare degli ispettori del
    lavoro18.
    Difatti, l’art.12 del Codice impone al personale ispettivo di acquisire le dichiarazioni dei
    lavoratori senza ammettere la presenza del datore di lavoro o del suo consulente19 e di non
    rilasciarne copia né al lavoratore, né al soggetto ispezionato, fino alla conclusione degli
    accertamenti20, allo scopo di non pregiudicare l’efficacia dell’attività ispettiva.

    Il primo problema che si pone, dunque, è quello di individuare correttamente il momento
    conclusivo del procedimento ispettivo, fino al quale l’istanza di accesso agli atti viene ritenuta
    inammissibile. Se, come si ritiene, l’esigenza di difendersi dalle contestazioni va riconosciuta
    anche nella fase della predisposizione degli scritti difensivi, da presentare entro trenta giorni dalla
    data di notificazione del verbale, da quella stessa data devono ritenersi conclusi gli accertamenti.

    Sul punto sarebbe comunque opportuna una chiara presa di posizione da parte del Ministero.
    In secondo luogo, si discute se le dichiarazioni dei lavoratori, rientrando nella categoria dei
    documenti acquisiti nel corso dell’ispezione, dai quali potrebbe derivare un’indebita pressione
    o discriminazione a carico dei lavoratori, siano sottratte al diritto d’accesso finché perdura il
    rapporto di lavoro, anche quando la richiesta sia motivata dalla necessità del datore di lavoro di
    difendersi dalle contestazioni mosse a suo carico dal personale ispettivo.

    In proposito la giurisprudenza consolidata ritiene che “l’interesse dei lavoratori alla riservatezza
    delle dichiarazioni rese, recede quando l’accesso sia necessario alla difesa del datore di lavoro,
    con conseguente disapplicazione della norma regolamentare in contrasto (C.Stato, sez.VI,
    10/04/2003, n.1923).

    Tale principio, tuttavia, va contemperato con diverse contrapposte valutazioni. Innanzitutto i
    lavoratori, le cui dichiarazioni sono oggetto di richiesta, vanno considerati controinteressati e,
    pertanto, devono essere informati dell’istanza e messi in condizione di esercitare le proprie
    prerogative (C.Stato, sez.VI, 03/05/2002, n.2366).

    In secondo luogo, è opportuno che l’accesso sia limitato agli atti strettamente pertinenti, separando
    la documentazione contenente notizie eccedenti
    (Commissione per l’accesso agli atti
    amministrativi21, parere 10/12/2002, n.226/Q/VIII), al punto che è stato ritenuto legittimo e
    doveroso coprire i dati e le generalità dei dichiaranti, prima di consentire l’accesso alle
    dichiarazioni (T.A.R. Veneto, 18/01/2006, n.301).

    In terzo luogo, restano evidentemente coperti dal segreto istruttorio, imposto dall’art.329 del codice di
    procedura penale, tutti gli atti di indagine trasmessi alla magistratura in relazione a una notizia di
    reato, fino a quando l’imputato non possa averne conoscenza e comunque non oltre la chiusura
    delle indagini preliminari (C.Stato, sez. VI, 03/05/2002, n.2366; T.A.R. Veneto, 26/04/2006, n.1130).

    Edited by alex.falco - 22/9/2009, 19:24
     
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  3. alex.falco
     
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    Relazioni della Direzione Lavori e accesso agli atti
    TAR Piemonte-Torino, sez. I, sentenza 16.03.2009 n° 754 (Alessandro Del Dotto)
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    L’accesso non può estendersi anche alle relazioni riservate del collaudatore e del direttore dei lavori sulle domande iscritte a riserva dall’impresa sui registri contabili

    L’art. 9 del D.P.R. 24.4.2006, n. 184, circoscrive in ben definiti e tassativi ambiti i casi in cui la richiesta di accesso può essere differita, individuandoli nel riferimento alle categorie di atti di cui all’art. 24 della legge 7.8.1990, n. 241 e sempreché il differimento stesso sia funzionale agli interessi di cui al comma 6 dell’art. 24 citato, ovvero ad ulteriori esigenze da riconnettere e ricondurre solo ai documenti la cui conoscenza possa compromettere il buon andamento dell’azione amministrativa, prevalentemente nella fase preparatoria di provvedimenti.

    La mole della documentazione richiesta non può costituite ostacolo all’accesso, potendo, in tal caso l’Amministrazione, richiedere la corresponsione dei costi di riproduzione e copia dei documenti, ma non certo differirne l’accesso per esigenze organizzative, né tento meno per la imminenza del periodo feriale.

    Il diritto di accesso è pieno e investe tanto la visione quanto l’estrazione di copia, posto che l’esame e l’estrazione di copia sono previste come modalità congiunte dell'esercizio del diritto, senza deroghe o eccezioni di sorta, mentre i casi di impedimento al diritto di accesso sono, invece, ricondotti solo all'esclusione o al differimento.

    Con il precipitato poc’anzi evidenziato, il T.A.R. torinese ha colto l’occasione per rammentare che le relazioni della direzione dei lavori e del collaudatore costituiscono documenti amministrativi sottratti al diritto di accesso agli atti.

    Segnatamente, la fattispecie sottoposta allo scrutinio del Collegio concerneva un diniego (sostanziale: mascherato, invero, da differimento sine die) opposto ad una istanza di accesso presentata da un tecnico che, precedentemente incaricato dall’amministrazione, necessitava di reperire la documentazione onde vagliare eventuali profili di responsabilità (anche in vista di azioni risarcitorie) dell’ente committente per l’anticipata risoluzione del rapporto contrattuale.

    Sul punto della ricorrenza del presupposto dell’interesse all’accesso, dunque, chiarisce il Giudice amministrativo che «è integrato il requisito della necessità e strumentalità del richiesto accesso documentale, alla tutela di un interesse giuridicamente rilevante del ricorrente laddove egli deve difendere le proprie ragioni connesse all’anticipata risoluzione del contratto d’opera disposta da un Comune, facendo valere il suo diritto all’indennità per anticipata cessazione dell’incarico, nei limiti in ci la legge professionale lo riconosce»; salvo, però, escludere dall’accesso le relazioni della D.L..

    Tuttavia, la pronuncia in esame non può passare inosservata all’avveduto giurista del diritto amministrativo, ponendo la decisione taluni punti fermi in tema di accesso agli atti amministrativi, specie per ciò che riguarda la sostanza dell’accesso agli atti.

    In primo luogo, si pone in evidenza che il differimento costituisce atto del tutto eccezionale e il cui utilizzo non può esser fatto per “coprire” fattispecie di sostanziale diniego (che si configura quando, come nel caso in esame, l’amministrazione differisce l’espletamento dell’accesso ad una data, salvo poi non procedere neppure in quella ultima oppure, addirittura, differisce sine die).

    In secondo luogo, il Collegio esclude che la copiosa mole della documentazione richiesta (i cui costi sono rimborsabili con il versamento dei diritti di segreteria) ovvero l’approssimarsi delle ferie degli uffici deputati possano costituire motivi di legittimo impedimento all’accesso o, comunque, ragioni fondanti il differimento: del resto, «ciò che rileva nel giudizio in ordine all’assentibilità o meno della richiesta di accesso è la valutazione di pertinenza della documentazione oggetto di richiesta di accesso con la necessità dell’istante di tutelare la sua posizione soggettiva giuridicamente rilevante».

    Infine, il T.A.R. Piemonte rammenta che la locuzione “accesso” relativa agli atti e documenti amministrativi individua un duplice ordine di operazioni, ossia la visione degli atti e l’estrazione della loro copia (e non anche la sola visione: sul punto, T.A.R. Puglia Lecce, sez. II, 16.2.2007, n. 481).


    http://www.francocrisafi.it/web_secondario...202612%2008.pdf

     
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  4. seppietta
     
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    Accesso agli atti amministrativi

    Se è vero che il diritto d'accesso riguarda esclusivamente documenti già esistenti e detenuti dall'Amministrazione, così che esso non può essere invocato allorché lo stesso interessato non chieda l'esibizione di documenti di cui sia certa l'esistenza, ma intenda provare l'esistenza di documenti che egli afferma essere stati a suo tempo formati, tuttavia se il ricorrente fornisce argomenti e indizi circa l'esistenza degli atti a cui chiede l'accesso e l'Amministrazione non fornisce la prova a sostegno del proprio assunto dell'inesistenza dei documenti richiesti correttamente il Giudice ordina l'accesso
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    in data 15/07/2010

    Sono impugnabili i provvedimenti del giudice amministrativo di primo grado che, pur non avendo la forma esteriore di sentenza, abbiano un reale contenuto decisorio della controversia.

    Il ché si verifica quando essi esplicitamente, o implicitamente, risolvano in tutto, o in parte, la questione che oppone le parti, ovvero un punto pregiudiziale di essa, dal momento che al fine di stabilire se un provvedimento abbia natura di sentenza o di ordinanza è decisiva non già la forma adottata ma il suo contenuto in base al principio della prevalenza in materia della sostanza sulla forma.

    Con particolare riferimento all'ordinanza che decide il ricorso in materia di accesso in corso di causa, occorre distinguere tra ordinanze che si pronunciano sul ricorso accogliendolo o respingendolo in relazione ai presupposti inerenti all'accesso in quanto tale, e ordinanze che respingono il ricorso perché ritengono i documenti richiesti non utili ai fini del giudizio in corso.

    Nel primo caso l'ordinanza ha natura decisoria ed è appellabile sia nel caso in cui il giudice escluda l'accessibilità sulla base della ritenuta carenza dei presupposti previsti dalla disciplina dell'accesso, sia nel caso in cui il giudice accolga la domanda di accesso ritenute sussistenti le condizioni legittimanti l'ostensione senza passare al vaglio della pertinenza dei documenti in relazione al giudizio in corso.

    Nel secondo caso l'ordinanza ha natura meramente istruttoria e non è appellabile autonomamente.



    N. 04068/2010 REG.DEC.

    N. 10169/2009 REG.RIC.



    REPUBBLICA ITALIANA

    IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

    Il Consiglio di Stato

    in sede giurisdizionale (Sezione Quinta)



    ha pronunciato la presente

    DECISIONE

    Sul ricorso numero di registro generale 10169 del 2009, proposto da:
    Nuova Croce Verde Romana S.r.l., in persona del legale rappresentante p.t. , rappresentata e difesa dagli avv.ti Kristian Cosmi, Antonio Mercuri e Andrea Provini, con domicilio eletto presso Antonio Mercuri in Roma, via Leone IV, n.38;

    contro

    -Regione Lazio e Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti, rappresentati e difesi dall’Avvocatura generale dello Stato, domiciliata per legge in Roma, via dei Portoghesi, n.12;
    -Azienda Usl Roma B, non costituita;

    nei confronti di

    Tra. Ser Srl, non costituita;

    per la riforma

    della ordinanza del T.A.R. LAZIO - ROMA: SEZIONE III QUATER n. 01330/2009, resa tra le parti, concernente ACCESSO AGLI ATTI RELATIVI AL RILASCIO AUTORIZZAZIONE ESPLETAMENTO SERVIZIO DI TRASPORTO SANITARIO.

    Visto il ricorso in appello con i relativi allegati;

    Visto l'atto di costituzione in giudizio della regione Lazio e del Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti;

    Viste le memorie difensive;

    Visti tutti gli atti della causa;

    Relatore nella camera di consiglio del giorno 9 marzo 2010 il Cons. Aniello Cerreto e udito per l’appellante l’avvocato De Portu, per delega dell'Avv. Provini;

    Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

    FATTO e DIRITTO

    1.Con l’ordinanza indicata in epigrafe il TAR Lazio, nella pendenza di un giudizio di impugnazione, ha dichiarato inammissibile l’istanza proposta al Presidente della sezione, ex art. 25, comma 5°, L. 7 agosto 1990 n. 241 e successive modificazioni , dalla società Nuova Croce Verde Romana rivolta ad accertare l’illegittimità del diniego implicito di accesso opposto dalla Regione Lazio nei confronti dell’istanza diretta ad ottenere copia della documentazione e dei provvedimenti relativi al rilascio dell’autorizzazione ex L. R., n.49/1989 in favore della società Tra.Ser e conseguente inclusione di essa nelle liste delle società autorizzate dalla Regione per l’espletamento del servizio di trasporto sanitario.

    In particolare, il TAR ha ritenuto che la richiesta di accesso non riguardasse un interesse attuale ai fini della tutela di situazioni giuridicamente rilevanti e comunque fosse diretta ad ottenere atti frutto di attività di indagine dell’Amministrazione e non già esistenti e determinati

    2.Avverso detta ordinanza ha proposto appello la ricorrente originaria, osservando quanto segue;

    -nel ricorso n. 10959/2008, pendente presso lo stesso Tar, la Società aveva impugnato gli atti della gara per il servizio triennale del trasporto di materiale biologico, indetta dalla ASL Roma/B ed aggiudicata alla Tra.Ser, sostenendosi che l’aggiudicataria non poteva essere autorizzata dal Ministero delle infrastrutture e dei trasporti a munire i propri veicoli di dispositivi di segnalazione acustica poichè la medesima non aveva alcuna autorizzazione da parte della Regione ex L.R. n.49/1989; autorizzazione che invece aveva ottenuto successivamente alla notificazione del ricorso (avvenuta nel novembre 2008);

    -di conseguenza aveva interesse attuale a conoscere gli atti del procedimento sulla cui base era stata rilasciata l’autorizzazione ex L.R. n.49/1989 a favore della Tra.Ser, con indicazione della relativa data, e della conseguente inclusione negli elenchi delle società autorizzate dalla regione Lazio per l’espletamento del servizio di trasporto sanitario;

    -la documentazione richiesta è ben individuabile e non richiede l’elaborazione di atti:

    -l’accesso non è rivolto a verificare genericamente l’operato dell’Amministrazione ma a stabilire la legittimità della indicata procedura di gara.

    Ha concluso per l’accoglimento dell’ appello ai fini del rilascio di copia della documentazione richiesta.

    Alla camera di consiglio del 9 marzo 2010 il ricorso è stato trattenuto in decisone.

    3.L’ordinanza c.d. “istruttoria” del TAR è nella specie senz’atro appellabile.

    L'art. 25, comma 5°, L: n.241/1990 stabilisce, per quanto interessa, che “In pendenza di un ricorso presentato ai sensi della legge 6 dicembre 1971, n. 1034, e successive modificazioni, il ricorso può essere proposto con istanza presentata al presidente e depositata presso la segreteria della sezione cui è assegnato il ricorso, previa notifica all'amministrazione o ai controinteressati, e viene deciso con ordinanza istruttoria adottata in camera di consiglio. La decisione del Tribunale è appellabile, entro trenta giorni dalla notifica della stessa, al Consiglio di Stato, il quale decide con le medesime modalità e negli stessi termini. Le controversie relative all'accesso ai documenti amministrativi sono attribuite alla giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo”.

    Ora, pur avendo il legislatore qualificato espressamente come istruttoria l'ordinanza che chiude, davanti al Giudice di primo grado, "l'incidente di accesso”, deve osservarsi che sono comunque impugnabili i provvedimenti del giudice amministrativo di primo grado che, pur non avendo la forma esteriore di sentenza, abbiano un reale contenuto decisorio della controversia, il ché si verifica allorché essi esplicitamente o implicitamente risolvano in tutto o in parte la questione che oppone le parti, ovvero un punto pregiudiziale di essa, dal momento che . al fine di stabilire se un provvedimento abbia natura di sentenza o di ordinanza, è decisiva non già la forma adottata ma il suo contenuto in base al principio della prevalenza in materia della sostanza sulla forma (V. Cass. S.U. 11 dicembre 2007 n. 2537).

    Con particolare riferimento all'ordinanza che decide il ricorso in materia di accesso in corso di causa, questo Consiglio di Stato, ha operato una distinzione, che il Collegio condivide, tra ordinanze che si pronunciano sul ricorso accogliendolo o respingendolo in relazione ai presupposti inerenti all'accesso in quanto tale, e ordinanze che respingono il ricorso perché ritengono i documenti richiesti non utili ai fini del giudizio in corso. Nel primo caso l'ordinanza ha natura decisoria ed è appellabile sia nel caso in cui il giudice escluda l'accessibilità sulla base della ritenuta carenza dei presupposti previsti dalla disciplina dell'accesso, sia nel caso in cui il giudice accolga la domanda di accesso ritenute sussistenti le condizioni legittimanti l'ostensione senza passare al vaglio della pertinenza dei documenti in relazione al giudizio in corso. Nel secondo caso l'ordinanza ha natura meramente istruttoria e non è appellabile autonomamente (cfr. Cons. St., sez. VI, 25 marzo 2004 n. 1629; sez. V 9 dicembre 2008 n.6121.).

    Nella specie, il TAR ha respinto l’istanza ritenendo insussistenti i presupposti richiesti per consentire l’accesso e perciò la relativa decisione è soggetta ad impugnazione.

    4.L’appello è anche fondato nel merito.

    La ricorrente ha interesse attuale a conoscere gli atti del procedimento sulla cui base era stata rilasciata l’autorizzazione ex L.R. n.49/1989 a favore della Tra.Ser, con indicazione della relativa data, e della conseguente inclusione negli elenchi delle società autorizzate dalla regione Lazio per l’espletamento del servizio di trasporto sanitario, dal momento che ha un ricorso pendente presso lo stesso Tar avverso gli atti di una gara sostenendosi che l’aggiudicataria avrebbe conseguito tale necessaria autorizzazione solo dopo la notificazione del ricorso (novembre 2008).

    Inoltre, contrariamente a quanto ritenuto dal TAR, l’accesso non è rivolto a verificare genericamente l’operato dell’Amministrazione ma a stabilire la legittimità della indicata procedura di gara.

    Infine, nonostante una certa imprecisione della domanda di accesso in quanto non sono stati indicati gli estremi dell’autorizzazione in contestazione, la documentazione richiesta è ben individuabile, essendo stato precisato l’anno in cui tale autorizzazione sarebbe intervenuta (2008) e comunque il suo accoglimento non abbisogna dell’elaborazione di atti ma l’ostensione degli atti e provvedimenti esistenti.

    E’ pur vero, come riconosce pacificamente la giurisprudenza, che il diritto d'accesso riguarda esclusivamente documenti già esistenti e detenuti dall'Amministrazione, così che esso non può essere invocato allorché lo stesso interessato non chieda l'esibizione di documenti di cui sia certa l'esistenza, ma intenda provare l'esistenza di documenti che egli afferma essere stati a suo tempo formati (Consiglio di Stato, sez. IV, 15 novembre 2004, n. 7463; id., sez. IV, 22 febbraio 2003, n. 961; id., sez. VI, 25 settembre 2002, n. 4883; id., sez. VI, 30 settembre 1998, n. 1346). Infatti, ammettendo una richiesta di esibizione di documenti non corredata con la prova dell'esistenza delle notizie riferibili all'interesse di cui l'istante è titolare in essi contenute, essa si trasformerebbe in un inammissibile strumento di controllo sull'attività stessa (Consiglio di Stato, sez. IV, 31 gennaio 2005, n. 218).

    Ma , una posizione eccessivamente rigida impedirebbe di fatto al privato ogni tipo di accesso di fronte ad un'Amministrazione neghittosa con riferimento ad atti di cui non si conoscano gli esatti termini di identificazione, per cui si è precisato che se il ricorrente fornisce argomenti e indizi circa l'esistenza degli atti a cui chiede l'accesso e l'Amministrazione non fornisca la prova a sostegno del proprio assunto dell'inesistenza dei documenti richiesti ( e nella specie manca qualsiasi contestazione dell’esistenza degli atti e documenti richiesti) , correttamente il Giudice ordina l'accesso, residuando un problema di esecuzione del giudicato, se del caso mediante commissario ad acta, relativamente alla ricerca materiale dei documenti, fermo restando che il giudicato che ordina l'accesso sarà evidentemente eseguibile nei limiti in cui i documenti esistono (Consiglio di Stato, sez. VI, 26 giugno 2003, n. 3853). Si tratta quindi di un modo di bilanciare le limitate possibilità di conoscenza dei fatti da parte del privato con i poteri istruttori concessi al giudice amministrativo (Sez. IV 10 dicembre 2009 n. 7725).

    5.In conclusione, l’appello va accolto ed in riforma della sentenza appellata va disposta a carico della Regione Lazio la ostensione della documentazione richiesta dal ricorrente.

    Spese ed onorari di lite dei due gradi , tenuto conto della particolarità della vicenda contenziosa, possono essere compensati.

    P.Q.M.

    Il Consiglio di Stato, sezione Quinta, accoglie l’appello indicato in epigrafe e per l’effetto, in riforma dell’ordinanza appellata, dispone a carico della regione Lazio l’esibizione dei documenti richiesti.

    Compensa spese ed onorari dei due gradi di giudizio.

    Ordina che la presente decisione sia eseguita dall'autorità amministrativa.

    Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 9 marzo 2010 con l'intervento dei Signori:

    Pier Giorgio Trovato, Presidente

    Cesare Lamberti, Consigliere

    Marco Lipari, Consigliere

    Aldo Scola, Consigliere

    Aniello Cerreto, Consigliere, Estensore













    L'ESTENSORE



    IL PRESIDENTE













    Il Segretario



    DEPOSITATA IN SEGRETERIA

    Il 25/06/2010

    (Art. 55, L. 27/4/1982, n. 186)

    Il Dirigente della Sezione
     
    .
  5. seppietta
     
    .

    User deleted


    Accesso agli atti o avvio del procedimento?
    Roberto Proietti Se l'istanza diretta all'Amministrazione non è qualificabile quale istanza di accesso ma come istanza di avvio di procedimento e di intervento nello stesso, deve ritenersi inammissibile il ricorso proposto ex art. 25 L. n. 241/1990 avverso il presunto silenzio dell'ente pubblico.
    Se l'istanza diretta all'Amministrazione non è qualificabile quale istanza di accesso ma come istanza di avvio di procedimento e di intervento nello stesso, deve ritenersi inammissibile il ricorso proposto ex art. 25 L. n. 241/1990 avverso il presunto silenzio dell'ente pubblico.

    Con sentenza 22 luglio 2010, n. 5974, la Prima Sezione del T.A.R. Liguria, ha affermato l’impossibilità di qualificare in termini di accesso agli atti un’istanza con la quale, dopo avere rappresentato una situazione di fatto illegittima e pericolosa, alcuni soggetti hanno chiesto di conoscere quali atti e/o provvedimenti intenda adottare l’Amministrazione comunale al fine di eliminare la situazione di pericolo alla pubblica incolumità derivante dalle precarie condizioni di un muro e gli illeciti edilizi relativi ad alcuni manufatti.

    Tale istanza non può essere considerata quale richiesta di accesso ad atti amministrativi, dovendo, piuttosto, essere qualificata come istanza di avvio di un procedimento sanzionatorio per abuso edilizio.

    Conseguentemente, deve ritenersi inammissibile il ricorso proposto ex art. 25 L. n. 241/1990, avverso al lamentato silenzio serbato dall’Amministrazione di fronte all’istanza indicata, posto che nella fattispecie la richiesta del privato era volta ad ottenere non già l'esibizione degli atti necessari all'istante per predisporre la propria difesa in giudizio avverso il provvedimento di rigetto dell'istanza di emersione, quanto piuttosto a promuovere la conclusione del relativo procedimento con un provvedimento espresso.

    (Sentenza TAR Liguria 22/07/2010, n. 5974)
    14/09/2010
     
    .
  6. seppietta
     
    .

    User deleted


    http://www.diritto.it/system/docs/31360/or..._di_accesso.pdf

    articolo molto interessante e ben fatto
     
    .
  7. alex.falco
     
    .

    User deleted


    LAZIO, Roma, sez. III, 3 gennaio 2012, n. 32
    FATTO e DIRITTO
    L'odierno ricorrente, magistrato amministrativo, è stato sottoposto dal CPGA a
    procedimento disciplinare per avere "deliberatamente offeso nello specifico ambito
    della mailing list dei magistrati amministrativi l'onore e la reputazione del primo
    referendario XX mediante insinuazioni denigratorie attinenti esclusivamente alla
    sfera privata; espresso considerazioni allusive e fortemente denigratorie a danno di
    singoli magistrati e lesive dell'intera istituzione della Giustizia Amministrativa".
    In relazione alla pendenza del suddetto procedimento e sul presupposto della
    futura attivazione di eventuali procedure giudiziarie in altre sedi, l'odierno
    ricorrente ha avanzato un'istanza avente ad oggetto l'esibizione degli atti di cui in
    epigrafe, e, non avendo adottato il Consiglio di Presidenza alcuna determinazione
    in merito, ha proposto il presente gravame contestando il silenzio rigetto serbato
    sulla predetta istanza e deducendo a tal fine i seguenti motivi di doglianza:
    1) Violazione dell'art. 3 della L. n.241/1990. Difetto di motivazione, eccesso di
    potere, travisamento del fatto, erronea valutazione dei presupposti;
    2) Violazione di legge e dei principi comunitari in materia di diritto di difesa e di
    accesso ai documenti. Violazione degli artt. 6 e 13 della Convenzione Europea dei
    Diritti dell'Uomo;
    3) Violazione dell'art.22 e ss della L. 241/1990 e 116 cpa;
    4) Violazione dell'art.22 e ss della L. n.241/1990 sotto ulteriore profilo;
    5) Eccesso di potere per contraddittorietà;
    6) Violazione dell'art.10 bis della L. n.241/1990.
    Si sono costituite le intimate amministrazioni prospettando l'inammissibilità del
    proposto gravame sotto svariati profili e contestando con dovizia di
    argomentazioni la fondatezza delle prospettazioni ricorsuali.
    Alla camera di consiglio del 16.11.2011 il ricorso è stato assunto in decisione.
    Si prescinde dal previo esame delle eccezioni di inammissibilità stante la manifesta
    infondatezza delle pretesa ricorsuale.
    Al riguardo il Collegio sottolinea, alla luce della consolidata giurisprudenza in
    materia, esaustivamente richiamata dalle intimate amministrazioni, che la domanda
    di accesso per essere meritevole di accoglimento:
    I) deve avere un oggetto determinato o quanto meno determinabile e non può
    essere generica;
    II) deve riferirsi a specifici documenti e non può comportare la necessità di
    un'attività di elaborazione dati da parte del soggetto destinatario della richiesta;
    III) deve essere finalizzata alla tutela di uno specifico interesse giuridico di cui il
    richiedente è portatore;
    IV) non può essere uno strumento di controllo generalizzato dell'operato della
    pubblica amministrazione nei cui confronti l'accesso viene esercitato;
    V) non può essere un mezzo per compiere un'indagine o un controllo ispettivo cui
    sono ordinariamente preposti organi pubblici, perchè in tal caso nella domanda di
    accesso è assente un diretto collegamento con specifiche situazioni giuridicamente
    rilevanti.
    Nella fattispecie in esame il ricorrente ha affermato di avere "un chiaro interesse ad
    accertare la veridicità dei trasferimenti della YY alla luce del tenore della
    contestazione disciplinare, e per eventuali azioni giudiziarie in altra sede, oltre che
    per verificare eventuali incompatibilità di alcuni magistrati con incarichi presso il
    CPGA (ove venissero confermati i trasferimenti descritti nell'anonimo)".
    In merito deve essere affermato che non sussiste alcuna attinenza dei richiesti
    documenti con le contestazioni disciplinari atteso che queste ultime non hanno
    alcun riferimento con il contenuto dello scritto anonimo trasmesso dal Liberati al
    Consiglio di Presidenza, avuto presente che il citato magistrato è stato sottoposto a
    procedimento disciplinare per:
    a) avere deliberatamente offeso nello specifico ambito della mailing list dei
    magistrati amministrativi l'onore ed il decoro del primo referendario XX mediante
    insinuazioni denigratorie attinenti esclusivamente alla sfera privata;
    b) per avere espresso sempre nella citata mailing list considerazioni allusive e
    fortemente denigratorie a danno dei singoli magistrati e lesive dell'intera istituzione
    della Giustizia Amministrativa.
    Per quanto concerne poi l'altro interesse giustificante la richiesta di accesso e
    collegato alla futura eventuale proposizione di azioni giudiziarie in altre sedi e
    all'accertamento di eventuali incompatibilità di alcuni magistrati con incarichi
    presso il CPGA, il Collegio rileva che:
    a) secondo il consolidato orientamento giurisprudenziale, meticolosamente
    richiamato dalle resistenti amministrazioni, "L'art.24 della L. n.241/1990, al
    comma 3, opportunamente esclude dall'accesso ai documenti amministrativi le
    istanze preordinate ad un controllo generalizzato dell'operato delle pubbliche
    amministrazioni. Infatti lo strumento dell'accesso, postulando a norma dell'art.22,
    comma 1, lett.b) " un interesse concreto e attuale, corrispondente ad una
    situazione giuridicamente tutelata e collegata al documento al quale è richiesto
    l'accesso", non è dato in funzione della tutela di un interesse generico e diffuso alla
    conoscenza degli atti amministrativi, vale a dire a un controllo generalizzato da
    parte di chiunque sull'attività dell'amministrazione, ma alla salvaguardia di singole
    posizioni differenziate e qualificate e correlate a specifiche situazioni rilevanti per
    la legge, che vanno dimostrate dal richiedente che intende tutelarle;
    b) nella vicenda in esame è palese il carattere meramente esplorativo dell'istanza di
    accesso proposta dal ricorrente e l'assoluta genericità dell'interesse sottostante,
    atteso che per tale ultimo aspetto non è possibile intravedere un collegamento
    diretto, concreto e personale tra il contenuto dei documenti richiesti e un interesse
    specifico di cui l'istante è portatore;
    c) nè per avvalorare la fondatezza della pretesa ricorsuale risulta conferente il
    richiamo alla disciplina del Trattato di Lisbona agli artt. 6 e 13 della Convenzione
    Europea dei diritti dell'uomo in quanto le suddette normative non consentono
    forme di accesso ai documenti delle amministrazioni non giustificate da un
    interesse giuridicamente rilevante.
    Da rigettare è infine è il motivo di gravame con cui è stata prospettata la violazione
    dell'art. 10 bis della L. n.241/1990 in quanto non sarebbe stata effettuata la
    comunicazione prevista dalla disposizione in epigrafe indicata, applicabile alla
    fattispecie perché trattasi di procedimento ad istanza di parte.
    L'art. 10 bis della L. n. 241 del 7 agosto 1990 prevede che "Nei procedimenti ad
    istanza di parte il responsabile del procedimento o l'autorità competente, prima
    della formale adozione di un provvedimento negativo, comunica tempestivamente
    agli istanti i motivi che ostano all'accoglimento della domanda. Entro il termine di
    dieci giorni dal ricevimento della comunicazione, gli istanti hanno il diritto di
    presentare per iscritto le loro osservazioni, eventualmente corredate da documenti.
    La comunicazione di cui al primo periodo interrompe i termini per concludere il
    procedimento che iniziano nuovamente a decorrere dalla data di presentazione
    delle osservazioni o, in mancanza, dalla scadenza del termine di cui al secondo
    periodo. Dell'eventuale mancato accoglimento di tali osservazioni è data ragione
    nella motivazione del provvedimento finale. Le disposizioni di cui al presente
    articolo non si applicano alle procedure concorsuali e ai procedimenti in materia
    previdenziale e assistenziale sorti a seguito di istanza di parte e gestiti dagli enti
    previdenziali"
    Come già affermato da questo Tribunale con sentenza della Sez.II n.71/2008 non
    è condivisibile l'orientamento giurisprudenziale secondo cui detta disposizione
    trova applicazione anche nel procedimento per l'accesso ai documenti, laddove
    l'amministrazione intenda denegare il relativo diritto (T.A.R. Sardegna Cagliari, sez.
    II, 16 febbraio 2006, n. 232), atteso che deve ritenersi inapplicabile l'art. 10 bis
    della L. n. 241 del 1990 ai procedimenti diretti ad ottenere l'accesso ad atti, sia in
    base all'elemento testuale, in quanto l'elenco dei procedimenti cui non è applicabile
    contenuto in tale disposizione non si ritiene che abbia carattere di tassatività, sia in
    base al dato sistematico, poiché il procedimento di accesso realizza un interesse
    meramente partecipativo, strumentale alla soddisfazione di un interesse primario,
    che non si concilia con la previsione di una ulteriore fase subprocedimentale
    (T.A.R. Lazio Roma, sez. I, 13 dicembre 2005, n. 13562).
    Ciò premesso, il proposto gravame deve essere rigettato, anche in relazione,
    evidentemente, alla richiesta di condanna della P.A., per responsabilità aggravata.
    Sussistono giusti motivi per compensare tra le parti le spese del presente giudizio.
    P.Q.M.
    Il Tribunale Amministrativo Regionale del Lazio, Sezione III, definitivamente
    pronunciando sul ricorso n.7407 del 2011, come in epigrafe proposto, lo rigetta.
    Spese compensate.
    Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.
    Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 16 novembre 2011 con
    l'intervento dei magistrati:
    Domenico Lundini, Presidente FF
    Giuseppe Sapone, Consigliere, Estensore
    Francesco Brandileone, Consigliere


    sui presupposti processuali



    REPUBBLICA ITALIANA

    IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

    Il Tribunale Amministrativo Regionale per il
    Lazio

    (Sezione Seconda Bis)

    ha pronunciato la presente

    SENTENZA

    sul ricorso RG n. 1361 del 2011, proposto dal sig. Giuseppe DONATO, rappresentato e difeso dall'avv. Eugenio Tristano, con domicilio eletto presso lo studio dello stesso in Roma, via Flaminia, 357;


    contro

    il COMUNE di MONTEFIASCONE, in persona del Sindaco p.t., n.c.;


    nei confronti di

    del sig. Maurizio BRACOLONI, n.c.;


    per l'annullamento

    SILENZIO RIFIUTO SULLA RICHIESTA DI ACCESSO AI DOCUMENTI - (ART.116 CPA)




    Visti il ricorso e i relativi allegati;

    Viste le memorie difensive;

    Visti tutti gli atti della causa;

    Visto l’art. 116 c.p.a.;

    Relatore nella camera di consiglio del giorno 7 aprile 2011 il Cons. Mariangela Caminiti e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;

    Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue:




    FATTO e DIRITTO

    1. Il sig. Giuseppe Donato, proprietario di appartamento sito in Montefiascone (VT), Corso Cavour 92, espone che a seguito dello svolgimento di lavori nell’immobile di proprietà del sig. Maurizio Bracaloni, consistente in un ristorante-albergo, è stato realizzato un terrazzo adibito all’esercizio commerciale posto davanti all’appartamento di sua proprietà.

    In data 29 novembre 2010 il ricorrente ha formulato al Comune istanza di accesso ai documenti con la quale ha chiesto di poter accedere ed estrarre “1. Copia di eventuali permessi di costruire rilasciati al suddetto Sig. Bracaloni Maurizio nonché di ulteriori autorizzazioni allo stesso rilasciate al fine dell’esercizio dell’attività di ristorazione; 2. Copia degli atti dei procedimenti finalizzati al rilascio delle suddette autorizzazioni”.

    Lamenta che il Comune non ha fornito riscontro nel termine prescritto alla suddetta richiesta e che la stessa dovrebbe intendersi rifiutata a far data dal 31 dicembre 2010; pertanto, ritenendo sussistente un interesse diretto, concreto e attuale a conoscere gli atti del procedimento autorizzativo edilizio del locale confinante, il sig. Donato ha proposto ricorso a questo Tribunale e ha chiesto l’annullamento del silenzio opposto dal Comune intimato alla predetta istanza di accesso, attesa l’illegittimità del comportamento omissivo nonché di disporre l’ordine allo stesso Comune di consentire l’accesso alla documentazione richiesta nei termini di legge.

    L’Amministrazione intimata non si è costituita in giudizio.

    Il ricorso è stato chiamato per la discussione alla Camera di consiglio del 7 aprile 2011.

    2. Il ricorso, oltre che tempestivo è anche ammissibile, sussistendo la legittimazione e l’interesse dell’odierno ricorrente all’accesso agli atti in questione, sulla base dei presupposti sostanziali e processuali cui è subordinata l’operatività del diritto di accesso in capo al ricorrente.

    Invero, osserva il Collegio che in materia di accesso ai titoli edilizi rilasciati ed ai relativi progetti, l'art. 5 del D.P.R. n. 380 del 2001, nello stabilire le competenze dello sportello unico per l'edilizia, pone l'obiettivo di consentire, a chiunque vi abbia interesse, l'accesso gratuito all'elenco delle domande presentate e a tutte le informazioni utili disponibili. Coerentemente, secondo l’orientamento consolidato della giurisprudenza qualsiasi soggetto abitante in zona vicina a quella interessata dal permesso di costruire (ancorché non proprietario dell'area in cui ricade l'intervento edilizio) ha diritto di accedere ai titoli abilitativi rilasciati e ai relativi atti progettuali, rilevando la sussistenza di un interesse personale e concreto per la tutela di posizioni giuridicamente rilevanti (cfr. Cons.Stato, sez. V, 7 maggio 2008, n. 2086; idem, sez.IV, 14 aprile 2010, n. 2092; TAR Puglia, Lecce, sez. II, 17 settembre 2009, n. 2121).

    Ne discende che, poiché la proprietà del signor Donato ricade comunque nella stessa zona in cui è collocata l’unità immobiliare della parte controinteressata, lo scopo, dichiarato nell'istanza, di valutare la legittimità delle autorizzazioni rilasciate, è sufficiente a giustificare l'accesso a tutti i documenti elencati nell'istanza stessa (cfr. TAR Puglia, Lecce, cit. n. 2121/2009).

    3. Per le ragioni che precedono il ricorso deve essere accolto e va ordinato al Comune di Montefiascone (VT) di consentire all’odierno ricorrente l’accesso alla documentazione richiesta e non ancora consegnata, entro trenta giorni dalla comunicazione in via amministrativa della presente sentenza o dalla notificazione a cura di parte ricorrente, se anteriore.

    Le spese seguono la soccombenza e sono disposte come in dispositivo.

    P.Q.M.

    Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio (Sezione Seconda Bis)

    definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo accoglie e, per l’effetto, ordina al Comune di Montefiascone (VT) di consentire al ricorrente di prendere visione ed estrarre copia della documentazione da lui richiesta nel termine fissato nella parte motiva.

    Le spese sono poste a carico del Comune di Montefiascone (VT) nella complessiva misura di Euro 1.000,00 (mille).

    Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.

    Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 7 aprile 2011 con l'intervento dei magistrati:



    Eduardo Pugliese, Presidente

    Antonio Vinciguerra, Consigliere

    Mariangela Caminiti, Consigliere, Estensore







    L'ESTENSORE IL PRESIDENTE






    DEPOSITATA IN SEGRETERIA

    Il 10/05/2011

    IL SEGRETARIO

    (Art. 89, co. 3, cod. proc. amm.)


     
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